Tutti gli articoli relativi a: economia

“Segnali di crescita ma lo sviluppo va sostenuto” di Alberto Quadrio Curzio

Le buone notizie congiunturali-previsive sull’inversione di tendenza della decrescita europea vanno prese con soddisfazione ma anche con cautela e vanno sempre collocate nelle prospettive e nelle valutazioni strutturali di medio-lungo termine. Anche perché, come vedremo, spesso non ci troviamo di fronte ad un passaggio alla crescita ma solo ad un rallentamento della decrescita. Per questo, per noi, è tuttora difficile pensare che la grande crisi che la Uem sta vivendo dal 2008, anche a causa di politiche economiche sbagliate, si stia risolvendo da sola. Non vorremmo che qualcuno tragga dai sintomi la conclusione che le politiche del rigore fiscale, non controbilanciate da investimenti europei in partenariato pubblico-privato (su cui ci sono progetti importanti elaborati dalla Commissione europea), siano state e siano la ricetta giusta. A meno che ci si accontenti di una crescita di lungo periodo del Pil sotto l’1% annuo e con una disoccupazione al 10%, associata ad un crollo nel tasso di attività che andrebbe ad incidere pesantemente sui bilanci pubblici. Consideriamo tuttavia le odierne, buone, notizie sull’economia reale e sul credito. Un …

“Nel 2013 il sistema-Italia perderà 250mila posti”, di Rosaria Talarico

Meglio l’agricoltura. È l’unico settore nel quale cresce l’occupazione dei giovani, con un aumento record del 9% nelle assunzioni di under 35. Per il resto nel 2013 si sono persi 250 mila posti di lavoro. Le 750 mila assunzioni complessive previste dalle imprese dell’industria e dei servizi non compenseranno quasi un milione di uscite (tra pensionamenti, licenziamenti e cessazioni) messo a bilancio. Si arriva così al saldo negativo rilevato dal sistema Excelsior di Unioncamere e ministero del Lavoro. La perdita occupazionale si è fatta sentire soprattutto nei settori e nei territori più legati al mercato interno, ovvero il Mezzogiorno (da cui è atteso il 35% del saldo negativo complessivo), le imprese con meno di dieci dipendenti (che prevedono di ridurre la propria forza lavoro di 142.600 unità), le costruzioni (-59mila il saldo), il commercio al dettaglio (-24.500) e il comparto turistico (-25.600). In controtendenza l’agricoltura che incrementa l’occupazione nonostante i danni alle coltivazioni provocati dal maltempo e il calo dei consumi a tavola. La crescita di opportunità nel settore è dimostrata anche dal boom del …

Visco: “Ripresa a ottobre ma serve stabilità politica”, di Tonia Mastrobuoni

Sulla credibilità delle agenzie di rating aveva già avuto modo di esprimere i suoi dubbi, ma il messaggio di fondo emerso dall’ultimo declassamento dell’Italia, ritenuto comunque «ingiustificato, se guardiamo ai fondamentali», quello di Standard&Poor’s, è difficile da smentire. Così, nonostante il Financial stability board stia cercando, come è emerso anche al G20 di Mosca che si è appena concluso, dei modi per rendere più indipendenti aziende, banche e Paesi dal giudizio delle «tre sorelle», Ignazio Visco ha detto molto chiaramente che il problema annoso dell’Italia resta la sua fragilità politica. «Il nostro Paese – ha detto in una conferenza stampa congiunta con Fabrizio Saccomanni – è in una fase critica: c’è un problema di stabilità, anche istituzionale e politica, che incide sulla capacità di cogliere le opportunità della ripresa». Il governatore della Banca d’Italia ha espresso la previsione di un ritorno al segno positivo nel quarto trimestre, ma si è detto preoccupato delle turbolenze politiche che caratterizzano perennemente il nostro Paese. Non solo, dunque, da quando è scoppiato il caso kazako o da quando è …

“Ventimila imprese per spingere l’export. Il piano del governo”, di Daniele Taino

