"Prato, tutto come prima. I cinesi tornati nell’ombra", di Silvia Gigli
Prato è un pentolone che ribolle. Dopo il tragico rogo del 1 dicembre scorso, nel quale hanno perso la vita sette operai cinesi, uccisi dalle fiamme e dal fumo mentre dormivano nel capannone nel quale lavoravano, la città laniera, che un tempo fu il fiore all’occhiello del made in Tuscany, non dorme sonni tranquilli. A distanza di due mesi dal rogo, continuano ad arrivare in città giornalisti stranieri per capire, chiedere, vedere con i propri occhi come sia stato possibile che nella Toscana culla dell’artigianato d’ingegno e di lusso, sia stato possibile veder morire sette persone così. L’illegalità, sulla quale ha messo radici e prosperato un certo tipo di manifattura, quella dei capi low cost realizzati da imprese gestite da cinesi, ha una storia vecchia almeno vent’anni e ormai è un cancro difficile da estirpare. Ma è su questo argomento che si giocherà, per l’ennesima volta, la battaglia elettorale per le amministrative di primavera dove il giovane deputato renziano Matteo Biffoni sfiderà con ogni probabilità il sindaco uscente di centrodestra Roberto Cenni. «Negli ultimi anni …