Tutti gli articoli relativi a: cultura

"Madri e operaie: i diritti ottenuti a caro prezzo", di Andrea Bonzi

Le discriminazioni nelle grandi fabbriche, le lotte per la conquista di una parità che non è ancora tale. «SENZA GIUSTA CAUSA» ci porta nella Bologna degli anni ’50. Qaundo militare nel sindacato o nel PCI e diffondere l’Unità costava il posto. Rosa fu licenziata perché, «dopo settimane di lavoro senza riposo, chiesi di poter rimanere a casa al mattino perché dovevo studiare». Bruna ricorda come il padrone «ci facesse lavorare fino alle dieci di sera senza pause. Faceva in modo di avere un magazzino bello pieno e poi, dopo due o tre mesi, ci licenziava». E quando fu cacciata Teresa pianse, perché, nonostante tutto «alla Sasib volevo bene. A me, che ho fatto la quinta elementare la fabbrica mi ha insegnato come se fossi andata all’Università, a muovere le mani, a lavorare, a ragionare, a ponderare le cose». Racconti forti, quelli delle donne licenziate per rappresaglia politico-sindacale negli anni ’50 a Bologna, uno dei cuori manifatturieri dell’Italia di quegli anni, raccolti nel volume “Senza giusta causa” di Eloisa Betti e Elisa Giovannetti uscito per i …

"La fede criminale", di Roberto Saviano

Gli affiliati alle ‘ndrine rinchiusi nel carcere di Larino hanno deciso di non partecipare più alla messa. Da settimane attuano una sorta di sciopero religioso. Dopo la scomunica pronunciata da Papa Francesco per i detenuti è inutile — hanno detto al cappellano don Marco — andare a messa — È inutile quando si è stati esclusi dai sacramenti. L’anatema di Bergoglio è giunto potente e inaspettato nelle carceri che ospitano gli uomini di ‘ndrangheta. Gran parte del mondo ha interpretato la scomunica come una mossa teologica, un’operazione morale fatta più per principio che per reale contrasto alle organizzazioni criminali. Un gesto morale considerato importante per dare una nuova direzione alla Chiesa ma che difficilmente avrebbe potuto incidere nei comportamenti dei padrini, degli affiliati, dalla manovalanza mafiosa. Quale danno avrebbe mai recato ad un boss una condanna metafisica che non ha manette, non ha sequestri di beni, non ha ergastoli ma che semplicemente esclude spiritualmente dalla comunità cristiana e dai suoi sacramenti? Da queste domande era nata la diffidenza di molti che temevano che la presa …

“La Grande Guerra 100 anni dopo. L’Europa deve evitare il riprodursi di antiche polemiche nazionaliste”, di Giorgio Napolitano

Pubblichiamo un ampio stralcio dell’intervento del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, alla Mostra sulla Grande Guerra allestita a Monfalcone (Gorizia). […] A cento anni dallo scoppio della Grande Guerra, siamo chiamati come europei e come italiani a un esercizio di memoria collettiva, di condivisione umana, di riflessione storica sulle vicende del nostro paese e dei nostri paesi, sulle vicende del nostro continente del secolo scorso, sulle ragioni e sul percorso del nostro impegno per la pace. E non attendiamo, qui in Italia, il centenario del nostro intervento nel conflitto, perché sentiamo di dover innanzitutto contribuire, e vogliamo contribuire, a una celebrazione d’insieme, di respiro europeo, che si articoli naturalmente in analisi aderenti alle diverse esperienze nazionali ma non si risolva in una frammentazione asfittica e divisiva. Le istituzioni europee, e la cultura europea, dovrebbero, tanto per cominciare, evitare un anacronistico riprodursi di antiche polemiche sulle responsabilità cui far risalire lo scatenarsi di quell’immane, sanguinosissimo e distruttivo scontro. Il punto di partenza di una nostra rinnovata riflessione e analisi critica, dev’essere piuttosto il quadro degli opposti …

