Tutti gli articoli relativi a: economia

“Puntate sugli estremi o innovatori o vestali”, di Walter Passerini

Morte e mutazione del lavoratore intermedio. Il futuro non lascia scampo ai general-generici, ai tuttofare, ai travet, ai di tutto un po’. Il mercato del lavoro si sta reggendo su una irresistibile polarizzazione: al vertice della piramide le professioni eccellenti, i progettisti, i decisori, gli innovatori; alla base, gli esecutivi, gli accuditivi, le ancelle dei lavori di cura, di assistenza, di ordinaria manutenzione, di pulizia, che molti non vorranno più fare. Così nell’arco di un decennio, la piramide del lavoro si trasforma sempre di più in una clessidra, dentro la quale dovremo decidere dove stare. Nella parte superiore si noteranno esclusivamente white collar e abili prestigiatori delle nuove tecnologie. Troveremo architetti digitali, bioingegneri, terapisti di nanotecnologie, analisti simbolici, broker del tempo, ingegneri delle informazioni, detective delle catastrofi. In un mondo sempre meno prevedibile, sono già all’opera i costruttori di algoritmi e i disaster manager. Nella complessità crescente troveranno spazio gli specialisti di chaos management e di shock economy. Nelle professioni aziendali gli ottimizzatori e i consolidatori lasceranno il posto agli innovatori e ai team leader. …

“Rispettare l’Italia”, di Roberto Napoletano

Siamo i primi al mondo nel tessile, nell’abbigliamento, nei prodotti in cuoio e nell’occhialeria. Siamo i secondi al mondo nell’automazione-meccanica (macchine industriali, per gli imballaggi e di precisione), nei manufatti di base (ceramiche, metalli, prodotti in metallo e per l’edilizia) e nei manufatti diversi (articoli di plastica, design-arredo, mobile, attrezzature per la casa). Siamo i sesti al mondo negli alimentari trasformati e custodiamo una serie di leadership sui prodotti di qualità della cosiddetta Altagamma. L’auto italiana ha vinto la sfida dell’internazionalizzazione, conserva primati nella fascia sportiva, soffre duramente sul mercato interno. Non siamo più solo nella siderurgia di base che vive da tempo giorni tormentati, primeggiamo negli acciai speciali e ad alto contenuto hi-tech. Non abbiamo più l’informatica ma competiamo nel mondo con i codici a barre bolognesi e una galassia di piccole stelle della provincia italiana di primaria grandezza tecnologica. Non abbiamo più la chimica di base ma tanti primati nella chimica di specialità e nella farmaceutica di qualità. Diciamo la nostra come costruttori di navi da crociera e nella tecnologia per l’aerospazio e …

“Microimprese. Una grande spia della crisi italiana “, di Carlo Buttaroni

In Italia, le microimprese, cioè quelle con meno di 10 dipendenti, rappresentano il 95,1% delle imprese attive. Se si considerano anche quelle fino a 15 dipendenti, la quota sale al 97,4%. Una galassia d’imprese con, mediamente, 2 ad- detti e che rappresenta il 60% del mercato del lavoro italiano e la quasi totalità del tessuto imprenditoriale. La retribuzione lorda di un dipendente di una microimpresa è meno di 18 mila euro, mentre quello di una grande impresa è di circa 30 mila euro l’anno. Il costo del lavoro a carico dell’azienda è poco meno di 25 mila euro nelle microimprese e poco più di 42 mila euro nelle grandi. Nonostante la grande differenza del costo del lavoro, il valore aggiunto per addetto è meno di 30 mila euro nelle microimprese e più di 71 mila euro in quelle grandi. Il valore aggiunto è l’incremento di valore che si ottiene nell’ambito della produzione. L’impresa, cioè, acquista una certa quantità di beni e servizi necessari a produrre altri beni e servizi e nel processo di trasformazione delle …

