Tutti gli articoli relativi a: scuola | formazione

“”Le aule? Sono della Congregazione” Così si evita la tassa sugli immobili”, di Mario Reggio

Arriva l’Imu e tutti si sono chiesti in che misura la Chiesa la pagherà. Il criterio è quello dell’attività “non commerciale” che determina l’esclusione dalla tassa. Ma i modi per eluderla sono molti, i controlli minimi e le scuole confessionali sono già sul piede di guerra: “Comunque non pagheremo perché saremmo costretti a chiudere. Fioccheranno i ricorsi”. Il decreto sulle liberalizzazioni è diventato legge dello Stato. Tra le varie misure ritorna la tassa sui fabbricati, l’ex Ici, ora Imu che dovrà essere pagata anche dalle scuole paritarie, comprese quelle cattoliche. I tentativi di sfuggire al fisco sono numerosi: far rientrare l’immobile nel patrimonio della congregazione religiosa a cui fa riferimento la scuola. Oppure passare la proprietà ad una Onlus o creare una cooperativa ad hoc. Tra le scuole paritarie non cattoliche molte sono i vecchi “diplomifici” che hanno cambiato pelle ed a volte anche nome, continuando a spillare soldi alle famiglie con i corsi di recupero degli anni persi dallo studente e con rette che a volte superano, iscrizione a parte, i 3 mila euro. …

"VALeS: se i numeri dicono qualcosa", di Antonio Valentino

Il progetto VALeS ha dunque avuto una buona accoglienza nelle nostre scuole. Le adesioni superano le 1000 unità (per la precisione, 1053): praticamente molto più di tre volte tanto il numero fissato dal Ministero per la sperimentazione. Se si paragona questo dato con quello delle adesioni ai progetti della Gelmini – che per raggiunere la soglia prevista (tra l’altro modesta) è dovuta ricorrere a sotterfugi e a pressioni – ci si rende conto che forse c’è qualcosa di nuovo nel clima generale delle nostre scuole e che certe forzature ideologiche del precedente ministro (l’insistenza maniacale sulla cosiddetta premialità) non pagano. Questo pone un problema che l’amministrazione farebbe bene a non sottovalutare: limitarsi, per esempio, a selezionare le 300 scuole, sulla base dei criteri stabiliti, e chiudere così la porta a tutte le altre scuole che hanno inoltrato domanda può forse essere interpretato come disattenzione nei confronti di quanti vogliono mettersi alla prova ed accettare la sfida del rinnovamento Bisognerebbe forse pensare, se non si può ampliare il numero previsto per motivi finanziari, ad una qualche …

“VALeS: se i numeri dicono qualcosa”, di Antonio Valentino

Il progetto VALeS ha dunque avuto una buona accoglienza nelle nostre scuole. Le adesioni superano le 1000 unità (per la precisione, 1053): praticamente molto più di tre volte tanto il numero fissato dal Ministero per la sperimentazione. Se si paragona questo dato con quello delle adesioni ai progetti della Gelmini – che per raggiunere la soglia prevista (tra l’altro modesta) è dovuta ricorrere a sotterfugi e a pressioni – ci si rende conto che forse c’è qualcosa di nuovo nel clima generale delle nostre scuole e che certe forzature ideologiche del precedente ministro (l’insistenza maniacale sulla cosiddetta premialità) non pagano. Questo pone un problema che l’amministrazione farebbe bene a non sottovalutare: limitarsi, per esempio, a selezionare le 300 scuole, sulla base dei criteri stabiliti, e chiudere così la porta a tutte le altre scuole che hanno inoltrato domanda può forse essere interpretato come disattenzione nei confronti di quanti vogliono mettersi alla prova ed accettare la sfida del rinnovamento Bisognerebbe forse pensare, se non si può ampliare il numero previsto per motivi finanziari, ad una qualche …

“VALeS: se i numeri dicono qualcosa”, di Antonio Valentino

Il progetto VALeS ha dunque avuto una buona accoglienza nelle nostre scuole. Le adesioni superano le 1000 unità (per la precisione, 1053): praticamente molto più di tre volte tanto il numero fissato dal Ministero per la sperimentazione. Se si paragona questo dato con quello delle adesioni ai progetti della Gelmini – che per raggiunere la soglia prevista (tra l’altro modesta) è dovuta ricorrere a sotterfugi e a pressioni – ci si rende conto che forse c’è qualcosa di nuovo nel clima generale delle nostre scuole e che certe forzature ideologiche del precedente ministro (l’insistenza maniacale sulla cosiddetta premialità) non pagano. Questo pone un problema che l’amministrazione farebbe bene a non sottovalutare: limitarsi, per esempio, a selezionare le 300 scuole, sulla base dei criteri stabiliti, e chiudere così la porta a tutte le altre scuole che hanno inoltrato domanda può forse essere interpretato come disattenzione nei confronti di quanti vogliono mettersi alla prova ed accettare la sfida del rinnovamento Bisognerebbe forse pensare, se non si può ampliare il numero previsto per motivi finanziari, ad una qualche …

