Tutti gli articoli relativi a: pari opportunità | diritti

“Svantaggi di genere da una sponda all’altra”, di Fiorella Kostoris – Il sole 24 Ore 10.05.15

Negli ultimi anni, si tende a parlare del Mediterraneo come di un bacino che separa nei comportamenti la sponda settentrionale da quella meridionale: dai Paesi del Sud si emigra, mentre quelli del Nord sono chiamati all’accoglienza; le diversità etniche, culturali e religiose tra i due lati del Mare Nostrum sono un ingrediente non secondario di incomprensioni, conflitti ideologici, antagonismi socio-economici, episodiche guerre fratricide, che del resto attraversano anche ciascuna delle due aree. L’attenzione focalizzata sulle donne del Mediterraneo permette invece di guardare a problemi, speranze, opportunità, condivise tra le due rive del Mediterraneo, ancorché siano forti anche le differenze fra i due universi di riferimento, come l’indicatore dello sviluppo umano (HDI), prodotto dalle Nazioni Unite (Human Development Report, 2015), chiaramente illustra: dei 6 Paesi mediterranei presenti nella sessione Donne e Economia di Valencia (Spagna, Italia, Grecia, Turchia, Tunisia, Egitto), i 3 europei evidenziano un indice HDI basato sulla lunghezza e qualità della aspettativa di vita, sullo standard economico e sul grado di istruzione pari a 0,86-0,87, poco distante dal massimo rinvenuto nel mondo ( 0,94 …

“Quote rosa sempre più «sapienti»”, di Fabrizio Galimberti – Il Sole 24 Ore 12.04.15

La volta scorsa abbiamo parlato del “giacimento” del lavoro femminile, una fonte dormiente di crescita economica, una risorsa da sfruttare se si vuole continuare nella corsa al benessere – almeno a quello materiale. Ma qui è in gioco qualcosa di più del benessere materiale. Qual è lo scopo ultimo del sistema economico: produrre sempre di più, o dare a tutti quelli che vogliono lavorare un’occupazione? Il mio parere personale è che la cosa più importante sia il lavoro. Lavoro non vuol dire solo guadagno e quindi acquisto di beni e servizi. Avere un lavoro è primariamente una questione di dignità, di indipendenza, di autonomia, di realizzazione di se stessi. Dare quindi a tutti, uomini e donne, la possibilità di lavorare vuol dire migliorare sia l’economia che la società. E, dato che la donna, storicamente, si è trovata in una situazione di minorità (vedi la conquista solo recente del voto alle donne, vedi le disparità nei tassi di occupazione e nel reddito medio di lavoratori e lavoratrici…) è di tanto più importante perseguire una politica di …

“Quel piccolo film che ci insegna ad amare i down”, di Michela Marzano – La Repubblica 05-04.15

È un video pieno di complicità e di amore quello che Giacomo realizza con il fratello Giovanni, un bimbo di 12 anni con sindrome di down. È un video che commuove e fa ridere. Ma è, soprattutto, un video estremamente coraggioso che fa a pezzi i pregiudizi. ECHE , in pochi minuti, è capace di ribaltare i ruoli e stravolgere le aspettative. Al punto che, dopo un po’, nessuno spettatore sa più quale dei due fratelli sia quello “normale” e quello “anormale”, quello “sano” e quello “malato”. Certo, all’inizio ci sono ben poche sorprese. Il “diverso” è senz’altro Giovanni. È lui che si inceppa. Lui che risponde a casaccio. Lui che perde il filo e sembra proprio non potercela farcela a superare il colloquio di lavoro messo in scena dal fratello. Non sarà mai assunto, pensiamo tutti. Poi però, pian piano, i ruoli si invertono. Ed è proprio Giovanni ad incantarci, con quell’autenticità e con quella gioia di vivere di cui forse i “normali” non sono più capaci. Allora perché all’inizio, guardando Giovanni, non possiamo …

“Un fantasma nella classe”, di Vittorio Lingiardi – Il Sole 24 Ore 22.03.15

Un fantasma si aggira per le scuole italiane: l’«ideologia del gender», detta anche «propaganda omosessualista». Sentinelle spesso in piedi, cardinali apocalittici («il nichilismo, annunciato più di un secolo fa, si aggira in Occidente, fa clima e sottomette le menti») e genitori allarmati temono che i figli possano ricevere insegnamenti in grado di distorcere le loro menti. Per esempio che i concetti di mascolinità e femminilità sono costruzioni sociali che dipendono dai contesti storici e culturali, che la complessità delle relazioni non si esaurisce nelle dicotomie di sesso (maschio/femmina) e genere (uomo/donna), addirittura che alcuni loro compagni di classe potrebbero essere figli (contenti) di (buoni) genitori (ancorché) omosessuali. Pare che queste pericolose affermazioni abbiano oggi diritto di cittadinanza non solo presso l’American Psychological Associationo l’American Academy of Pediatrics, ma anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità e persino l’Onu, l’Unesco e l’Unicef. E che l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali a difesa delle differenze (Unar, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per le pari opportunità), sostenuto da una raccomandazione del Consiglio d’Europa, abbia in cantiere di proseguire la programmazione di …

