Tutti gli articoli relativi a: economia

"Cosa rende il paesaggio un paesaggio storico", di Francesco Erbani

L’agricoltura prende in consegna il paesaggio. O, almeno, una sua parte consistente. Muove infatti i primi passi l’Osservatorio del paesaggio rurale, un organismo del ministero per le Politiche agricole che intende censire e poi salvaguardare e, semmai, recuperare, quelle porzioni di territorio che, nonostante le modifiche, conservano una serie di caratteristiche storiche, sia per l’assetto (i terrazzamenti della Costiera amalfitana o del Chianti, per esempio), sia per le pratiche di coltura (dall’uso di concimi naturali al mantenimento di diverse produzioni). L’obiettivo è di costruire un registro dei paesaggi storici, ognuno dei quali sarà certificato: questo marchio accompagnerà i prodotti, che potranno contare sulle loro qualità e anche sul valore che a essi si aggiunge perché provenienti da quel determinato paesaggio. Un paesaggio, però, che non va stravolto. Bellezza e benessere, dunque. L’Osservatorio ha indetto una prima riunione un paio di settimane fa e per prima cosa sono stati definiti i criteri perché un paesaggio possa essere inserito nel registro. Criteri molto selettivi che coinvolgono Regioni e agricoltori. Con le Regioni, inoltre, è avviato un dibattito …

"Tasse e spesa pubblica, il coraggio di cambiare", di Giorgio Ruffolo e Stefano Sylos Labini

Da quando è scoppiata la crisi si è messa in moto una spirale perversa: il divario nella distribuzione del reddito è aumentato, i consumi non hanno fatto che diminuire, gli investimenti privati sono crollati, le fosche prospettive di crescita hanno spinto le banche a ridurre drasticamente i prestiti alle famiglie e alle imprese (60 miliardi di euro in meno nel 2013). La caduta delle vendite e dei finanziamenti bancari ha determinato il fallimento di decine di migliaia di piccole imprese e ha spinto le imprese più grandi a trasferire la produzione in paesi a bassi salari e minore pressione fiscale. Di conseguenza, l’attenzione si è concentrata sull’insostenibilità del prelievo fiscale, sebbene le tasse fossero già alte da anni. In questo quadro la ricetta che viene riproposta si basa sulla flessibilità del lavoro, sui tagli alla spesa pubblica e sulle privatizzazioni. Eppure un economista come Innocenzo Cipolletta, da sempre vicino agli ambienti industriali e finanziari, ha da poco pubblicato un libro dal titolo emblematico: “In Italia paghiamo troppe tasse? Falso!”. Secondo l’Eurostat, infatti, la spesa pubblica …

"Il rebus europeo che vale 3 miliardi", di Angelo De Mattia

Il primo grande scoglio in economia che il Governo di Matteo Renzi, se si costituirà, dovrà affrontare riguarda il riconoscimento, da parte della Commissione Ue, della causola di flessibilità per investimenti. Sarà anche la cartina di tornasole della solidità delle dichiarazioni rese nelle scorse settimane dal nominando premier sulle ipotesi, ritenute non irrealistiche, dello sforamento dei parametri del Patto europeo di stabilità e crescita. Il problema si pone perché la Commissione, nei giorni scorsi, ha fatto presente che, non essendo stati comunicati dall’Italia i dati sui risparmi di spesa, che rappresentano una condizione per l’ammissibilità del ricorso alla suddetta clausola, sono venute meno le possibilità per il suo riconoscimento, avviandosi Bruxelles, a partire dal prossimo 25 febbraio, a formulare le stime economiche per i paesi dell’Unione per il corrente anno. L’utilizzo della clausola varrebbe circa 3 miliardi, peraltro già previsti nel bilancio. Il Tesoro ha replicato alla presa di posizione della Com- missione, da un lato, preannunciando che i dati richiesti saranno comunque comunicati e, dall’altro, che la concreta attivazione della clausola in questione comporterà …

"Renzi studia come sforare il patto di stabilità si apre una nuova partita con Bruxelles", di Federico Fubini