“Il valore aggiunto nella scuola: pret à porter?”, di Giancarlo Cerini

Bell’equilibrio quello che si è realizzato a Bologna, al convegno nazionale dell’ANDIS (Associazione nazionale dirigenti scolastici), tenutosi nella prestigiosa “Sala Borsa” – oggi biblioteca multimediale – il 23-24 marzo, con 200 partecipanti attentissimi e molti relatori di qualità, che si sono “misurati” (è proprio il caso di dirlo) con il concetto di “valore aggiunto” e più in generale con il tema della valutazione a scuola. Come auspicava in apertura il sottosegretario all’istruzione Elena Ugolini, lanciando un guanto di sfida agli esperti, “il valore aggiunto non è un algoritmo statistico”. Ma allora che cos’è? E chi è titolato a parlarne? Hanno ragione gli economisti, a reclamare efficacia della spesa pubblica, qualità dei risultati, rapporto costo-benefici, conti alla mano? Sono convincenti i docimologi nel richiedere affidabilità dei dati, indicatori pertinenti, strumentazioni oggettive? E che dire dei giuristi che esigono trasparenza, correttezza degli atti, rendicontazione sociale, responsabilità? Sono forse patetici i pedagogisti a mettere al centro i valori disinteressati della cultura, della relazione educativa, dell’apprendimento, della cittadinanza? La società pretende una valutazione affidabile! E la scuola che cosa …

“Il valore aggiunto nella scuola: pret à porter?”, di Giancarlo Cerini

Bell’equilibrio quello che si è realizzato a Bologna, al convegno nazionale dell’ANDIS (Associazione nazionale dirigenti scolastici), tenutosi nella prestigiosa “Sala Borsa” – oggi biblioteca multimediale – il 23-24 marzo, con 200 partecipanti attentissimi e molti relatori di qualità, che si sono “misurati” (è proprio il caso di dirlo) con il concetto di “valore aggiunto” e più in generale con il tema della valutazione a scuola. Come auspicava in apertura il sottosegretario all’istruzione Elena Ugolini, lanciando un guanto di sfida agli esperti, “il valore aggiunto non è un algoritmo statistico”. Ma allora che cos’è? E chi è titolato a parlarne? Hanno ragione gli economisti, a reclamare efficacia della spesa pubblica, qualità dei risultati, rapporto costo-benefici, conti alla mano? Sono convincenti i docimologi nel richiedere affidabilità dei dati, indicatori pertinenti, strumentazioni oggettive? E che dire dei giuristi che esigono trasparenza, correttezza degli atti, rendicontazione sociale, responsabilità? Sono forse patetici i pedagogisti a mettere al centro i valori disinteressati della cultura, della relazione educativa, dell’apprendimento, della cittadinanza? La società pretende una valutazione affidabile! E la scuola che cosa …

"Il valore aggiunto nella scuola: pret à porter?", di Giancarlo Cerini

Bell’equilibrio quello che si è realizzato a Bologna, al convegno nazionale dell’ANDIS (Associazione nazionale dirigenti scolastici), tenutosi nella prestigiosa “Sala Borsa” – oggi biblioteca multimediale – il 23-24 marzo, con 200 partecipanti attentissimi e molti relatori di qualità, che si sono “misurati” (è proprio il caso di dirlo) con il concetto di “valore aggiunto” e più in generale con il tema della valutazione a scuola. Come auspicava in apertura il sottosegretario all’istruzione Elena Ugolini, lanciando un guanto di sfida agli esperti, “il valore aggiunto non è un algoritmo statistico”. Ma allora che cos’è? E chi è titolato a parlarne? Hanno ragione gli economisti, a reclamare efficacia della spesa pubblica, qualità dei risultati, rapporto costo-benefici, conti alla mano? Sono convincenti i docimologi nel richiedere affidabilità dei dati, indicatori pertinenti, strumentazioni oggettive? E che dire dei giuristi che esigono trasparenza, correttezza degli atti, rendicontazione sociale, responsabilità? Sono forse patetici i pedagogisti a mettere al centro i valori disinteressati della cultura, della relazione educativa, dell’apprendimento, della cittadinanza? La società pretende una valutazione affidabile! E la scuola che cosa …