Tutti gli articoli relativi a: memoria

Liberi

L’ultima intervista a Maria Cervi, figlia di Antenore, uno dei sette fratelli Cervi fucilati dai fascisti nel dicembre 1943, di Gianni Sartori. “Avevo intervistato Maria Cervi (figlia di Antenore, uno dei sette fratelli Cervi fucilati dai fascisti nel dicembre 1943) nel giugno del 2007 per una serie di articoli in vista del convegno “Il sapore giovane della resistenza” e ci eravamo lasciati con l’impegno di rivederci in quella occasione (domenica 24 giugno 2007). L’incontro era stato organizzato a Vicenza nell’ambito di Festambiente, ma purtroppo Maria ci aveva lasciato pochi giorni prima della manifestazione vicentina”. Inevitabilmente questa sua testimonianza (forse la sua ultima intervista) ha finito per acquistare un valore particolare”. Gianni Sartori. Qual è a suo avviso, l’importanza, l’attualità della Resistenza per la democrazia nel nostro paese? Per me la Resistenza è ancora, nei fatti, il momento della nascita della Repubblica, della rifondazione democratica. Non sono invece convinta che questa consapevolezza sia presente in tutta la popolazione. A volte mi sembra venga dato per scontato. Forse non è stato fatto abbastanza per conservare la memoria …

"Ore una: insurrezione", di Bruno Gravagnuolo

“Aldo dice 26×1”. All’alba del 25 aprile 1945 al nord risuona dalle radio italiane questa strana formula, metà sciarada, metà misura di mobilità. Invece è la parola d’ordine dell’insurrezione che allerta tutte le grandi città ancora occupate dai nazifascisti, e invita i partigiani di pianura e di montagna a sferrare l’attacco. Con i resistenti armati già operanti in territorio urbano. È Milano la prima ad insorgere e a liberarsi prima dell’arrivo degli alleati. Ma l’invito è rivolto a Genova, Torino, Venezia, Novara, Alessandria, Reggio Emilia, Parma, Modena, città queste ultime dove la Resistenza aveva già preso il controllo dei luoghi strategici importanti. La formula dice «26», come data massima entro cui insorgere e «1» a indicare l’ora d’avvio. Milano è in anticipo. È il luogo simbolico più importante, sede del Clnai con lo stato maggiore operativo della lotta. E lì è il cuore del Nord. Dove il 16 dicembre del 1944 era tornato Mussolini, per annunciare al Lirico che il nemico sarebbe stato inchiodato nella Valle Padana. Invece Alleati e Partigiani sfondano in primavera la …

"Le radici dell’ottimismo", di Matteo Renzi

Ci sono ancora occhi che, oggi, possono testimoniare ciò che accadde ieri. Alcuni sono stati rintracciati e fotografati settant’anni dopo: sono occhi, volti, rughe e ombre di chi scampò alla strage di Sant’Anna di Stazzema. Occhi che hanno visto razzie, morte, devastazioni. Ma non si sono arresi alla violenza e hanno vissuto per costruire un futuro di libertà, non di vendetta. L’Italia che oggi ha lo sguardo fiero è quella uscita settant’anni fa da tragedie, lutti e indicibili sacrifici. Ed è a quanto è costato a tutti il per- corso per arrivare sin qui che penso quando penso al 25 aprile. E penso, ancora, al fatto che un Paese in grado di rialzarsi da quelle macerie e ricostruirsi così è un Paese in grado di affrontare e superare tutto. Tutto. Il volto di oggi è stato pagato a caro prezzo ieri. E forse è arrivato anche il momento di capitalizzare quei sacrifici: l’Italia del 25 aprile non è quella di una parte ma quella di tutti («Abbiamo combattuto assieme per riconquistare la libertà per tutti: …

