Tutti gli articoli relativi a: economia

“Il premier: ora misure per le imprese. Varrà la pena di investire in Italia”, di M. Antonietta Calabrò

Letta annuncia il decreto «Fare 2». «L’Europa non può essere solo sacrifici». «Dobbiamo, prima di tutto, avere maggiore fiducia in noi stessi. Uscire da quella cappa di sottovalutazione, autolesionismo, che troppo spesso ci toglie ossigeno. Dimostrare all’Europa e al mondo che non c’è più bisogno che ci si dica di fare i “compiti a casa”. I sacrifici li abbiamo fatti e li stiamo facendo non perché ci sia qualcuno ad imporceli, ma perché siamo un Paese adulto che vuole ricominciare a costruire il futuro dei propri figli. L’Italia può farcela: questo è il messaggio». Intervistato dal Sussidiario.net, il premier Enrico Letta anticipa le linee guida dell’intervento che pronuncerà domani per l’apertura del Meeting di Rimini. Dopo una pausa estiva-lampo, 5 giorni con figli e famiglia a Pisa, la prima uscita pubblica di Letta sarà al dibattito su «Un’Europa unita, dall’Atlantico agli Urali» che inaugurerà il tradizionale appuntamento di Comunione e Liberazione. Discorso incentrato sull’inevitabilità del nostro ruolo in Europa, ma in un Europa che «sia veramente l’Europa dei popoli» e «non del rigore e basta». …

“A fine anno 3,5 milioni di disoccupati”, di Massimo Franchi

I segnali di ripresa ci sono, ma non sul fronte occupazione. Anzi. A fine anno, secondo la Cna, sarà sfondata la quota di 3,5 milioni di disoccupati con un aumento di ben 400mi1a posti di lavoro in meno rispetto agli ultimi dati di giugno. La confederazione dell’artigianato e della piccola e media impresa dunque non vede la ormai celeberrima «luce in fondo al tunnel». Il suo Centro studi, elaborando i dati sulle richieste di ore di cassa integrazione, parla apertamente di «allarme rosso» perché l’Italia ha raggiunto il picco più basso nel numero degli occupati: i 22,5 milioni circa di fine giugno sono il valore più basso del nuovo secolo con una emorragia di ben 407mi1a unità rispetto allo stesso periodo del 2012, che equivalgono all’1,8% in meno. ALLARME CNA Situazione difficile specie per i settori dell’industria e delle costruzioni. Sono loro ad aver «sofferto la crisi degli ultimi cinque anni», ma «risultano anche in questa fase i settori più esposti al rischio di ulteriori emorragie occupazionali, presentando entrambi incrementi consistenti delle ore autorizzate (+6,4% …

“Crisi dimenticate: da Nord a Sud persi 180mila posti”, di Massimo Franchi

Se proprio il settore industriale pare trainare la ripresina italiana, l’elenco infinito di aziende in crisi dice tutt’altro. A fianco dei casi che fanno notizia (Indesit, Acciaierie di Terni, Alcoa e Fiat) ci sono tantissime crisi che passano inosservate, ma sono quelle che più colpiscono sul territorio, quelle che, sommate una all’altra, formano i numeri della crisi. Secondo la Filctem Cgil dal 2008 tra licenziamenti, mobilità, cassa integrazioni e processi di ristrutturazione, i lavoratori coinvolti nei settori chimici, tessili, energia e farmaceutico (tutto il comparto industriale tranne il metalmeccanico) ha già coinvolto più di 180mila lavoratori. Una cifra in costante aumento. Perché la crisi continua a colpire e la luce in fondo al tunnel i lavoratori non la vedono per niente. DESERTIFICAZIONE INDUSTRIALE Ecco dunque una mappa della crisi invisibile, un Giro d’Italia nei territori più colpiti dalla de-industrializzazione. Si parte da Marghera, un tempo la Mecca della chimica italiana. Accanto agli operai della Vinyls, che se all’Asinara hanno occupato l’isola dei cassintegrati a Marghera sono saliti sul campanile e sulle torce spente del petrolchimico, …

