“Cocò? Dimenticatelo”. La legge delle cosche è più forte del dolore", di Niccolò Zancan
«Cocò, chi?». In piazza alzano il mento al cielo. Il tabaccaio si rintana in negozio. Le mamme scappano via, trascinandosi dietro figli e sacchetti. Non è cosa. Non sono domande. Non ci sono segni di lutto. Niente. Neppure in contrada Fiego, a due chilometri dal centro storico, dove si è compiuto il massacro. C’è soltanto una grande macchia scura di asfalto carbonizzato e un fiore giallo di plastica, appoggiato sul moncherino del radiatore di una Punto liquefatta. Tutto quello che resta. Tre mesi dopo, ancora non conosciamo gli assassini di Nicolas Campolongo detto Cocò. Era un bambino di tre anni, viveva in questo paese in mezzo ai grandi. Però adesso sappiamo con certezza perché è stato ucciso. L’hanno ammazzato per farci «spagnare», come dicono qui. Per farci avere paura. A Cocò hanno sparato in testa. Come a suo nonno Giuseppe Iannicelli, come alla fidanzata di suo nonno Ibissa Tous. Giustiziati e bruciati dentro una macchina, come i mafiosi fanno con i loro peggiori nemici. «Lo stupore sarebbe una reazione ingenua», dice il pm Vincenzo Luberto, …