Tutti gli articoli relativi a: politica italiana

"La crescita non verrà da sola", di Massimo D'Antoni

Benché l’attenzione mediatica sia tutta per le riforme istituzionali, è sull’economia che si profilano i maggiori rischi, per il governo e per il Paese. È vero, nessun crack imminente è all’orizzonte in questo agosto 2014. Ma far suonare il campanello d’allarme è la continua conferma dei dati deludenti sull’andamento dell’economia italiana. La recessione è finita da mesi, eppure non si vedono segni significativi di ripresa; il dato è particolarmente preoccupante proprio alla luce della caduta precedente, cui avrebbe dovuto seguire un rimbalzo ben più deciso. La mancata ripresa è un rebus che gli economisti faticano a decifrare. La spiegazione sta probabilmente in una molteplicità di fattori concorrenti, internazionali (il rallentamento delle economie europee più forti e dei Paesi emergenti) e nazionali di natura sia congiunturale (anni di politiche di austerità hanno lasciato il segno) che strutturale (la moneta unica, l’inadeguatezza della nostra specializzazione produttiva). Il nuovo governo aveva puntato le sue carte su un rilancio dei consumi (gli 80euro) rinviando alla seconda parte dell’anno la definizione delle coperture e il conseguente contraccolpo negativo sulla domanda. …

"Creare valore e redistribuire reddito l’esempio del bonus alla Ferrero", di Dario Di Vico

Possiamo ragionare di lavoro dentro uno schema che prende in esame la specializzazione produttiva e la capacità di creare valore? Presa a sé la domanda rischia persino di apparire bizzarra ma arriva il giorno dopo la notizia del premio di 6 mila euro (su tre anni) negoziato tra direzione aziendale e sindacati del gruppo Ferrero. E quindi un significato ce l’ha. È chiaro che stiamo parlando di uno dei fiori all’occhiello del made in Italy, un gruppo multinazionale che ha saputo utilizzare al meglio tutti i fattori della specializzazione produttiva: brand conosciutissimo, alta qualità delle produzioni, filiera controllata e ambiente di lavoro orientato alla «complicità». Oltre al bonus l’azienda di Alba si impegna ad ampliare i programmi di welfare aziendale in cambio di una dichiarata disponibilità di Cgil-Cisl-Uil a favorire il lavoro al sabato laddove se ne verificasse la necessità. Sembra quasi un manifesto del perfetto management italiano e ci indica una strada sulla quale quantomeno riflettere. Nel settore agroalimentare fortunatamente casi come questo non sono mosche bianche perché la tradizione industriale italiana ha dimostrato …

"L'obiettivo è contenere i tagli", di Silvia Bernardi

La Commissione Cultura voterà il budget di programma 2015 il prossimo 4 settembre, il giorno dopo aver incontrato la Presidenza italiana «L’Europa ha l’obbligo di garantire la salvaguardia e lo sviluppo del patrimonio culturale europeo» (articolo 3.3 del Trattato sull’Unione). «L’Unione contribuisce al pieno sviluppo delle culture degli Stati membri nel rispetto delle loro diversità nazionali e regionali» (articolo 167 del Trattato sul funzionamento dell’Ue, Tfue). L’Europa eletta il 25 maggio sarà capace di attuare queste direttive? Ha gli strumenti (e la volontà) per farlo? L’occasione c’è. I fondi per il cultural heritage europeo sono stati stanziati e sono disponibili nei programmi pluriennali Horizon 2020, Erasmus+, Europa Creativa, Europeana, Europa dei Cittadini, Comunicazione, che entrano nel loro secondo anno di programmazione (2015). L’importanza del settore è ormai sempre più evidente: a livello Ue (anche se mancano ancora dei dati unitari) studi settoriali e su base nazionale indicano che il settore dei beni cultrali offre un’innegabile contributo economico. Per la Federazione europea dell’industria edile, ad esempio, nel 2013 la ristrutturazione e la manutenzione di beni artistici …

"La mancanza di spirito costituente alla base dello scontro sulle riforme", di Mauro Megatti

