Tutti gli articoli relativi a: economia

“Donne e lavoro per la crescita”, Silvia Bernardi

Ismey ha 35 anni, si è diplomata alla scuola internazionale di recitazione, guadagna 26mila euro all’anno come impiegata commerciale in un ufficio di Reykjavík dove l’affitto di una casa costa 700 euro al mese. Il suo Paese è al primo posto nella classifica del Global gender gap (differenza di genere) pubblicata dal World economic forum che confronta ruoli e stipendi maschili e femminili in 135 Paesi. In Islanda, negli ultimi cinquant’anni, ci sono state diciannove donne a capo del governo, con una percentuale di quote rosa in Parlamento del 40%; un ministero su due ha una guida femminile, lavora l’81% delle donne che, tra i professionisti, sono la maggioranza. Maria ha 29 anni, fa la cameriera a Cuba (al 19° posto della classifica) dove non si paga l’affitto per la casa ma un litro di latte costa 2 euro. Guadagna 8 euro in pesos convertibili e altrettanti in pesos non convertibili. Sull’isola il 35% dell’Assemblea Nazionale è in rosa e le donne che lavorano sono più del 50 per cento. Scorrendo la classifica bisogna scendere …

“Se la grande industria diventa piccola”, di Maurizio Ricci

C’era una volta la grande industria. Oggi, il destino della Fiat rimane una scommessa. L’Ilva è piena asfissia. L’Alcoa se ne è andata. La Finmeccanica traballa. L’Indesit è mezza andata all’estero. L’Alitalia affonda. Auto, siderurgia, chimica, farmaceutica, elettronica sono tutti settori in cui, sul mercato mondiale, l’Italia occupa ormai una posizione marginale, relegata a primeggiare solo in alcune nicchie (come la Ferrari e le auto di superlusso). La ripresa, quando arriverà, sarà ancora fatta di industria e esportazioni, ma partirà da molto più in basso, dallo spolverìo di aziende medie, piccole e, soprattutto, piccolissime, che sono la struttura portante della nostra economia: la media degli addetti, nelle industrie italiane, è dieci. Chi ritiene che questo predominio delle microaziende sia una zavorra, che renderà la ripresa meno solida e robusta deve registrare che il “nanismo” delle aziende italiane non si sta riducendo, ma sta aumentando. Nella crisi, la grande impresa è affondata a velocità doppia, rispetto all’insieme delle industrie. L’economia che ripartirà rischia di aggirarla e lasciarla indietro, chiamando in causa il modello di sviluppo a …

“La paralisi che peggiora i conti”, di Francesco Guerrera

Tra Manzoni e Clooney, Cernobbio è il posto perfetto per raccontare tragedie e commedie dell’Europa di oggi. La splendida Villa d’Este si affaccia sul ramo del Lago di Como tanto caro all’autore dei Promessi Sposi ed è a pochi minuti in barca dalla villa della star di Hollywood (dall’acqua non si vede quasi niente: George ama la privacy). Ma questo weekend, l’aristocratica dimora che ospita il summit annuale dell’Ambrosetti House è il palcoscenico di lusso per uno show che sta toccando milioni di cittadini ed imprenditori europei. Lo si potrebbe chiamare: «OK, il prezzo non è giusto». Il prezzo è il costo della stasi politica ed istituzionale che sta attanagliando l’Unione Europea, facendo soffrire società ed individui, preoccupare gli investitori e innervosire partner commerciali come gli Usa. (C’è anche un’attrazione prettamente nazionale: il tormentone sul futuro del governo Letta). Alcuni dei grandi del pianeta riuniti a Cernobbio l’hanno buttata sull’ottimismo. Nelle sale cinquecentesche, politici e banchieri centrali hanno sfoderato un sorriso vincente alla Clooney e ricordato che un anno fa stavamo peggio, con l’euro sul …

“Per rilanciare gli investimenti”, di Silvano Andriani

L’Accordo definitivo a Genova fra COnfindustria e Sindacati rappresenta un evento eccezionale anche se non improvviso. Eccezionale non solo in quanto esplicita una convergenza che non riguarda un singolo aspetto della politica economica o del sistema contrattuale, ma l’intera visio- ne della fuoriuscita dalla crisi dell’Italia, ed anche perché realizza una sorta di concertazione dal basso in mancanza di una iniziativa del governo. Viene naturale confrontare questa realtà con l’unica esperienza di programmazione concertata tentata all’inizio degli anni Sessanta in Italia e la differenza salta agli occhi. Allora l’iniziativa di convocare le parti sociali fu del governo e quell’esperienza fu preceduta – basta ricordare il «Piano del lavoro» della Cgil ed il «Piano Vanoni» – ed accompagnata da un intenso ed elevato dibattito che coinvolse l’intero mondo politico: la relazione di Aldo Moro al congresso di Napoli della Dc, la nota aggiuntiva al Bilancio dello Stato di Ugo La Malfa, le elaborazioni sulle riforme di struttura di Riccardo Lombardi per citare alcuni momenti salienti. Quell’iniziativa andò incontro alla sostanziale diffidenza della Confindustria rispetto all’idea stessa …