"Intellettuali e contadini alla macchia per la libertà", di Dino Messina

Una scelta morale prima ancora che politica. È questo il senso dell’epopea della Resistenza che viene fuori dalle pagine di Cento ragazzi e un capitano , il saggio di Pier Giorgio Ardeni che racconta i venti mesi di guerra partigiana sulle montagne dell’alto Reno (Bologna) concentrandosi sui ragazzi delle brigate Giustizia e Libertà e della Matteotti. Alcuni di loro ebbero il privilegio di entrare a fianco delle truppe alleate nella Bologna liberata. Una storia non agiografica quella scritta da Ardeni (appena pubblicata dall’editore Pendragon, pp. 476, e 28) che ha avuto una motivazione biografica (il padre dell’autore, Sisto, era uno di quei giovani sbandati dell’esercito italiano che non volevano più combattere per il fascismo), ma soprattutto una spinta scientifica. Studiando i flussi migratori della comunità di Gaggio Montano e di Porretta Terme per una ricerca dell’Università di Bologna, dove insegna Economia dello sviluppo, Ardeni si è imbattuto nei pochi fuoriusciti antifascisti che furono i primi punti di riferimento delle spontanee aggregazioni partigiane dopo l’8 settembre 1943. Ne è nato un racconto corale, basato anche sulla …

"Adesso Renzi apre gli archivi sulle stragi ", di Adriana Comaschi

Niente più atti riservati o segreti se relativi alle stragi che hanno insanguinato il Paese, come quella di piazza Fontana o della stazione di Bologna, o a episodi oscuri anche recenti, vedi l’assassinio della giornalista Ilaria Alpi a Mogadiscio. La direttiva annunciata dal presidente del Consiglio Matteo Renzi per portare alla luce documenti su bombe e attentati che hanno segnato la storia repubblicana tra il 1969 e il 1984 è stata firmata ieri. E promette di riportare sotto lo sguardo pubblico dell’Archivio di Stato materiali finora off limits. Quanti? Non lo sa nemmeno il governo, proprio perché come racconta chi da decenni si è battuto per abbattere muri di gomma, diradare nebbie e veleni quello che anzitutto manca per costruire una memoria completa di quegli avvenimenti è una “mappa” delle centinaia di archivi in cui possono essere depositate informazioni utili. Quel che conta è che «una mole enorme di documenti sarà presto a disposizione degli studiosi, degli organi di informazione, di tutti i cittadini», rivendica il premier. COSA CAMBIA E COME Con buona pace poi …

"Le scarpe rotte prima della vittoria", d Gad Lerner

Succede di rado, ma succede. Che lo spirito di un’epoca si condensi in pochi versi, indissolubilmente legati a una melodia, per poi attraversare il tempo e farcene rivivere ogni volta l’attualità. Quando abbiamo deciso di sperimentare un racconto televisivo dell’Italia che uscisse dal chiuso dei talk show, il titolo Fischia il vento è venuto naturale: una matrice in cui potevano ritrovarsi due casematte della cultura di sinistra come Feltrinelli e Repubblica, ma in cui soprattutto si ritrova il senso comune popolare di una democrazia che non dimentica di essere nata dalla Resistenza antifascista. Fischia il vento, più ancora di Bella ciao, è il canto per eccellenza della nostra Resistenza perché non la fa facile: ci inchioda a una dimensione tragica. Il nostro canto malinconico della Liberazione non può prescindere da Fischia il vento: memoria in bianco e nero di una guerra civile nella quale c’erano una ragione di civiltà contrapposta a un torto criminale. Ancora oggi siamo chiamati a schierarci. D’accordo, è solo una canzone. Ma, come il vento, la senti arrivare gelida da lontano. …

"Le sue storie magiche tra realtà e poesia", di Paolo Collo

Se è vero – come diceva Franco Lucentini – che le prime righe di qualsiasi romanzo sono fondamentali per il successo di un libro, si può dire che alcuni autori di lingua spagnola hanno dato un grosso con- tributo a questa tesi. Come Miguel de Cervantes, ad esempio: «In un paese della Mancia, di cui scordo il nome, abitava non molto tempo fa un gentiluomo di quelli con la lancia esposta nella rastrelliera, lo scudo antico, un cavallo tutto os- sa e un buon cane da caccia». O il messicano Juan Rulfo autore di Pedro Páramo: «Venni a Comala perché mi avevano detto che mio padre, un tal Pedro Páramo, abitava qui. Me lo disse mia madre. E io le avevo promesso che sarei venuto a trovarlo quando lei fosse morta». O come l’inizio di Cent’anni di solitudine del colombiano Gabriel García Márquez, scomparso l’atro ieri a Città del Messico all’età di ottantasette anni: «Molti anni dopo, di fronte al plotone d’esecuzione, il colonnello Aureliano Buendía si sarebbe ricordato di quel remoto pomeriggio in cui …