“America ok, ma soltanto per se stessa”, di Francesca Guerrera

Big Ben ha detto stop. Dubito che Ben Bernanke abbia mai visto Portobello, ma la frase ormai storica di Enzo Tortora descrive perfettamente il momento cruciale dell’economia americana. Da mercoledì pomeriggio, gli Usa devono ritornare a camminare con le proprie gambe perché Big Ben ha cominciato a togliere le stampelle della Federal Reserve. Ridurre lo stimolo che la Fed pompa nell’ economia americana ogni mese da 85 miliardi a 75 miliardi non sembra granché ma è in realtà una decisione storica. Il messaggio lanciato da Bernanke un mese prima di lasciare la banca centrale americana è chiaro: la ripresa è solida, i consumatori stanno ritornando in negozi e agenzie immobiliari, le aziende sono in buona salute, i mercati in grande spolvero. A cinque anni dalla crisi finanziaria più devastante del dopoguerra, la Fed incomincia a togliersi di mezzo, lasciando l’economia più capitalista del mondo e i liberi mercati a fare il loro mestiere. A dire la verità, Bernanke e i suoi hanno aggiunto una dose di zucchero alla pillola un po’ amara del taglio di …

“Chi spara sull’euro”, di Mario Pirani

È difficile interpretare in quale fase si trovi l’Italia. De Rita, nell’ultimo rapporto Censis, indica come la più grave fra le convinzioni che dominerebbero i flussi dell’opinione pubblica, la paura che il Paese si trovi sospeso sull’orlo del baratro: un improvviso ritiro dei sottoscrittori internazionali dalle aste del debito pubblico, difficoltà nei pagamenti degli stipendi e nei rapporti interbancari, accentuarsi incontrollato dei disordini politici potrebbero imprimere un precipitare agli inferi e la perdita del controllo politico e sociale. Nei momenti più bui lo sconforto e la sfiducia prevalgono, poi un dato ottimistico sulla diminuzione dello spread, sull’aumento delle esportazioni mani-fatturiere, su un passeggero miglioramento della Borsa spingono a dar fiducia alle voci governative secondo cui il peggio sarebbe superato. Ma troppi annunci salvifici ci hanno in precedenza vaccinato. Oggi si presenta, però, un fatto nuovo, la conquista clamorosa della direzione del Pd da parte di Matteo Renzi, i tre milioni di voti che l’hanno accompagnata con relative manifestazioni di entusiasmo — un evento ormai ben raro — il diffondersi di un ottimismo di sinistra, di …

“Il mio ideale? Crescita felice”, di Franco Bolelli

No, non si può mai smettere di crescere. Proprio mai. Perché quando una società, una cultura, un’azienda, una squadra, una relazione sentimentale, un essere umano, smette di crescere, inesorabilmente appassisce, deperisce, comincia a morire. E’̀ una legge biologica, non se ne esce. Provate a pensarci. Con un bambino, è tutta questione di crescita. Anche con le tecnologie, e con la scienza. Mettiamoci poi i progetti inventivi, dalla letteratura all’urbanistica e a tutto quello che ci sta in mezzo. E i linguaggi, e i paradigmi di pensiero. Consideriamo che anche una storia d’amore non può non lavorare sui propri margini di miglioramento se non vuole scivolare nel letale ingranaggio della routine. Alla fine, non c’è attività umana che può dirsi viva se non cresce. Tanto più adesso, che anche i confini dell’età anagrafica si sono irresistibilmente espansi, perché in questo nuovo mondo connesso e globale a qualunque età noi abbiamo la possibilità di entrare in contatto con conoscenze ed esperienze impensabili fino a pochi anni fa. Ecco perché la popolare idea di decrescita non riesco a …

“Dopo sei anni di crisi c’è un’Italia che va settanta innovatori pronti a fare squadra”, di Federico Fubini

n questa Italia decresciuta già più che nella Grande Depressione, è ancora possibile credere all’impresa e al successo: quello che crea lavoro, conoscenza, il senso di non essere tagliati fuori dal mondo. Incredibile a dirsi nel sesto anno di crisi, in Italia è ancora possibile credere che un imprenditore riesca a beneficiare gli altri beneficiando se stesso. Non è certo a priori che in tutto questo Moncler si confermerà. Il progetto c’è ma il titolo ieri senz’altro è stato sospinto al rialzo anche da riflessi speculativi e dalla quantità di denaro a rimasto a lungo nascosto e come paralizzato dai traumi recenti. Ma un domanda 30 volte l’offerta su Moncler contiene anche un messaggio più ampio: dopo una caduta del Pil del 9% in pochi anni, qualcosa di mai visto in tempo di pace, gli italiani credono ancora al fare impresa. Anche in aziende che partono (o ripartono) da zero o da un punto difficile. Un gruppo di professionisti italiani fra Londra e New York si messo in rete, si è dato un nome (“Action …