“Se la famiglia diventa un inferno”, di Rossella Diaz – Gazzetta di Modena 22.03.15

Donne strappate alla vita senza distinzione di ceto sociale, età anagrafica, estrazione culturale. Nord e Sud Italia. Il femminicidio è un neologismo che indica ogni forma di discriminazione e violenza posta in essere contro la donna “in quanto donna”. Ma nella vita reale, il femmincidio è ossessione, amore malato, morte. Il 70 per cento circa delle uccisioni femminili avviene in ambito familiare. Ùn fenomeno fortemente connotato che trae origine dallo squilibrio nei rapporti di genere. Non si tratta di epidemia o emergenza, ma è ormai fenomeno endemico, con radici profonde nella nostra società. Sentiamo spesso parlare di “delitto d’amore”, “amante incompreso”, “passione impazzita” concetti che vanno scardinati dalle nostri menti, occorre avere il coraggio di chiamare queste azioni per quello che sono, omicidi. È allarmante constatare che i più raccapriccianti e mostruosi fatti di cronaca sono commessi da mariti, padri, ex fidanzati: persone che dovrebbero proteggere, tutelare, rispettare, e che invece con ferocia, tolgono di mezzo senza esitare chi ai loro occhi, è ormai divenuto solo un ostacolo. In appena tre mesi dall’inizio dell’anno sono …

“Per crescere prima e meglio ci vuole più «womenomics»”, di Fabrizio Galimberti – Il Sole 24 Ore 22.03.15

Quali sono le fonti della crescita economica? Per crescere ci vogliono braccia, macchine e cervelli. Le braccia sono l’occupazione, il lavoro; le macchine sono il capitale: macchinari, case, capannoni, ponti, strade…; i cervelli (terzo e importante elemento) sono la produttività: quella “polverina magica” di cui abbiamo parlato in passato (Il Sole Junior, 30 giugno e 7 luglio 2013) che combina lavoro e capitale in modi sempre più produttivi, con il progresso tecnico, l’organizzazione del lavoro, la qualità delle istituzioni… Abbiamo dimenticato un altro fattore di produzione: le risorse, cioè terra, mari, minerali…. Ma oggi vogliamo concentrarci sulle… donne. Cosa c’entrano le donne con la crescita? C’entrano, eccome. Perché, quando si parla di braccia e di cervelli, questi fattori della produzione possono essere declinati al maschile e al femminile. Il capitale umano è forse il capitale più importante di tutti e per far crescere l’economia bisogna che questo capitale sia (come si diceva del rancio dei soldati) “ottimo e abbondante”. Il capitale umano (braccia e cervelli) crea il capitale fisico (macchine e costruzioni) ed elabora la …

“È la distruzione della civiltà araba la vera strategia del falso Califfo” di Tahar Ben Jelloun – La REpubblica 21.03.15

La Tunizia è nota per i suoi gelsomini, le sue terrazze affacciate sul mare, la sua ospitalità e la volontà di essere l’elemento femminile nel Maghreb — se, come dice il proverbio, l’Algeria è un leone e il Marocco un uomo. Di fatto, per chi viene dall’Algeria, ove la vita è piuttosto dura, soprattutto dopo la terribile guerra condotta per strappare la sua indipendenza, la Tunisia appare come un porto di pace, dolcezza e vita serena. Per questo molti turisti hanno apprezzano questo Paese, fino all’attentato del 2002 contro la Sinagoga di Djerba, città nota per le sue attrattive turistiche e la sua buona cucina. In quel periodo il Paese era sotto il pugno di ferro di Ben Ali e della sua onnipresente polizia. La quale però non impedì il massacro di 14 tedeschi, 2 francesi e 5 tunisini periti in quell’attacco, che già allora voleva essere un avvertimento, destinato a tener lontani i turisti. Il Paese rimase sotto shock, incapace di comprendere il perché di quest’azione tesa a rovinarlo: senza turismo la Tunisia si …