Tutti gli articoli relativi a: lavoro

"Decrescita, un'illusione romantica", di Irene Tinagli

Molti governi europei oggi cercano ricette per stimolare la crescita: ma è davvero necessario tornare a crescere? Secondo alcuni no. Le teorie anti-crescita, che affondano le loro radici nei movimenti anti-industriali dell’Ottocento e che sono state riportate in auge dall’economista francese Serge Latouche, stanno ispirando molte persone ad invocare una sana decrescita. I sostenitori di queste tesi affermano che ripensando il nostro sistema dei consumi sia possibile vivere felici senza che aumenti il Pil. Quello che dovremmo fare, come ci ricorda anche Guido Ceronetti nel suo articolo su La Stampa di domenica scorsa, è separare i bisogni essenziali da quelli che non lo sono e i beni prodotti per soddisfare bisogni reali da quelli fatti solo per generare profitto, ovvero i «commerci». Se le persone, per esempio, anziché produrre beni inutili volti al commercio e al profitto fine a se stesso, producessero semplicemente quello che serve loro per sostentarsi, sarebbero meno dipendenti dai cicli economici, dai debiti e dall’ansia di accumulare ricchezza. E i Paesi starebbero in piedi senza bisogno di far crescere il Pil …

"Sotto le Due Torri in 17mila rischiano di perdere il posto", di Giulia Gentile

Oltre 17mila dipendenti di diversi comparti, dal tessile al metalmeccanico, al commercio, fino all’agroalimentare e alla comunicazione, tartassati sotto le due Torri da una situazione di grave incertezza lavorativa, perché impiegati in aziende in cassa integrazione ordinaria o straordinaria, in mobilità, o che hanno ridotto i propri orari di produzione. E decine e decine di imprese che, se a settembre, riusciranno a riaprire i battenti dopo la pausa estiva, si troveranno comunque nella condizione di non essersi ancora rialzati dalla crisi, ma di non poter più accedere agli ammortizzatori sociali perché già utilizzati al massimo. Per il segretario cittadino della Cgil Danilo Gruppi è ancora «sconfortantissimo» il quadro del lavoro bolognese, all’indomani del decesso a Roma di Angelo Di Carlo, forlivese d’adozione che dopo settimane senza un impiego si era dato fuoco davanti a Montecitorio, la notte fra l’11 e il 12 agosto. Il 5 settembre, alla Camera del lavoro di via Marconi arriverà il segretario Susanna Camusso. E all’assemblea dei delegati di tutte le categorie, la Cgil deciderà «le strategie di lotta per l’autunno». …

"Imprenditori: la tentazione della fuga", di Michele Brambilla

Si parla spesso della fuga dei nostri cervelli all’estero: professori, scienziati, ricercatori. Ma si parla pochissimo di un’altra fuga che in tempi rapidi potrebbe drammaticamente diventare un esodo di massa: quella dei nostri imprenditori. In fondo tra le due fughe c’è una strettissima parentela: anche gli imprenditori italiani sono «cervelli». In mancanza di grandi materie prime, di una moneta forte e di una politica all’avanguardia, per decenni le nostre imprese si sono distinte nel mondo proprio per questa caratteristica che tutti ci riconoscono: un particolare ingegno. Nell’ultimo mese e mezzo ho fatto, per «La Stampa», un giro in provincia. È un territorio spesso trascurato dai grandi organi d’informazione, che leggono la realtà italiana quasi esclusivamente in un’ottica romana (la politica), o milanese (Piazza Affari), o comunque delle grandi metropoli. Girando per la provincia si ha invece un’impressione del Paese molto diversa da quella che emerge dalla lettura delle prime pagine o da quei tragici bollettini di guerra che sono le scalette dei gr e dei tg. Girando per la provincia si ha l’impressione di un …