Se vuole uscire dalla lunga stagnazione dell’economia, diventata poi recessione, l’Italia dovrà smettere di concentrarsi sul proprio ombelico, dovrà alzare lo sguardo e puntare ai mercati esteri. Il governo Letta ne sembra convinto. In realtà, a parole lo sono tutti: l’esecutivo, però, ha individuato alcune tendenze internazionali che le imprese del Paese possono potenzialmente cavalcare e si sta dando un programma per spingerle a farlo. Una volta tanto con obiettivi misurabili. Le esportazioni, per dire, nel 2012 hanno raggiunto un valore di 474 miliardi, il 30% del Prodotto interno lordo (Pil); entro il 2015, dovranno arrivare a 545 miliardi, il 33% del Pil. Altro esempio: in Italia, ci sono almeno 73 mila aziende (stima Unioncamere) che hanno la possibilità di esportare le loro merci e i loro servizi ma lo fanno solo saltuariamente: Carlo Calenda, viceministro allo Sviluppo economico incaricato dei problemi dell’internazionalizzazione, dice che l’obiettivo del governo è trasformare 20 mila di queste in «aziende stabilmente esportatrici». Il piano di spinta all’internazionalizzazione è stato messo a punto e approvato da una «Cabina di regia» …

“Un patto tra produttori per il diritto alla salute”, di Giovanni Valentini

Ambiente e salute, da una parte; lavoro e profitto, dall’altra. Non sono, o non dovrebbero essere, valori contrapposti, alternativi, antagonisti. In una moderna democrazia economica e industriale, occorrerebbe anzi una “santa alleanza” fra imprenditori e operai per conciliare la difesa dell’ambiente e della salute con la tutela del lavoro e quindi di un legittimo profitto. Ma purtroppo da Torino a Porto Marghera fino a Taranto, passando per la pianura padana, spesso la realtà non corrisponde a questa visione dell’interesse generale. Fabbriche che inquinano l’aria e l’acqua; diffondono sul territorio amianto, benzopirene, diossine e polveri sottili; minacciano sia l’ambiente sia la salute dei lavoratori e dei cittadini, realizzando così un arricchimento illecito con le risorse sottratte alle normative sulla sicurezza e agli obblighi di legge. E la stretta della crisi economica non favorisce evidentemente un’assunzione di responsabilità che comporta oneri e costi, spingendo le imprese verso più agevoli e convenienti delocalizzazioni all’estero. Per cercare di contrastare questa pericolosa deriva nazionale, è sceso in campo nei giorni scorsi il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, leader di …

“I tanti controllori del Caso Ligresti che non hanno visto”, di Sergio Rizzo

Nella storia dei grandi crac finanziari all’italiana c’è una costante: i controllori che non controllano. O lo fanno male. Raramente per scarsa professionalità o carenza d’impegno. Più di frequente, invece, a causa dell’assenza di una caratteristica imprescindibile per chi veste i panni di sceriffo dei mercati: l’indipendenza. Se troverà conferma ulteriore nelle indagini della magistratura, la storia rivelata l’altro ieri sul Corriere da Luigi Ferrarella ne è la prova provata. Un testimone ha raccontato come per anni i controlli sulla Fonsai da parte dell’Isvap, che avrebbero forse potuto evitare il peggio a tanti risparmiatori, abbiano latitato. Il prezzo? La promessa della nomina a componente dell’Antitrust per il presidente dell’Isvap Giancarlo Giannini, caldeggiata da Ligresti in persona presso il premier dell’epoca, Silvio Berlusconi. Le entrature politiche di Ligresti e le sue relazioni con quel mondo che ha Berlusconi come punto di riferimento sono arcinote. È stata ricordata la sua amicizia con Bettino Craxi, faro del Cavaliere negli anni ruggenti, cementata dagli innumerevoli incarichi del suo plenipotenziario nelle partecipazioni statali Massimo Pini in tante aziende del gruppo …

“Se le aziende diventano prede”, di Patrizio Bianchi

La vendita di Loro Piana alla multinazionale del lusso Lvmh ha coinciso con l’ulteriore declassamento da parte di Standard and Poor’s del debito pubblico italiano. L’acquisto è testimonianza del complesso riordino delle attività produttive. Si tratta di un riordino che si sta realizzando in Europa a dodici anni dall’entrata dell’Euro e a quindici anni di avvio di quel fenomeno di globalizzazione che ha ridisegnato la mappa dei vantaggi competitivi a livello mondiale. I nostri punti di forza sono dati da circa 5000 medie imprese famigliari, che hanno affrontato la nuova fase specializzandosi sempre di più in beni di consumo di alta qualità e in beni di investimento sempre più personalizzati per clienti, che sono a loro volta imprese, che si muovono a livello globale. Le imprese, che hanno seguito coerentemente la via del riposizionamento sui nuovi mercati globali, hanno progressivamente aumentato la loro quota di produzione all’estero e progressivamente si sono integrate a li- vello mondiale in circuiti di mercato in cre- scita. Ad esempio i nostri produttori di mac- chine per il packaging dei …