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Università, alcune precisazioni sulla no tax area e sulle tasse calmierate

Tasse universitarie. Spiace che un quotidiano autorevole comunichi informazioni non del tutto corrette. Spiace ancor di più se l’errore, sicuramente in buona fede, va comunque a danno di una buona notizia. Mi riferisco alle importanti agevolazioni sulle tasse universitarie introdotte a favore degli studenti a basso reddito dall’ultima legge di bilancio per l’anno accademico che sta per iniziare. Parlo della cosiddetta No tax area per studenti che hanno un Isee inferiore a 13.000 euro (soglia che peraltro molti atenei hanno elevato per scelta dei propri organi direttivi). L’autore dell’articolo sostiene che per godere dell’esenzione occorre “essere in pari con gli esami”, che – tradotto – significherebbe aver sostenuto all’inizio dell’anno accademico tutti gli esami previsti dal piano di studi per l’anno precedente, vale a dire 60 crediti ogni anno. Non è così. Anzi (peraltro si tratterebbe di un requisito di merito molto “alto”, che non viene richiesto nemmeno ai ragazzi che concorrono per avere la borsa di studio). Per l’esenzione del primo anno non occorre dimostrare di aver conseguito crediti, per quella al secondo anno bisogna averne almeno 10 al 10 di agosto e per gli anni successivi almeno 25. In altre parole, il requisito di merito non è stato considerato per poter usufruire di questa agevolazione perché l’obiettivo da raggiungere è quello di superare uno degli ostacoli che si frappongono tra il percorso universitario e i giovani a basso reddito e socialmente deboli (che tutte le indagini ci dicono essere la fascia sociale meno presente nella platea studentesca): le tasse universitarie, tra le più alte d’Europa, do Regno Unito e Olanda.

flebo

In attesa di una norma nazionale, anche Carpi ha il registro delle Dat


Anche Carpi, la mia città, ha il Registro delle Dat, dichiarazioni anticipate di trattamento. La notizia era già stata annunciata, a luglio, nel corso dell’incontro pubblico che abbiamo organizzato alla locale Festa de l’Unità dedicato ai temi del fine vita. Fu una iniziativa molto partecipata, a testimonianza, se mai ce ne fosse ancora bisogna, che si tratta di un tema “sentito”, sebbene riguardi – o forse proprio per questo – la nostra sfera più personale e privata. Sono, quindi, soddisfatta che anche a Carpi, come già in altri Comuni, in attesa di una norma nazionale, sia possibile, per chi lo desidera, depositare le proprie volontà circa i trattamenti sanitari che si intendono accettare nel momento in cui non si possa esprimere in prima persona il proprio convincimento.  In Senato, alla ripresa dei lavori dopo la pausa agostana, dovrà avviarsi la discussione sul progetto di legge nazionale sul fine vita. Alla Camera ne abbiamo discusso a lungo, approfondendo aspetti che potevano risultare controversi, ascoltando pareri e sensibilità diversi, ma cercando di avere come orientamento costante la salvaguardia di alcuni principi stabiliti dalla nostra Costituzione. Che sono essenzialmente due: la tutela della salute dell’individuo e la libertà di autodeterminazione sulle cure che riguardano l’individuo stesso. In questo modo, a ogni persona verrà garantito il diritto reale di assumere le scelte che considera più adeguate sulla propria salute e sul proprio destino. Ho avuto modo di confrontarmi e ponderare a lungo sulle questioni etiche che una tale norma solleva. A mio parere, si tratta di un provvedimento basilare per la tutela della dignità della persona, fino all’ultimo minuto della sua vita. Ho ascoltato attentamente, però, anche le ragioni di chi si dichiara pervicacemente contrario, di chi nega che l’individuo possa liberamente disporre di sé. A questo proposito, sebbene non voglia fare paragoni incongrui, mi ha lasciato parecchio perplessa la posizione di alcuni colleghi che assumono la libertà di autodeterminazione “a corrente alternata”. Hanno combattuto con veemenza e parole pesanti il provvedimento sul fine vita, soprattutto nel punto dove si lascia libertà di rifiutare trattamenti sanitari come l’alimentazione e l’idratazione artificiali, salvo poi adottare, quando si parlava di vaccinazioni, un atteggiamento opposto, in difesa totale della libertà della persona. Eppure le due scelte, quella sui trattamenti nel periodo finale della propria vita e quella delle vaccinazioni, hanno ricadute sociali molto diverse. Sospendendo trattamenti sanitari che ritengo inutilmente accanenti, decido per me. Non vaccinandomi, scelgo di non aderire alla protezione di gruppo che una vaccinazione di massa assicura anche a chi non può proteggersi in questo modo. Fino dove arriva la mia libertà quando si vive in una comunità? Fino a dove non procuro un danno ad altri. Solo così i principi di libertà e responsabilità possono convivere, secondo il nostro patto sociale. Credo siano questioni che meritano tutta la nostra attenzione.