“Dove porta la rottura di Marchionne. Da fabbrica Italia a fabbriche ferme”, di Rinaldo Gianola

Anche nel 2013 la Nissan di Sunderland in Inghilterra, prima fabbrica «cacciavite» dei giapponesi in Europa, produrrà un numero di auto, oltre mezzo milione, probabilmente più elevato dell’intera produzione di tutti gli impianti Fiat in Italia. La nostra amata Mirafiori, la storica cattedrale dell’industria dell’auto italiana, nel 2012 ha prodotto meno di 50mila auto. I numeri del 2013 è meglio non conoscerli. È vero che Sergio Marchionne non vuole più sentir parlare del piano Fabbrica Italia, quello da venti miliardi di euro di investimenti in quattro anni rimasto solo un’illusione mediatici, però non si può proprio fare a meno di ricordare che secondo quel documento, tanto apprezzato dalla politica, dalle istituzioni, da una parte del sindacato, prima di essere negato dal manager, Mirafiori avrebbe dovuto produrre 300mila auto nel 2014. Invece alle Carrozzerie i 5500 dipendenti vedono la fine della cassa integrazione straordinaria a settembre e non sanno nulla, non hanno notizie di cosa succederà, di quando finalmente arriveranno le nuove produzioni promesse. TIMORI E INCERTEZZE SUL LAVORO La paura, l’incertezza del futuro dei lavoratori …

“Sindacati e imprese, quel patto che serve alla ripresa”, di Paolo Guerrieri

Il patto per la ripresa siglato alla Festa Democratica di Genova da sindacati e Confindustria costituisce una lista di priorità economiche davvero preziosa in vista dell’appuntamento decisivo di quest’autunno della legge di Stabilità. Allo stesso tempo, il fatto che sia stato presentato proprio alla Festa Democratica potrebbe offrire un’occasione unica per rimettere al centro del confronto precongressuale del Pd, ancora troppo concentrato su nomi e schieramenti, una serie di temi di fondamentale importanza per far uscire l’Italia dalla gravissima crisi in cui è tuttora immersa. Il documento delle parti sociali denota, innanzi tutto, una piena consapevolezza della fase per certi versi eccezionale che stiamo attraversando. È una crisi che ha assunto contorni addirittura più gravi di quella degli anni 30, proprio perché l’economia italiana è stata una delle più colpite in Europa e il suo stato di salute era già debole prima della crisi. Altrettanto condivisibile è l’enfasi posta nel documento sulla necessità di tornare a crescere per il nostro Paese, visto come una sorta di imperativo categorico, non solo per smaltire l’elevato stock di …

“La solitudine dell’Italia: unico paese in recessione”, di Laura Matteucci

L’Ocse gela le attese di ripresa e incorona l’Italia maglia nera tra i Paesi ad economia avanzata. Nel G7 è l’unico Paese ancora in recessione, e le stime aggiornate indicano un Pil 2013 in flessione dell’1,8%. Con contrazioni finali nel quarto trimestre dello 0,3% e nel terzo dello 0,4%. Decisamente meglio gli altri Paesi europei, con la Francia che registrerà a fine anno una crescita dello 0,3% (+1,4% nel terzo trimestre, +1,6% nel quarto), la Germania dello 0,7% (+2,3% e +2,4%), la Gran Bretagna dell’1,5% (+3,7% e +3,2%). Mentre oltreoceano, gli Stati Uniti arriveranno a +1,7%, come frutto di notevoli accelerazioni finali (+2,5% e +2,7%). Per l’Organizzazione economica parigina la situazione italiana è comunque in pur lieve miglioramento: «Gli indicatori suggeriscono che l’Italia sta uscendo, lentamente ma sta uscendo, dalla recessione in cui era caduta», dice il vicecapo economista dell’Ocse, Jorgen Elmeskov. In questo scenario però, aggiunge, «ci sono una serie di cose che potrebbero succedere » e di cui non si può rendere conto nelle cifre, come «il rischio politico» legato all’attuale instabilità e …