"Così nasce l'Europa dei diritti", di Vincenzo Ferrone

Grazie all’Illuminismo sulle macerie delle guerre di religione è sorto il linguaggio comune dell’umanità in cui tutti oggi ci riconosciamo La soluzione dell’enigma dell’Illuminismo sta per larga parte racchiusa nella scoperta e nella sua appassionata lotta a favore dei diritti dell’uomo. Per troppo tempo il punto di vista dei grandi filosofi, da Kant a Hegel, rilanciato da numerosi epigoni in ogni angolo d’Europa e nelle forme più diverse, ha condizionato la concettualizzazione e la ricostruzione storiografica del mondo dell’Illuminismo, facendone, in ultima analisi, un disincarnato frammento settecentesco – seppure importante – della storia della ragione e della razionalità in Occidente o di una indecifrabile fenomenologia dello Spirito, infelicemente estraniato a se stesso e fautore principale della crisi rivoluzionaria in Francia. Solo negli ultimi decenni, con la nuova storia culturale, è balzato in primo piano il tema dell’Illuminismo come originale tentativo di costruzione di un nuovo umanesimo dei moderni, di una straordinaria rivoluzione culturale dell’Antico Regime destinata a condizionare ancora il nostro presente. Con la Rivoluzione francese e il Terrore, il progetto illuministico di difendere, emancipare …

«Su Floris nessun editto, alla politica non servono più», intervista a Stefano Balassone di Natalia Lombardo

Non c’è alcun editto, non vedo né persecutori né martiri». Ne è convinto Stefano Balassone, esperto di televisione, ex manager Rai e ora docente di Economia dei media. Carlo Freccero dice che su Giovanni Floris è stato attuato il primo «editto di Renzi». Pensa che sia andata così? «È una solenne sciocchezza. Il caso di Floris è tutto tranne che un editto, perché non sono più quei tempi. Berlusconi era circondato da persone che pensavano solo a prendere quei posti in tv, quindi emanava editti come un lanciarazzi. Ma oggi i politici come Renzi e Grillo parlano direttamente, twittano, conducono, rilanciano, quindi i media sono scavalcati, compresi i conduttori. I politici sono “oggetti” di automatismi virali, non “soggetti” dei media». Perché Floris se ne è andato? Per il compenso, per il battibecco con Renzi? «È stato un fatto aziendale. Il battibecco con Renzi è una sciocchezza. Intanto Ballarò quest’anno ha sofferto la crisi dei talk show, con il 12% di share, il risultato minore da quando è nato escluso il primo anno, mentre aveva toccato …

"Senza debiti dove saremmo?", di Guido Carandini

APPRENDIAMO da Manfred Weber, la nuova guida tedesca del Partito popolare europeo, che Renzi interpretando il ben noto Patto europeo di stabilità e crescita nel senso di accettare la stabilità per promuovere la crescita, rappresenta per l’Europa un pericoloso esempio di dissolutezza economica. Perché l’imprenditore democristiano bavarese è nemico giurato di chi come il capo del governo italiano propugna riforme che potrebbero implicare per l’Europa un maggior indebitamento. «Non vogliamo che si facciano nuovi debiti in cambio delle riforme », ha dichiarato Weber a muso duro. Certo ha fatto benissimo Renzi a replicare che è inaccettabile quell’atteggiamento di predica morale a lui indirizzata perché sospettato di coltivare un vizio del suo paese auspicando delle riforme che in Europa potrebbero provocare una crescita dell’indebitamento pubblico. Ed è inaccettabile, mi sembra, per almeno due ragioni. La prima: ché la crescita di quel debito in Italia è stata malefica in passato perché sganciata da vere politiche riformatrici (Berlusconi docet). La seconda: che una politica austera “in assoluto” cioè in ogni situazione come quella che piace al bravo bavarese, …

"Ragazzo fortunato", di Massimo Gramellini

Era proprio bello essere Faletti. La sua apparizione sul pianeta Terra si è rivelata talmente intensa da farci quasi dimenticare quanto sia stata breve. Sapeva cantare, scrivere, comporre, dipingere, recitare. Sapeva persino cucinare: meglio di un concorrente di Masterchef, altroché. Sapeva farci ridere e farci piangere, duplice impresa riservata alle anime elette. La vita gli aveva dato tutto, tranne una salute di ferro e il plauso delle facce di bronzo: quell’aristocrazia culturale che per principio disprezza chiunque osi farsi capire dalle persone comuni. Giorgio non si dava mai arie e in certi ambienti di questo strano Paese il talento viene riconosciuto solo a patto che si associ alla spocchia. O alla bara. Adesso, c’è da scommetterci, le sue macchiette di «Drive In» assurgeranno a classici e un produttore si deciderà finalmente a girare il film di «Io uccido», il miglior thriller italiano degli ultimi vent’anni. Sì, era proprio bello essere Faletti. Oltre alle miniere di creatività per cui siamo qui a ricordarlo, la vita gli aveva concesso il gioiello più prezioso. Una moglie formidabile, che …