Quindici anni fa, quando la parola d’ordine era federalismo, la modifica del Titolo V della Costituzione, realizzatasi in un’ottica di parte e di breve periodo, ha dato risultati deludenti: il riassetto delle autonomie territoriali, architettato in modo frettoloso e disorganico, ha creato numerose disfunzioni, delle quali ancora oggi paghiamo le conseguenze. Oggi, i temi che scaldano l’opinione pubblica sono il taglio dei costi della politica e il superamento del bicameralismo perfetto. Anche queste sono questioni importanti, come importante era darsi un assetto federalistico decente. Ma, oggi come allora, le modifiche a elementi portanti dell’impianto istituzionale del nostro Paese rischiano di venire forgiate dalla reattività dello scontro politico e dell’interesse di partito di breve termine. Va da sé che una discussione, anche accesa, su una materia così delicata non è solo scontata ma anche opportuna. Per questo sarebbe sbagliato giudicare negativamente il confronto, talora aspro, magari condito con iniziative forti volte a richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica sui punti più controversi. Tutto ciò fa parte di un ritualismo di cui la democrazia non può fare a meno. …

"Tregua, l’ultima speranza", di Adriano Sofri

LA tregua e la pace sono due modi per così dire filosofici di immaginare e maneggiare il mondo. Non è detto che stiano in successione fra loro, così che la tregua preceda e prepari la pace. Spesso, sempre più spesso, la tregua sostituisce la pace, la rattoppa e si rassegna alla sua assenza. A unire comunque i due termini sta la dipendenza comune dalla guerra. Tregua e pace appaiono i due modi di opporsi alla guerra, e la guerra appare come la tentazione, se non la condizione, prevalente della convivenza umana. LE CRONACHE di questi giorni rinunciano a star dietro al fantasma della pace, e inseguono invece le peripezie delle tregue auspicate, mancate, firmate e violate: la spola di Kerry fra Egitto Israele e Palestina, gli appelli e gli orpelli telefonici attorno all’Ucraina, le cerimonie retoriche e diplomatiche ginevrine sulla Siria… Non si riesce a far rispettare una tregua di 5 ore, e si vorrebbe ottenere una pace? Ci si può spingere a pensare che la pace sia meno ardua che una modesta tregua, e …

"Riforme radicali per la svolta in Europa", di Guido Tabellini

Gli ultimi dati deludenti sulla crescita nell’area euro e in Italia confermano, se ancora ce ne fosse bisogno, l’inadeguatezza della strategia di politica economica seguita finora in Europa. Ogni Paese deve risollevarsi da solo, con riforme dal lato dell’offerta per riacquistare competitività, e con politiche di bilancio restrittive per riassorbire il debito pubblico. Ma il problema oggi nell’area euro è la carenza di domanda interna, non la competitività, e la stagnazione impedisce il rientro dal debito. Alla fine del 2013, i consumi privati dell’intera area euro erano del 2% sotto i livelli raggiunti a fine 2007; gli investimenti privati erano sotto del 20%; solo le esportazioni sono salite di quasi il 10% negli ultimi sei anni. Questo problema può essere risolto solo a livello europeo: i governi nazionali non hanno strumenti efficaci per stimolare la domanda aggregata, perché hanno le mani legate dal patto di stabilità e non hanno sovranità monetaria. Dal punto di vista tecnico, la soluzione sarebbe semplice e non avrebbe grosse controindicazioni. Ogni Paese dell’area euro dovrebbe tagliare le imposte di un …

"Se all’Europa manca la Francia", di Cesare Martinetti

C’era una volta un Paese che faceva l’Europa e quando il suo presidente prese per mano il cancelliere tedesco sui campi dove fino a qualche decina di anni prima i loro padri si erano sparati da trincee impastate di fango e di sangue (era il 1984) tutti capirono che la storia aveva davvero fatto un salto. Quel Paese appare oggi come il fantasma del suo passato. La Francia è incerta, lacerata, indebolita, incapace di interpretare il suo ruolo. Ma se è vero che l’Europa non dipende più da Parigi, è anche vero che è impossibile fare l’Europa senza. Wolfgang Schauble, ministro delle Finanze tedesco, l’ha detto chiaro e tondo in un’intervista di questi giorni a Les Echos e Handelsblatt con il collega francese Michel Sapin: «Noi sappiamo che riusciremo a far progredire l’Europa e soprattutto la zona euro solo se Francia e Germania esprimeranno soluzioni comuni… Dovremo trovare soluzioni comuni per 28 paesi, ma questo è possibile solo se Francia e Germania sono unite». L’insistenza di Schauble sottolinea per l’appunto il soggetto che manca in …