Tutti gli articoli relativi a: economia

"Lavoro, 140mila a rischio. L’economia resta al palo", di Giuseppe Caruso

La crisi non è finita. A confermare quello che la maggior parte degli italiani sente sulla propria pelle, dai salari al ribasso al lavoro che non c’è, arrivano una serie di dati che fotografano le difficoltà dell’Italia. UN’ECONOMIA FERMA Bankitalia ieri ha reso noto che il 2014 dovrebbe far segnare una crescita limitata del prodotto interno lordo allo 0,2%, in netto calo rispetto alle stime dell’Istat (+0,6%), che già peraltro abbassavano i dati previsti dal governo (0,8%).Acreare questa situazione concorrono diversi fattori, quali la produzione industriale che ristagna ed i miglioramenti ancora troppo timidi che arrivano dai consumi delle famiglie, dagli investimenti e dalle condizioni del credito. Un risultato deludente, se si pensa che la stessa Bankitalia, nel Bollettino di gennaio, aveva pronosticato una crescita dello 0,7%. I numeri diffusi ieri erano stati in qualche modo anticipati il giorno prima dalle parole dell’Economia, Pier Carlo Padoan: «Per la crescita purtroppo non esistono scorciatoie e la situazione resta molto critica. Prevediamo una crescita debole ed una disoccupazione ancora elevata per tutto il 2014». Secondo Bankitalia tuttavia …

"Finalmente attenzione all'economia reale", di Alberto Quadrio Curzio

L’avvio del ciclo istituzionale 2014-2019 della Ue è segnato da eventi di notevole portata. Si tratta dell’elezione del Presidente della Commissione Europea da parte del Parlamento Europeo in seguito ad un percorso di metodo e di merito ineccepibile che è anche una lezione per gli euroscettici e gli eurotecnocrati. Per i primi non c’è democrazia mentre per i secondi ce n’è quanto basta laddove gli eurorazionali possono rallegrarsi anche esaminando il programma del neo-eletto Jean-Claude Juncker (JCJ). Il metodo e il merito. Il metodo è stato ineccepibile perché JCJ era il candidato presidente scelto dal Ppe, poi confermato ad elezioni vinte e designato dal Consiglio Europeo, infine valutato in incontri dai partiti e dai gruppi del Parlamento europeo che lo ha poi conclusivamente eletto a scrutinio segreto. Nel merito fondamentale è il “programma per l’occupazione, la crescita, l’equità e il cambiamento democratico” presentato da JCJ al parlamento europeo. Sbaglia chi pensa che si tratti di troppe ambizioni con scarsa possibilità di realizzazione presentate per accontentare un po’ tutti. A noi pare invece che, considerata anche …

"Non è più rinviabile una politica industriale", di Patrizio Bianchi

La revizione al ribasso delle stime di crescita, cadute ormai ad un gracile 0,2 per cento e la crescente evidenza della continua emorragia di posti di lavoro, di cui l’XI Rapporto della Cisl su industria, mercato del lavoro, contrattazione rende drammatico conto, richiamano il governo alla urgenza di interventi di politica industriale, oggi tanto più necessari quanto più conclamati nei giorni passati. Il dato medio nazionale diviene sempre meno significativo, perché nasconde le differenze che stanno accrescendosi sempre più fra regione e regione e le distanze che si stanno accumulando fra chi cresce e chi continua ad affondare nella crisi. Il rapporto Cisl mette in evidenza come ad una caduta modesta delle aree forti del Nord corrisponde lo sprofondamento del Sud, con una desertificazione del sistema produttivo, che vede una riduzione della capacità produttiva nazionale del 15 per cento dall’inizio della crisi, ma quasi tutta concentrata nel Mezzogiorno. Le imprese che al Nord crescono , non solo esportano, ma sono sempre più parte di un sistema integrato di produzione che ha il suo cuore nella …

"Timidi segnali di ottimismo: forse il peggio della crisi è passato", di Paolo Natale

