Tutti gli articoli relativi a: economia

"Atti sediziosi", di Massimo Giannini

Il conflitto istituzionale che sta dilaniando la Bce non ha precedenti. Non era forse mai capitato che il rappresentante di una singola banca centrale sparasse contro il “quartier generale”. L’accusa che il rappresentante della Bundesbank Jens Weidmann rivolge al presidente dell’Eurotower Draghi ricorda quella che Guido Carli usò ironicamente contro se stesso negli anni ’70, chiedendosi se la Banca d’Italia dovesse cedere alle pressioni della politica, e creare base monetaria per sostenere la finanza pubblica: «atti sediziosi ». La Bundesbank è un’istituzione prestigiosa. Nella tormentata storia della democrazia tedesca ha sempre svolto un ruolo fondamentale, per la rigorosa custodia dell’ortodossia monetaria: la banca centrale ha solo un obiettivo, il controllo dei prezzi e della base monetaria. Ogni altro compito spetta ai governi. La Bundesbank è anche un’istituzione preziosa: nella tormentata storia della costruzione europea ha sempre svolto una funzione cruciale, a difesa dell’autonomia della politica monetaria dalla politica politicante. Spesso la sua acribia ha rasentato la miopia. È accaduto negli Anni Novanta, quando la «Buba» era diventata la bestia nera del Club Med che arrancava …

"Più stato nel mercato? A condizioni diverse dal passato", di Emilio Barucci

Serve «più Stato nel mercato» per uscire dalla crisi economica come titolava l’Unità qualche giorno fa? Proviamo ad affrontare la questione in modo concreto senza cadere nell’indeterminatezza. Altrimenti si rischia di trasformare un punto programmatico qualificante di una sinistra di governo in un auspicio che è buono solo per la campagna elettorale. Dopo anni in cui si è sostenuto che un dimagrimento del pubblico sarebbe stato un bene di per sé, sarebbe assurdo non riconoscere che si esce dalla crisi anche ridiscutendo il confine tra Stato e mercato. Andiamo per ordine. In primo luogo, siamo davvero sicuri che la crisi segni la fine del liberismo? Ammesso che si possa parlare di pensiero unico liberista, è difficile credere che la parte meno ideologica del suo messaggio non sia più attuale. La crisi porterà a ripensare la regolazione del sistema finanziario ma non si tornerà indietro dalla liberalizzazione dei mercati e dalla concorrenza come cardine del funzionamento dell’economia, anche l’intervento del pubblico alle stesse condizioni del privato non sembra essere in discussione. Sulle privatizzazioni in Italia, occorre …

"Il deficit di democrazia fa danni come il debito", di Guido Rossi

Il debito pubblico, in questo momento storico, coinvolge in tutti i Paesi occidentali il problema della “democrazia”. Ai cittadini sconcertati e impauriti dalle continue e contraddittorie dichiarazioni e decisioni sul debito pubblico, sull’influenza che quello degli altri Paesi può avere sul nostro, sui comportamenti altalenanti dei mercati, si pone drammaticamente ora un problema ancor più grave e finora sottovalutato. Ovvero se debbano essere ridiscussi completamente la democrazia come sistema e i diritti dei cittadini, le loro disuguaglianze, le caratteristiche della società in cui sono destinati a vivere. Il debito pubblico è invece un problema che riguarda soprattutto i suoi creditori, i cui interessi molto spesso, e in questo frangente quasi mai, non coincidono con quelli dei cittadini. L’equilibrio tra debito e democrazia è peraltro assai difficilmente raggiungibile. Ed è per questa ragione che quando il mercato del debito diventa despota quell’equilibrio viene infranto, a tutto danno della stragrande maggioranza dei cittadini, ed a vantaggio di quell’uno o poco più per cento che “si mangia” quasi tutta la ricchezza nazionale. Il sistema democratico non è quasi …