Tra due settimane si saprà se l’Italia è riuscita in ciò su cui si era impegnata. Quando saranno pubblicati i dati sul deficit di bilancio, sarà chiaro anche se Matteo Renzi avrà preso il testimone da un governo che lo ha tolto d’imbarazzo, perché ha rotto il tabù. Benché di poco, il disavanzo potrebbe risultare sopra al 3% del Pil già nel 2013. Non è uno scenario scontato, e la Commissione europea potrebbe comunque mostrarsi tollerante di fronte a un superamento della soglia di appena lo 0,1%. Ma la partita non è chiusa: il fabbisogno di cassa dello Stato è molto elevato, oltre i 70 miliardi, e la ripresina di fine 2013 risulta più fiacca di come il governo l’avesse messa in conto. Matteo Renzi, premier in pectore, potrebbe sentirsene sollevato: se davvero il governo uscente avesse violato il 3%, non dovrà essere lui a portarne la responsabilità. Comunque vada – il dato sul 2013 resta sul filo – i margini per quest’anno si presentano già strettissimi. Il governo Letta prevedeva una crescita dell’1%, ma …

"L’emergenza lavoro non aspetta la politica", di Massimo Franchi

La crisi la pagano gli operai. Anche quella di governo. La staffetta Letta-Renzi ha avuto come prima conseguenza quella di bloccare la convocazione dei tavoli per le aziende in crisi al ministero dello Sviluppo economico. Il primo è stato quello su Termini Imerese di venerdì scorso, domani invece tocca a Electrolux. E nel giro di una settimana verranno rimandati Alcatel (telecomunicazioni, con il rischio licenziamenti molto reale), Lucchini e Thyssen (siderurgia), Ideal Standard (ceramica), tutto il settore del trasporto ferroviario, Unilever (alimentare), Ferretti (cantieristica), Micron (elettronica), Irisbus (bus). Insomma, buona parte dell’industria ita- liana ha vertenze aperte che aspettano risposte e soluzioni nel giro di giorni. E che invece saranno bloccate – se va bene – almeno per tre settimane, rischiando di saltare e di lasciare per strada decine di migliaia di operai e lavoratori. Dato per scontato un cambio della guardia al ministero dello Sviluppo economico – il più accreditato per sostituire Flavio Zanonato è l’ad di Luxottica Andrea Guerra che ieri ha incontrato Renzi – per fare una stima precisa dei tempi che …

"Torna la crescita, dopo due anni Moody’s migliora il giudizio sull’Italia", di Stefania Tamburello

Borsa ai massimi, Btp ai minimi: i mercati hanno salutato così, con palese entusiasmo, il cambio di governo. E in serata Moody’s ha promosso l’Italia migliorando da «negative» a «stabili» le aspettative (outlook) e confermando il rating sul debito al livello Baa2. Una valutazione, quest’ultima, conclusa il 10 febbraio e comunicata ieri, come da calendario. La nota dell’agenzia registra comunque le dimissioni di Enrico Letta e sottolinea che «le attese sulla designazione di Matteo Renzi alla guida del governo non cambiano le previsioni di Moody’s» sulla tenuta dei conti pubblici. Per il 2014 l’agenzia di rating stima un rapporto debito-Pil che tocca il picco appena sotto quota 135% nel suo scenario base, ed evidenzia la rafforzata capacità di fare fronte al debito pubblico grazie anche al miglioramento delle condizioni di mercato. Sempre ieri l’Istat ha annunciato la prima variazione positiva del Pil, Prodotto interno lordo, dopo 9 trimestri di calo. Il debito pubblico, poi, inusualmente non ha fatto emergere un nuovo record ma una, seppure piccola e stagionale, contrazione. Non c’è che dire il tragitto …

"Quel divario tra ricchezza e povertà che minaccia crescita e coesione sociale", di Alberto Martinelli

Secondo il rapporto Istat «Noi Italia, 100 statistiche per capire il Paese in cui viviamo» nel 2011 una famiglia italiana su quattro era in una situazione di «deprivazione»(ovvero aveva almeno tre dei nove indici di disagio economico come, per esempio, non poter sostenere spese impreviste, arretrati nei pagamenti o un pasto proteico ogni due giorni). Si tratta di un’ulteriore conferma di un problema generale di particolare gravità, quello della crescente disuguaglianza sia nelle diverse società nazionali, sia a livello dell’intero mondo. Per quanto riguarda il nostro Paese, anche l’analisi della Banca d’Italia sui bilanci delle famiglie nel 2012 mostra disuguaglianza in aumento: il 10% delle famiglie più ricche possiede il 46,6% della ricchezza netta (ovvero la somma delle attività reali, ossia immobili, aziende e oggetti di valore; e attività finanziarie, dunque depositi, titoli di Stato, azioni, eccetera), mentre l’indice Gini di concentrazione della ricchezza ha raggiunto il 64%, in aumento rispetto al 60,7% del 2008. Quanto alla situazione mondiale, basti citare il rapporto dell’Oxfam da poco discusso al World Economic Forum di Davos: lo 0,7% …