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Riforma costituzionale: perché rimangono il divieto di mandato e le immunità (art. 67 e art. 68)

La revisione costituzionale lascia inalterate le disposizioni che, per deputati e senatori, riguardano il divieto di mandato imperativo e le immunità. Vediamone i motivi. Dall’art. 67 della Costituzione la riforma espunge la previsione che ogni membro del Parlamento rappresenti la Nazione, in coerenza con il nuovo art. 55 che assegna questa funzione di rappresentanza ai deputati in quanto membri della sola Camera “politica”, ma resta invece in vigore per tutti i parlamentari l’esercizio della propria funzione senza vincolo di mandato, tanto per i deputati quanto per i senatori. Perché questa scelta e, soprattutto, cosa significa non dover sottostare ad un mandato imperativo? Come decise l’Assemblea costituente, significa garantire ai parlamentari una tutela da possibili condizionamenti o vincoli, tanto dagli elettori dai quali riceve un mandato generale, quanto dal partito di appartenenza. Il divieto del vincolo di mandato è un tratto comune nelle democrazie liberali, con un’unica eccezione, che riguarda il Bundesrat, che è stata spesso richiamata in comparazione con la natura del nuovo Senato. Nel caso tedesco i membri del Bundesrat provenienti dal medesimo Land …

Riforma costituzionale: titoli, attribuzioni e incompatibilità dei nuovi senatori (artt. 63 e 66)

Nel nostro viaggio all’interno della riforma costituzionale, esploriamo due articoli che regolano l’ingresso a Palazzo Madama e l’attività dei nuovi senatori: l’art. 63 e l’art. 66. Poiché rappresenterà le istituzioni territoriali, il Senato riformato sarà prevalentemente composto (95 su 100) da consiglieri regionali (ma non è esclusa la previsione che possano farvi parte anche i presidenti delle Regioni) e sindaci. Tenuto quindi conto del doppio ruolo svolto dei nuovi senatori, è stato introdotto un nuovo comma all’art. 63, che rimette al Regolamento del Senato l’individuazione specifica dei casi nei quali “l’elezione o la nomina alle cariche negli organi del Senato possono essere limitate in ragione dell’esercizio di funzioni di governo, regionali o locali”. La ragione è facilmente intuibile: per il miglior funzionamento della nuova Assemblea è bene che si eviti che una stessa persona sommi su di sé la rappresentanza di organi istituzionali monocratici di diversa natura ed estrazione. Un esempio, per capirci: il presidente di Commissione consiliare forse è bene che non diventi presidente di Commissione del Senato, poiché l’una carica potrebbe risentire negativamente …

Riforma costituzionale, tutela delle minoranze e partecipazione degli eletti (art. 64)

Prosegue il nostro viaggio all’interno del testo riformato della Costituzione. Affronto, oggi, alcuni aspetti raramente oggetto di discussione pubblica, ma che introducono novità di un certo rilievo. Tra le modifiche apportate all’articolo 64 vi è la nuova disposizione, introdotta in seguito al dibattito parlamentare tra il primo esame del Senato e della Camera, che rende espressa, in Costituzione, l’attribuzione ai Regolamenti parlamentari di garantire i diritti delle minoranze e, alla Camera, di disciplinare lo statuto delle opposizioni. La prima obiezione a questa previsione – attesa, in verità, da tempo – è rivolta contro l’assenza di precise disposizioni di principio già in Costituzione in grado di orientare i Regolamenti, ma è evidente che la sede naturale (e tradizionale) per definire le modalità con le quali si rende concretamente esigibile la tutela delle minoranze è il Regolamento, che può e deve essere aggiornato per stare al passo con il contesto, che si modifica di continuo. In che modo si “garantiscono” i diritti delle minoranze, fino al limite di non farli diventare una capacità di interdizione all’iniziativa della …

Ripensare lo stipendio dei parlamentari, ma senza demagogia

I parlamentari sono sempre più invisi ai cittadini, e per come si sta mettendo il dibattito, non si può dar loro tutti i torti. Il senatore Ghedini, avvocato a tempo pieno di Berlusconi, si vanta del suo 0,85% di presenze nell’Aula di Palazzo Madama. E’ questa la sua bislacca “risposta politica” alla proposta di agganciare l’indennità del parlamentare alle presenze in Aula avanzata dal Pd, mentre il M5s cavalca la madre di tutte le battaglie, dimezzare gli stipendi. Salvo, poi, scoprire che parlano della sola indennità (quella, cioè, su cui si pagano le tasse), mentre la diaria e il rimborso delle spese per il mandato verrebbero sottoposti a sola rendicontazione. La proposta grillina è accompagnata da una significativa mobilitazione, in piazza e nelle stesse tribune di Montecitorio, ma approda in Aula, stante il regolamento della Camera, senza che se ne sia concluso l’esame in Commissione, con il voto sugli emendamenti e il mandato al relatore. A scanso di equivoci, faccio subito presente che, nel mio piccolo, a Montecitorio vado e ci lavoro con continuità (eccetto in caso di malattia: …