8 marzo, siamo la metà del Paese, ma, purtroppo, non facciamo ancora la differenza!
Il Parlamento che sta per lasciare, e di cui sono componente, è stato il più rosa della storia della Repubblica, un obiettivo a cui, come Partito democratico, avevamo contribuito in maniera determinante, grazie anche alle parlamentarie interne che avevano selezionato un numero uguale di candidati tra donne e uomini. Con la nuova legge elettorale, il Rosatellum, avremmo, in teoria, dovuto fare meglio, perché prevede espressamente non più del 60% di candidati dello stesso sesso (e quindi, presumibilmente, almeno un 40% di donne). E, invece, alla realtà dei fatti, il nuovo Parlamento che si insedierà il prossimo 23 marzo potrà contare su meno del 30% di componente femminile. Cosa è successo? Fatta la legge, trovato l’inganno. Il meccanismo delle pluricandidature ha permesso di aggirare le norme sulla parità di genere: la stessa donna, candidata capolista in più collegi, ha consentito di far eleggere in Parlamento fino a quattro uomini posizionati dietro di lei. Insomma, come Pd abbiamo convintamente voluto questo punto della legge, ma poi noi stessi siamo stati i primi ad eluderla. Non è solo …