Intervista a Carlo Padoan «I mercati iniziano a crederci», di Bianca Di Giovanni

I segnali ci sono, gli indici cominciano a cambiare di segno, le aspettative sembrano più rosee. Eppure nessuno sa veramente se il ciclo è a una svolta o meno. «Quello che ancora non si vede sono gli investimenti delle imprese», spiega Pier Carlo Padoan vicesegretario generale dell’Ocse. Insomma, siamo su un crinale che potrebbe condurre ad esiti imprevedibili. Tutta l’Europa condivide questa incertezza, perché soffre ancora di problemi strutturali profondi. Intanto in Italia si dibatte sull’Imu. «La questione delle tasse va affrontata in un quadro complessivo: non si risolve con un unico tributo», avverte Padoan. Professore, dopo i dati diffusi da Eurostat si può parlare di ripresa in Europa? «La questione è che ci sono vari indicatori che messi assieme indicano un punto di svolta, e che nei prossimi mesi il Pil in Europa avrà un segno positivo. La domanda è: si tratta di una vera inversione del ciclo?». E come risponde a questa domanda? «Per rispondere bisogna chiedersi da dove sta venendo questa ripresa. I segnali positivi sono sostenuti soprattutto dalla crescita delle esportazioni, …

“Dalla ripresina possono uscire due Italie”, di Carlo Buttaroni

I primi segni di crescita vanno governati da una politica forte, per frenare le differenze. La svolta potrebbe allargare la forbice tra il Nord industriale e innovativo e il Sud, bloccato da investimenti insufficienti Mentre la crisi politica è tornata ad avvitarsi su se stessa, sul fronte economico si è registrata una piccola schiarita, confermando le stime preliminari che avevano previsto un lieve miglioramento dal secondo trimestre di quest’anno. È troppo presto per dire che siamo fuori dal tunnel, perché sono migliorati soltanto alcuni indicatori e, nel complesso, il sistema economico del Paese continua a mostrare segni di grande difficoltà e ampie aree di disagio. Se non si può affermare che il peggio sia ormai alle spalle, è certo, invece, che bisognerebbe cogliere quest’opportunità senza incertezze, mettendo in campo politiche economiche che facciano leva proprio sul miglioramento di taluni parametri. Ma per farlo occorre un sistema politico forte, in grado di sostenere un’azione di governo incisiva, soprattutto agendo sugli elementi di maggiore fragilità del nostro sistema economico. Debolezze che rischiano, in un quadro più generale, …

“Imprese più grandi e ricerca Così l’Italia tornerà a crescere”, di Enrico Moretti *

Occorre un nuovo modello economico: il nanismo delle nostre aziende frena gli investimenti in innovazione e impedisce la creazione di posti di lavoro Da ormai un paio d’anni, il dibattito in Italia è incentrato su occupazione e crescita economica. Sia a destra che a sinistra ci si interroga con urgenza crescente su come uscire dalla crisi. L’errore di fondo che accomuna gran parte degli interventi in questo dibattito è pensare all’Italia come ad un malato con una malattia sì acuta, ma passeggera. Si crede che l’Italia stia soffrendo un problema ciclico di breve periodo, indotto in buona parte dalla recessione mondiale degli ultimi anni. Pensare ai problemi dell’Italia come legati ad un problema transitorio legato alla recessione è un errore grave, perché spinge il governo e le forze politiche a pensare alla politica economica in termini di stimolo di breve periodo: interventi piccoli, disegnati per ridare fiato all’economia per sei mesi o un anno. La realtà è purtroppo molto più grave: i problemi economici italiani sono strutturali e stanno decimando le capacità economiche del paese …

“Dove guarda l’Europa”; di Giorgio Ruffolo e Stefano Sylos Labini

Con la globalizzazione sono apparse sulla scena mondiale nuove potenze economiche che stanno registrando tassi di crescita impressionanti: Cina, India, Brasile; e la Russia che è dotata di immense riserve energetiche. L’ascesa di questi paesi sta cambiando gli equilibri di potere poiché si sta accentuando il declino relativo delle economie ricche dei paesi occidentali segnate da una popolazione sempre più anziana e dalla minore possibilità di conseguire una crescita quantitativa paragonabile a quella dei paesi emergenti. In questo scenario l’Europa si presenta disunita e afflitta da lotte intestine: i paesi “virtuosi” del Nord con in testa la Germania, lungi da impegnarsi nel sostegno delle economie del Sud in crisi, con l’effettuazione di politiche di risanamento dei bilanci pubblici ne stanno aggravando le difficoltà. Eppure sarebbe quanto mai necessario avere un’Europa unita e solidale al suo interno, non solo per promuovere il miglioramento delle condizioni delle fasce sociali più deboli, ma anche per poter svolgere un ruolo propulsivo sullo scenario globale. Un’Europa che miri ad aumentare il benessere delle popolazioni costituisce l’unica strada per scongiurare l’ascesa …