"Qual è l’agenda Monti?", di Claudio Sardo

Non mancano buoni propositi nel documento «Obiettivo crescita», sfornato l’altra sera dal consiglio dei ministri, al termine di una lunga seduta apparsa ad alcuni più simile a un seminario di studi che non a un vera riunione deliberativa. Sicuramente il migliore dei propositi è porre in cima alle priorità del Paese il tema del sostegno a un nuovo sviluppo. Quella italiana è drammaticamente l’economia con le prestazioni peggiori dell’ultimo decennio in tutto l’Occidente. Le conseguenze sociali della crisi allargano sempre più l’area della povertà. E colpiscono i ceti medi, persino alcuni dei settori più dinamici dell’impresa, consumando così opportunità di futuro. Nessuna politica anticiclica è stata fin qui messa in campo nella lunga recessione seguita al tracollo finanziario del 2007. Occorre dunque agire. Cambiare la rotta. E occorre farlo subito. Nessuna emergenza sul fronte dello spread può ormai legittimare rinvii o politiche dei due tempi: l’emergenza dell’economia reale e quella sociale vanno affrontate con una determinazione che finora è mancata. Altrimenti crolleranno i presupposti per reagire domani a qualunque spread, e forse anche a difendere …

“L’intervento dello Stato per il bene comune” di Laura Pennacchi

Il rilancio della riflessione su un nuovo intervento pubblico in economia è di portata enorme: Esso va collocato dentro quella «strong battle» tra settore pubblico e privato riproposta dalla crisi globale, lungo il cui asse torna a scorrere una forte discriminante destra-sinistra. Chi aveva sostenuto che stato-mercato fosse divenuto un dilemma irrilevante ha materia per ricredersi. Il paradosso da spiegare, semmai, è un altro: l’intervento pubblico è stato invocato quando si trattava di salvare banche e intermediari finanziari (trasformando immensi debiti privati in immensi debiti pubblici) e ora che bisognerebbe sostenere i redditi dei lavoratori, rilanciare la «piena e buona occupazione», dare vita a un nuovo modello di sviluppo, se ne pratica un drastico ridimensionamento sotto forma di tagli vertiginosi alla spesa pubblica. L’austerità ha anche questa faccia: ripropone il motto «meno regole, meno Stato, più mercato» con cui il trentennio neoliberista ha incubato la crisi economico-finanziaria più grave dopo il 1929 e alimentato la pulsione verso lo «starving the beast» («affamare la bestia», e la bestia sono gli Stati e i governi). Eppure la …

"La fiera dei tesoretti inesistenti", di Tito Boeri

Speriamo che il seminario di ieri e forse ancora di più il ritorno dello spread in prossimità dei 450 punti base abbiano riportato alcuni ministri e viceministri coi piedi per terra. L’obiettivo della riunione era quello di app rofondire provvedimenti attuabili fin da subito a favore della crescita, dopo che una riunione a questo consacrata a inizio agosto era stata rinviata per l’impreparazione di alcuni ministri. Ma l’impressione che si era avuta negli ultimi giorni è che, anziché approfittare della pausa estiva per studiare a fondo i dossier, il governo tecnico si fosse trasformato in un governo preelettorale, in grado a parole di moltiplicare i pani e i pesci e, nei fatti, varare un “deraglia- Italia” che avrebbe vanificato i sacrifici fatti in questi mesi per salvare il nostro paese. Dapprima era stata annunciata una defiscalizzazione dell’Iva sulle nuove grandi opere finanziate dai privati, che si sarebbe come d’incanto finanziata da sola, col reddito generato attraverso la realizzazione di questi progetti infrastrutturali. Se fosse vero che questi sgravi si autofinanziano, nel senso che generano entrate …

"Dalla siderurgia alla chimica la nuova mappa della crisi", di Luciano Costantini

Mario Monti vede la luce in fondo al tunnel, il sindacato neppure uno spiraglio. La Cgil pronostica un «autunno caldissimo». Insomma, sensazioni. Perché i dati oggettivi non sono certo incoraggianti: in tre anni la crisi ha bruciato 450.000 posti di lavoro e altri 500.000 rischiano di essere cancellati nei prossimi mesi. Dal 2009 oltre 30.000 imprese hanno dovuto chiudere i cancelli, al ministero dello Sviluppo sono aperte attualmente 131 vertenze (erano 109 lo scorso gennaio) che vengono discusse con maggiore frequenza perché rappresentano le situazioni più acute. Sono interessati 163.000 dipendenti. Ma in effetti le aziende in crescenti difficoltà sono oltre trecento, i lavoratori coinvolti più di 450.000 con grandi possibilità di arrivare al mezzo milione. Così la cassa integrazione che oggi copre 500.000 persone potrebbe trasformarsi in una perdita secca di altrettanti posti di lavoro. Un rapido conto: in poco meno di quattro anni – dal 2009 a fine 2012 – il Paese potrebbe conteggiare quasi un milione di disoccupati in più, tra dipendenti espulsi dalle fabbriche, dalle attività commerciali, dagli uffici. Ballano 10.000 …