"Il conto salato della crisi. Trentamila attività chiuse", di Felicia Masocco

Dalla A di Adelchi alla X di Xerox: in mezzo c’è l’elenco di 86 aziende, l’ordine alfabetico della crisi. Del loro futuro si discute al ministero dello Sviluppo, si cerca una soluzione perché non chiudano, ma i tavoli sono totalmente aperti, e c’è molto (se non tutto) da fare. C’è poi un’altra lista che va dall’A. Merloni alla Yara: 53 tavoli di vecchia data, questi, per i quali è più facile confidare in qualche esito. In tutto 141 imprese che cercano di non sparire e più di 168mila lavoratori che sperano di non diventare esuberi. Va detto che è una parte soltanto del conto pagato alla recessione dal sistema produttivo italiano. Ci sono tutti i settori, nessuno escluso e tutte le regioni sono interessate: dal 2009 ben 30mila imprese hanno chiuso i cancelli. I mali dell’industria sono tornati sul proscenio nelle ultime settimane, il dramma dell’Ilva e di Taranto ha restituito il carattere dell’urgenza alla politica industriale, grande assente degli ultimi anni. Ottimismo e omissioni Il laissez-faire del governo Berlusconi, quell’ottimismo a ogni costo mentre …

"L'anomalia italiana: lavora solo 1 su 3, persi 450 mila posti", di Federico Fubini

L’anomalia italiana: lavora solo 1 su 3, persi 450 mila postidi FEDERICO FUBINILa crisi globale che dura ormai da 5 anni ha cambiato in profondità la condizione del lavoro in Italia. Secondo Eurostat gli occupati nel nostro Paese sono attualmente (al primo trimestre di quest’anno) 450 mila in meno che nel 2007, quando esplose quella che allora si chiamava la crisi dei subprime. Oggi, in Italia, su una popolazione che l’Ufficio statistico europeo valuta in 60,8 milioni di persone, in base alle definizioni dello stesso ufficio, ne lavorano 22,3 milioni. È una quota del 36,8%, superiore (di poco) solo a quella della Grecia. Nello stesso periodo la Germania ha creato il 6,3% dei posti di lavoro in più. Sono passati, rispettivamente, cinque e dieci anni. È tempo di un bilancio: l’Europa sta offrendo una dimostrazione di potenza produttiva e allo stesso tempo attraversa qualcosa di simile alla Grande depressione. Quanto all’Italia, queste tendenze bipolari convivono in modo se possibile più estremo. Sono passati cinque anni — siamo appena entrati nel sesto — da quando Jean-Claude …

"Chi perde tanto e chi guadagna nella lunga crisi giovani, famiglie, ceto medio sono impoveriti", di Carlo Buttaroni

L’altra faccia della crisi è in chi ci guadagna. Una contraddizione in termini per i più ma, in realtà, nulla di più concreto. Per alcuni, infatti, la situazione che stiamo vivendo è un vero affare. Pensiamo al tanto temuto spread, spada di Damocle per banche e imprese: esso misura sì lo stato di salute economica dei Paesi dell’Eurozona (Grecia, Spagna e Italia in testa), ma rappresenta anche una straordinaria opportunità di arricchimento per i grandi investitori. Chi ha elevate quantità di denaro liquido può farle fruttare molto più che in altri periodi, ad esempio prestando il proprio denaro a tassi d’interesse più alti. Oppure, sfruttando la crisi della liquidità che colpisce Stati e imprese, si possono fare affari straordinari acquistando grandi società e patrimoni immobiliari a prezzi molto più bassi rispetto al loro valore reale. Gli speculatori finanziari rappresentano un’altra categoria favorita dal momento attuale. I veri, grandi speculatori non sono tantissimi: una ventina, forse meno, in tutto il mondo. Ma con un potere molto forte: quello di indebolire fino al collasso l’economia di un …

"La lezione tedesca", di Pietro Greco

Il dibattito che si va sviluppando in questi giorni in Italia intorno all’Ilva di Taranto (o l’industria o l’ambiente, o il lavoro o la salute) è drammaticamente vecchio. E mentre noi ripetiamo da anni gli stessi concetti, altri Paesi sono andati avanti. E hanno affrontato la stessa questione in modo assai concreto sia come teoria che come pratica. La teoria, tanto per essere chiari, dice che non esiste alternativa al lavoro fondato su una produzione industriale che non tenga conto dei vincoli ambientali e sanitari definiti al meglio delle conoscenze scientifiche. E dice che se pongo sui piatti della bilancia, da una parte l’economia e dall’altra l’ecologia, è la bilancia che si rompe. La teoria, infine, dice che i vincoli ambientali non sono necessariamente dei limiti, ma possono diventare fattori di innovazione e di sviluppo (sì, sviluppo non solo crescita) sostenibile sia da un punto di vista sociale che ecologico. Cerchiamo di applicare la teoria punto per punto al caso Ilva, agganciando il nostro ragionamento a fatti empirici verificabili. 1) L’analisi scientifica dei dati ci …