Anche se i dati reali del Pil non sono ancora rosei, la percezione della gente è cambiata in senso positivo e il clima di fiducia favorisce la ripresa. Per qualcuno dipenderà dall’approssimarsi del meritato riposo vacanziero, per qualcun altro da una sorta di “effetto Renzi”, per altri ancora il corollario di un effettivo miglioramento personale. Quali che siano le ragioni effettive, da qualche settimana in Italia sembra respirarsi un’aria nuova, un’aria non così disperata come accadeva fino a poco tempo fa, un’aria di possibile ripresa economica ed occupazionale. Certo, inutile sottolinearlo, gli indicatori oggettivi del Pil non sono ancora rosei, secondo Eurostat l’inversione di rotta sembra allontanarsi di nuovo, viene confermato il calo del manifatturiero europeo, dopo quello già affiorato nelle grandi economie mondiali. In particolare, i dati sulla crescita della produzione industriale nell’area euro, durante il mese di maggio, sono risultati negativi per la maggior parte dei paesi, attestandosi molto al di sotto delle previsioni degli economisti. Ma un conto sono i dati reali, un altro conto è la percezione che di questi fatti …

"Scelte chiare per la ripresa", di Silvano Andriani

Mario Draghi ha avanzato la proposta di un governo europeo delle politiche strutturali dopo l’annuncio che la Bce si prepara a fornire mille miliardi di liquidità al sistema bancario. L’economia reale, tuttavia, non ha avuto modo di gioire di questo annuncio: gli ultimi dati sono negativi. Lo sono per tutti i paesi europei, compresa la Germania, sollevano dubbi sulla ripresa ed aumentano i timori di una possibile deflazione. Le stesse preoccupazioni ha espresso ieri, a proposito dell’Italia, anche il ministro Padoan. L’idea di coordinare e controllare a livello europeo le politiche strutturali può avere qualche riflesso positivo ma, in generale, appare come un tentativo di razionalizzare la linea esistente che è già fallita rispetto all’obbiettivo di rilanciare l’economia reale in Europa. Innanzitutto è noto che le politiche strutturali producono i loro effetti in tempi medio-lunghi; bisognerebbe inoltre definirle in modo assai diverso da come lo furono nella famosa lettera della Bce al governo Italiano di qualche anno fa che riduceva tutto alla “flessibilità” del mercato del lavoro ed alle pensioni. Livello dell’evasione fiscale e della …

"L'Emilia Romagna «chiama» gli investitori", di Ilaria Vesentini

Un unico procedimento, un’unica cabina di regia che coordina gli interlocutori pubblici e privati e garantisce agli imprenditori che vogliano investire lungo la via Emilia tempi certi e iter snelli in un ambiente dinamico di scambio fra ricerca e impresa, dotato di infrastrutture tecnologiche e costi energetici competitivi. Sono solo alcuni dei paletti messi nero su bianco dalla nuova legge regionale su “Attrattività, competitività e promozione degli investimenti in Emilia-Romagna” approvata ieri dall’assemblea di viale Aldo Moro dopo oltre un anno di gestazione e sei mesi di ritardo rispetto agli impegni presi dalla Giunta Errani. Una legge che apre nel Paese un capitolo inedito di politica industriale destinato a fare da modello, «perché l’approccio è ribaltato rispetto alle norme adottate fin qui da altre Regioni e da singoli enti locali. Non promettiamo incentivi – spiega il neoassessore regionale alle Attività produttive, Luciano Vecchi – per attirare l’investitore, ma creiamo un meccanismo che coinvolge e impegna in modo unitario istituzioni, enti di ricerca, sistema formativo e garantisce a chi viene sul territorio portando risorse e occupazione …

"Super municipalizzate e pochi investimenti così sta morendo il capitalismo italiano", di Federico Fubini

In un rapporto Roland Berger i numeri che fotografano il declino del nostro sistema. Boom di fusioni e acquisizioni nel mondo, ma le imprese italiane sono solo prede   Cambia il controllo di Frette, il produttore di biancheria di lusso che fornì le lenzuola all’Orient Express e al Titanic, ma la notizia non è che ora apparterrà a un investitore straniero. Era già così. L’antica casa milanese viene infatti ceduta da un fondo di San Francisco a uno di Londra. La notizia è che non c’era un investitore italiano disposto o capace di presentare un’offerta o un progetto industriale migliori. È già successo negli ultimi anni, in vari settori. Dall’alimentare con Parmalat acquisita dai francesi di Lactalis, alla Ducati passata al gruppo Volkswagen, alle conquiste del gruppo transalpino Lvmh su Bulgari, Loro Piana o la pasticceria Cova, fino alla recente cessione del controllo di Indesit agli americani di Whirlpool. Difficile spiegare ai dipendenti delle società vendute che ciò sia un male, se ora vedono più investimenti, nuove competenze e la conquista di mercati prima irraggiungibili. …