Tutti gli articoli relativi a: lavoro

Chiara Saraceno «Aumento drammatico, il tenore di vita è in picchiata», di Marco Ventimiglia

«Sì, ho letto questi ultimi dati diffusi dall’Istat. Si tratta, purtroppo, degli ennesimi numeri drammatici, anche se ho visto che l’enfasi maggiore viene posta sul numero di famiglie prive di reddito da lavoro che ha ormai superato il milione. Su questo occorre intendersi, poiché all’interno di questi nuclei possono anche esserci dei pensionati che in qualche modo alleviano la condizione di disagio. Piuttosto è l’aumento percentuale nell’ultimo anno a spaventare di più». Chiara Saraceno, sociologa ed esperta in problemi della famiglia, cerca subito di guardare oltre la crudezza dell’indagine statistica, peraltro ennesima fotografia di una crisi che non molla la presa. Dunque è la crescita del 18% delle famiglie senza reddito a meritare maggiore attenzione? «Sì, nel senso che rappresenta il numero che più degli altri segnala un deterioramento della situazione, una tendenza ancora molto forte nel 2013. Un dato che purtroppo non mi sorprende, e che anzi va di pari passo con il calo dei consumi e la continua crescita della disoccupazione, specie quella giovanile. In quest’ultimo caso, poi, siamo di fronte ad un’autentica …

"Preoccupati e disoccupati", di Nicola Cacace

Alla vigilia dell’approdo in Parlamento del decreto lavoro, dopo qualche modifica migliorativa in commissione soprattutto per quanto riguarda i contratti a tempo determinato, siamo di fronte all’ennesimo dato shock sfornato dall’Istat, un milione e 130 mila famiglie vivono, meglio non vivono, senza alcun reddito da lavoro. Non è tanto il numero che colpisce chi conosce i dati sulla povertà, quanto la dinamica: +18% in un anno (tra 2012 e 2013) e addirittura + 56 % in due anni. Nessun Paese civile può ignorare dati di questa gravità. Il governo ha cominciato a muoversi nella giusta direzione scegliendo una precisa categoria, i lavoratori dipendenti ma sa bene che non può e non deve fermarsi a questi. Dopo un primo provvedimento utile a dare un po’ d’ossigeno a dieci milioni di lavoratori dipendenti a basso reddito e quindi alla domanda interna, ricomincia una difficile navigazione per superare molti altri scogli. Ci sono ancora più di una decina di milioni di cittadini che, per la loro condizione, meritano attenzione, tra cui i pensionati con meno di 1000 euro, …

"Un labirinto inestricabile", di Michele Ainis

I dipendenti pubblici? Una mandria di sfaticati. I loro dirigenti? Mandarini del Celeste Impero. Le burocrazie locali? Centri di spreco e corruzione. Nella furia iconoclasta che s’abbatte sugli uomini (e le donne) dello Stato, non si salva più nessuno. E il presidente del Consiglio offre un megafono a questo sentimento popolare, trasformando il rancore in urlo di battaglia: promette una lotta «violenta» alla burocrazia, annuncia che a maggio il suo governo entrerà «con la ruspa» nelle casematte della pubblica amministrazione. Giusto, se l’offensiva riuscirà a sgominare le inefficienze e prepotenze burocratiche. Sbagliato, se vi fiammeggia un odio verso tutto ciò che è pubblico, di tutti. Perché siamo noi, lo Stato. È la maestra che insegna matematica ai nostri bambini, guadagnando meno d’una colf. È il poliziotto che fa il turno di notte nelle strade, a bordo di volanti scalcinate e sempre a corto di benzina. È il medico del Pronto soccorso, che s’arrangia risparmiando sulle garze. Ed è anche il burocrate con la sua penna d’oca in mano, come no. Ma per difenderci dalle vessazioni …

"Irpef, ai poveri bonus in percentuale al reddito", di Bianca DI Giovanni

Per gli incapienti ci sarà un bonus fiscale pari a una percentuale del reddito dichiarato. Non tutti avranno lo stesso beneficio: la platea sarà divisa per fasce decrescenti. Si lavora a ritmi forzati in queste ore a Palazzo Chigi per costruire il sistema di sgravi da scrivere nei decreti attesi venerdì, ma il meccanismo si annuncia complesso. In ogni caso fonti vicine alla presidenza del consiglio confermano che l’intervento ci sarà e sarà rivolto a tutti i redditi da zero a 8mila euro da lavoro dipendente. Quattro milioni di perso- ne in più rispetto ai 10 milioni destinatari delle detrazioni. Alle famiglie con redditi fino a 25mila euro andrà un beneficio medio di 714 euro annui, con un vantaggio mas- simo del 3,4% del reddito per le famiglie meno abbienti, e minimo dello 0,7% di quelle più «ricche». Questa la valutazione dell’Istat durante l’audizione al Senato sul Def. Ma dalla stes- sa sede arriva anche l’allarme Bankitalia. Le risorse necessarie, infatti, potrebbero non bastare. «Nel 2015 i risparmi di spesa indicati come valore massimo ottenibile …

