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"A scuola si diventa italiani", di Andrea Gavosto*

È un’assurdità e una follia che dei bambini nati in Italia non diventino italiani». Parole forti del presidente Napolitano, che prima di Natale ha sollecitato il Parlamento a farsi carico del tema dell’acquisizione della cittadinanza italiana da parte dei figli degli immigrati. Parole riprese nei giorni scorsi dal ministro dell’Interno Cancellieri e da quello dell’Integrazione Riccardi, con sfumature diverse. Parole che ci dicono che il tempo è maturo per intervenire; anzi ne abbiamo perso già troppo, incapaci di superare lo stallo – sovente molto ideologico – fra le maglie troppo strette dello ius sanguinis e quelle troppo larghe dello ius soli. Una cosa è certa: l’attuale legge, che prevede il diritto di acquisire a 18 anni la cittadinanza solo per i figli di genitori stranieri che siano nati qui e che dimostrino di aver risieduto in Italia tutta la vita senza interruzioni, non funziona. E’ barocca e impraticabile: per le famiglie immigrate, dimostrare la residenza ininterrotta è molto difficile, soprattutto perché le varie sanatorie che l’Italia ha adottato hanno creato periodi di vuoto nelle iscrizioni …

“A scuola si diventa italiani”, di Andrea Gavosto*

È un’assurdità e una follia che dei bambini nati in Italia non diventino italiani». Parole forti del presidente Napolitano, che prima di Natale ha sollecitato il Parlamento a farsi carico del tema dell’acquisizione della cittadinanza italiana da parte dei figli degli immigrati. Parole riprese nei giorni scorsi dal ministro dell’Interno Cancellieri e da quello dell’Integrazione Riccardi, con sfumature diverse. Parole che ci dicono che il tempo è maturo per intervenire; anzi ne abbiamo perso già troppo, incapaci di superare lo stallo – sovente molto ideologico – fra le maglie troppo strette dello ius sanguinis e quelle troppo larghe dello ius soli. Una cosa è certa: l’attuale legge, che prevede il diritto di acquisire a 18 anni la cittadinanza solo per i figli di genitori stranieri che siano nati qui e che dimostrino di aver risieduto in Italia tutta la vita senza interruzioni, non funziona. E’ barocca e impraticabile: per le famiglie immigrate, dimostrare la residenza ininterrotta è molto difficile, soprattutto perché le varie sanatorie che l’Italia ha adottato hanno creato periodi di vuoto nelle iscrizioni …

“Potenziare l’autonomia, margini stretti”, di Giovanni Scaminaci

Potenziamento dell’autonomia di gestione, anche mediante l’organizzazione in rete; organico funzionale; regole contabili più semplici. Sono questi i principi cui dovrà attenersi il ministro dell’istruzione, unviersità e ricerca, Francesco Profumo, per «consolidare e sviluppare» l’autonomia scolastica (art. 50 del decreto legge n. 9 febbraio 2012, n. 5). Dovrà farlo entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto, verosimilmente dunque entro la prima decade giugno. A ridefinire la nuova identità delle istituzioni scolastiche, quindici anni dopo l’approvazione della legge delega che ha avviato il processo dell’autonomia, si provvederà con un decreto del Miur, di concerto con l’Economia e sentita la Conferenza Unificata. Non ci si può aspettare molto, perché su tutto si impone il rispetto degli organici, che restano quelli stabiliti dalla legge 133/2008. Né il ministro Profumo potrà ignorare le leggi vigenti, che qualificano l’autonomia scolastica come «funzionale», essenzialmente declinata nelle forme dell’autonomia didattica e organizzativa. Riuscirà sicuramente a semplificare le norme di bilancio, togliendo i vincoli ancora esistenti. Potenzierà le reti, già previste dall’art. 7 del dpr n.275/1999, cui saranno …

