"Taranto può rinascere. Occorrono scelte rapide", di Vittorio Emiliani
Morire di diossina o morire di fame? a Taranto molti vivono così il lacerante dilemma creatosi dopo che la magistratura ha deciso di chiudere le aree «a caldo» del più importante centro siderurgico italiano. La gravità dei dati tarantini sulle malattie respiratorie, sulla diffusione dei tumori è incontestabile. Ma le alternative occupazionali all’Ilva (gruppo Riva) – 12.000 dipendenti diretti e altri 6.000 nell’indotto – sono per ora quasi inesistenti. Il vecchio Arsenale è ormai ridotto ai minimi termini. Il sogno di un porto-containers strategico nel Mediterraneo – per il quale si era speso Prodi – è impallidito mesi fa col trasferimento al Pireo di alcune grandi navi di Evergreen e di Hutchison. L’agro-industria e il turismo, balneare e culturale, sono stati ridimensionati dalla «nuvola di smog» che grava sul territorio (la Regione ha proibito il pascolo nel raggio di 20 Km dall’enorme fabbrica). C’è «allarme rosso» per coltura dei mitili: tonnellate di cozze «alla diossina» sono state gettate. Un cortocircuito. Operai e sindacati difendono disperatamente la grande fabbrica, in origine Italsider, nata male, purtroppo. L’industria …