"La riforma dell’apprendistato: quali i rischi di effetti negativi (inattesi)?", di di Ugo Ascoli ed Emmanuele Pavolini

In attesa di altri provvedimenti per ora solo annunciati (fra cui ad esempio la creazione di strumenti di welfare a copertura universale per chi è senza lavoro e senza reddito), l’attuale governo ha ritenuto di dover intervenire con celerità su questioni relative al mercato del lavoro con un decreto legge, il n° 34 del 20 marzo 2014, onde modificare la regolazione di alcune importanti forme di contratto: l’apprendistato (incidendo soprattutto su quello più praticato, ovvero quello ‘professionalizzante’) ed il contratto a tempo determinato. Rispetto a un dibattito politico che si è iniziato a concentrare sul secondo di tali strumenti, riteniamo in questa sede sia importante svolgere una riflessione sui cambiamenti apportati al primo, che ha rappresentato fino ad oggi il contratto su cui maggiormente si sarebbe dovuto teoricamente puntare, qualora si fosse voluto investire sul ‘capitale umano’ dei giovani: l’elemento qualificante di tale strumento è, infatti, quello di dare rilevanza contemporaneamente sia all’inserimento effettivo nel mercato del lavoro che alla formazione durante il periodo iniziale di tale investimento. La nuova normativa proposta dal governo Renzi …

«Il problema del lavoro è più grave di quel che si dice», di Bianca Di Giovanni

Le scelte fatte nel Def erano quasi obbligate, nelle condizioni date. Ma non è detto che siano sufficienti per far ripartire il Paese. «Servirebbe un intervento forte per favorire la produttività e un grande investimento negli ammortizzatori sociali, altrimenti è difficile che il paese torni a crescere in modo sostenuto». La pensa così Marcello Messori, uno dei più grandi economisti italiani, ordinario alla Luiss di Roma. Il quale avverte: il problema numero uno è la disoccupazione. Professor Messori, il governo parla di Def per la crescita. È davvero così? «Credo che oggi sia inevitabile rilanciare la domanda aggregata nel brevissimo periodo, perché le famiglie italiane vengono dal periodo più lungo del dopoguerra di caduta di reddito disponibile e le imprese da un calo degli investimenti. Quindi è evidente che un impulso alla domanda interna sia una condizione necessaria per agganciare la ripresa. Per rispondere alla sua domanda bisogna porsi due altre questioni». Quali? «Primo, se questo stimolo alla domanda è sufficiente. Secondo, se basta agire su questa leva, o non occorra invece azionarne altre». E …

"Il ritorno a casa del made in Italy", di Maurizio Ricci

A volte ritornano. Dalla Cina, dal Bangladesh, dalla Romania, eccoli di nuovo sulla Riviera del Brenta, sull’Appennino tosco-emiliano, intorno a Firenze, come se il vento della globalizzazione fosse girato di colpo. Soprattutto dopo la crisi del 2008, un numero crescente di imprese italiane sta rinunciando alle strategie di delocalizzazione e rimpatriando intere linee produttive. IL FENOMENO è mondiale, dall’America all’Europa. Negli Stati Uniti, fa addirittura parlare di rinascita dell’industria manifatturiera nazionale. Forse, gli americani esagerano. I numeri, però, cominciano ad essere indicativi, dice Luciano Frattocchi, dell’università dell’Aquila. Insieme a colleghi di Catania, Udine, Bologna, Modena e Reggio, Frattocchi ha costruito un gruppo di ricerca — UniCLUB MoRe — che tiene il conto. Negli Usa, sono ormai 175 le decisioni di rimpatrio, totale e parziale, di produzione. Ma dopo gli Usa, la classifica mondiale dei ripensamenti vede le aziende italiane, con un’impennata a partire dal 2009. Sono 79 unità produttive, che coinvolgono una sessantina di aziende. Circa il doppio di quanto si registra in Germania, in Gran Bretagna o in Francia. In un momento di diffusa …