I condoni, di Roberto Petrini
La strizzatina d’occhio c’era stata nell’estate del 2011, quando il governo Berlusconi ancora in carica cominciava a navigare nella tempesta della crisi finanziaria che avrebbe portato il paese sull’orlo del baratro. Un manipolo di quaranta deputati guidati dall’azzurro Amedeo Laboccetta firmò una lettera a favore di un condono fiscale tombale. In autunno Fabrizio Cicchitto, capogruppo del Pdl alla Camera disse che si doveva discutere dell’argomento «senza tabù». Arrivò anche Scilipoti che affermò senza pudore: «Milioni di italiani ci chiedono il condono ». Il governo cadde nelle settimane successive e non se ne fece nulla ma il meccanismo che si era messo in moto era assai simile a quello del dicembre del 2001 quando, durante la discussione della Finanziaria, l’azzurro Gianfranco Conte lanciò l’idea del «condono di Natale»: in prima battuta l’operazione fu bloccata ma sei mesi dopo le truppe d’assalto, da Daniela Santanché allo stesso Cicchitto, tornarono a chiedere a viva voce la sanatoria, che Berlusconi annunciò a settembre, a Bari, alla Fiera del Levante. Fu una carneficina: forse il più grande condono della storia …