"Potenziare l'autonomia, margini stretti", di Giovanni Scaminaci

Potenziamento dell’autonomia di gestione, anche mediante l’organizzazione in rete; organico funzionale; regole contabili più semplici. Sono questi i principi cui dovrà attenersi il ministro dell’istruzione, unviersità e ricerca, Francesco Profumo, per «consolidare e sviluppare» l’autonomia scolastica (art. 50 del decreto legge n. 9 febbraio 2012, n. 5). Dovrà farlo entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto, verosimilmente dunque entro la prima decade giugno. A ridefinire la nuova identità delle istituzioni scolastiche, quindici anni dopo l’approvazione della legge delega che ha avviato il processo dell’autonomia, si provvederà con un decreto del Miur, di concerto con l’Economia e sentita la Conferenza Unificata. Non ci si può aspettare molto, perché su tutto si impone il rispetto degli organici, che restano quelli stabiliti dalla legge 133/2008. Né il ministro Profumo potrà ignorare le leggi vigenti, che qualificano l’autonomia scolastica come «funzionale», essenzialmente declinata nelle forme dell’autonomia didattica e organizzativa. Riuscirà sicuramente a semplificare le norme di bilancio, togliendo i vincoli ancora esistenti. Potenzierà le reti, già previste dall’art. 7 del dpr n.275/1999, cui saranno …

“Voti più alti se il prof guadagna. Dove i docenti hanno buoni salari, gli studenti vanno meglio”, di Giovanni Bardi

Per migliorare i livelli di apprendimento degli studenti bisogna aumentare i salari ai docenti. Dove si investe di più su di loro, gli studenti vanno meglio ai test dell’Ocse Pisa. I Paesi dove i risultati di apprendimento rilevati con i test del programma di valutazione delle competenze degli studenti di 15 anni in matematica, scienze e lettura dell’Ocse Pisa sono migliori, sono anche quelli in cui sono più alti i salari dei docenti. Ma pure gli stessi in cui le classi sono più numerose. È quanto emerso dall’ultimo studio Ocse dal titolo «Does Money Buy Strong Performance in PISA?». Stavolta i ricercatori parigini si sono concentrati sul rapporto tra spesa pubblica e rendimento degli studenti, nel tentativo di osservarne la relazione. Agli studiosi interessava capire sostanzialmente se esiste una correlazione fra maggior investimento di denaro pubblico in istruzione e migliori risultati di apprendimento. Ebbene non sembra che esista. Gli studiosi hanno stabilito che non ci sono leggi esatte in materia e che l’unica certezza è quella che dove è che le cose vanno meglio è …

"Voti più alti se il prof guadagna. Dove i docenti hanno buoni salari, gli studenti vanno meglio", di Giovanni Bardi

Per migliorare i livelli di apprendimento degli studenti bisogna aumentare i salari ai docenti. Dove si investe di più su di loro, gli studenti vanno meglio ai test dell’Ocse Pisa. I Paesi dove i risultati di apprendimento rilevati con i test del programma di valutazione delle competenze degli studenti di 15 anni in matematica, scienze e lettura dell’Ocse Pisa sono migliori, sono anche quelli in cui sono più alti i salari dei docenti. Ma pure gli stessi in cui le classi sono più numerose. È quanto emerso dall’ultimo studio Ocse dal titolo «Does Money Buy Strong Performance in PISA?». Stavolta i ricercatori parigini si sono concentrati sul rapporto tra spesa pubblica e rendimento degli studenti, nel tentativo di osservarne la relazione. Agli studiosi interessava capire sostanzialmente se esiste una correlazione fra maggior investimento di denaro pubblico in istruzione e migliori risultati di apprendimento. Ebbene non sembra che esista. Gli studiosi hanno stabilito che non ci sono leggi esatte in materia e che l’unica certezza è quella che dove è che le cose vanno meglio è …

“L’Autonomia scolastica nel decreto sulle semplificazioni”, di Osvaldo Roman

L’art 50 del ddl di conversione del Decreto legge sulle semplificazioni riguarda l’ autonomia scolastica. Esso prevede che con un D.M del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, vengano adottate, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto linee guida riguardanti il potenziamento dell’autonomia delle istituzioni scolastiche; la definizione, per ciascuna istituzione scolastica, di un organico dell’ autonomia funzionale; la costituzione, di reti territoriali tra istituzioni scolastiche; la definizione di un organico di rete. Una prima osservazione, a cui si da una risposta richiamando l’esigenza di garantire tempi molto stretti all’attuazione delle modifiche introdotte, riguarda il fatto che un Decreto interministeriale per definire tali materie sembra troppo poco. Servirebbe quantomeno una norma regolamentare più forte come quella formulabile ai sensi dell’art 17 della legge 400/1998. Il guaio è che una siffatta procedura, anche con il comma 2 dell ’art.17, passa per il Consiglio …