Aspiranti docenti, ecco come acquisire i 24 cfu


Resi noti i contenuti e le modalità di acquisizione dei 24 crediti formativi necessari ai laureati magistrali e diplomati Afam di II livello che vogliano partecipare ai concorsi per accedere al percorso Fit, quello previsto dal nuovo sistema di reclutamento e formazione dei futuri docenti della scuola secondaria di primo e secondo grado. Oggi, infatti, la ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli ha firmato l’atteso decreto ministeriale che stabilisce i settori disciplinari, gli obiettivi formativi, le modalità organizzative e gli eventuali costi a carico degli interessati. Come preannunciato il primo concorso dovrebbe essere bandito nella primavera del 2018 e sono migliaia gli aspiranti docenti che potranno sfruttare l’avvio dell’anno accademico per conseguire i crediti formativi eventualmente loro mancanti. Potranno, infatti, partecipare al concorso coloro che sono in possesso di una laurea magistrale o di un diploma accademico di secondo livello e abbiano conseguito 24 cfu in quattro specifici ambiti disciplinari: pedagogia; psicologia; antropologia e metodologie e tecnologie didattiche. Ogni studente dovrà acquisire almeno sei crediti in almeno tre dei quattro ambiti. Potranno essere riconosciuti come validi anche crediti maturali nel corso degli studi universitari e accademici, in forma curriculare o aggiuntiva, compresi i master, i dottorati di ricerca e le scuole di specializzazione, ma non in enti esterni al sistema universitario o Afam. Le università e le accademie in maniera singola o in consorzio, istituiranno specifici percorsi formativi. Sarà quindi possibile acquisire integralmente tutti i 24 crediti o solo quella parte necessaria a integrare il proprio curriculum di studi. Dei 24 crediti, non più di 12 potranno essere acquisiti con modalità telematiche. Per gli studenti che non abbiano ancora finito il loro percorso universitario, la necessità di acquisire i 24 crediti fa sì che la durata del loro corso di studi venga automaticamente aumentata di un semestre: in questo modo mantengono la qualifica di studente in corso a tutti gli effetti, compresi quelli legati ai servizi del diritto allo studio. Particolare attenzione è stata, infatti, data ai costi per gli interessati. Innanzitutto è stato stabilito un tetto: l’acquisizione dei crediti, da parte di chi è già laureato magistrale o diplomato Afam, non può ricadere sullo studente per più di 500 euro di contribuzione, cifra che viene comunque ridotta in maniera proporzionale al numero di crediti da conseguire (mentre non ci saranno costi aggiuntivi per chi ancora sta completando il proprio percorso di studi) Vengono, inoltre, integralmente applicate anche a questi studenti la no tax area e le tasse calmierate per coloro i quali sono a basso e medio reddito, previste con la Legge di bilancio.

Ponteggi scuola

Edilizia scolastica: tutto su Internet, cantiere per cantiere


A più riprese, in genere in concomitanza con un evento tragico, viene lanciato l’allarme sulla sicurezza delle nostre scuole. Dopo vent’anni di inazione, finalmente, gli ultimi tre Governi hanno affrontato con decisione e azioni omogenee e continuate il tema dell’innovazione e della manutenzione del patrimonio pubblico di edilizia scolastica. La conferma arriva da uno degli ultimi atti che, come Commissione Cultura della Camera, abbiamo approvato prima della pausa agostana nei lavori: l’indagine conoscitiva sullo stato dell’edilizia scolastica in Italia, uno studio cominciato nel 2013 e che ha registrato tutte le azioni attuate in questi anni. La situazione era, sostanzialmente, di caos burocratico e di carenza di una visione d’insieme: assenza di provvedimenti complessivi specifici e linee di finanziamento discontinue nell’ammontare e nell’erogazione, in capo a Ministeri diversi e senza programmazione degli interventi. A distanza di quattro anni, sono diventate realtà la maggior parte delle proposte avanzate dai tecnici nel corso delle audizioni attuale in Commissione: spazi di manovra per gli Enti locali al di fuori del Patto di stabilità; istituzione dell’8 per mille da destinare all’edilizia scolastica; attivazione di un Fondo unico in cui sono confluite tutte le linee di finanziamento sia nazionali che europee; l’operatività di una cabina di regia rappresentata dall’Osservatorio per l’edilizia scolastica; la revocabilità dei finanziamenti concessi in caso di inazione degli Enti locali; la trasformazione delle scuole in civic center. Ad esempio, per la sola provincia di Modena sono già stati assegnati oltre 14 milioni di euro di fondi per gli adeguamenti sismici. Altrettanti stanno per essere sbloccati. Lo sforzo di trasparenza è stato imponente: l’intera mole degli interventi sull’edilizia scolastica finanziati, in corso o conclusi, è direttamente verificabile sul sito www.cantieriscuole.it. Le opere sono suddivise per Comune e per ognuna di esse è riportata una scheda che indica tipologia dei lavori, stato di avanzamento e finanziamenti. Nel Comune di Modena, ad esempio, gli interventi di edilizia scolastica sono 55 e riguardano 39 diversi edifici per un valore complessivo di oltre 15 milioni di euro. Per Carpi, invece, il secondo Comune più popoloso della provincia, 29 interventi che riguardano 24 edifici per un valore complessivo che supera i 5 milioni di euro. Numeri che testimoniano della concreta attenzione rivolta a un ambito che era stato trascurato per troppi anni.

Diritto allo studio, bene no tax area rafforzata a Unimore


Le novità introdotte in materia di diritto allo studio sono ora sistematicamente presentate agli studenti degli ultimi due anni delle superiori che stanno scegliendo il futuro percorso universitario. All’indirizzo www.dsu.miur.gov.it sono spiegate, con grafiche e filmati, le possibilità concrete in termini di borsa di studio, ma non solo, messe a disposizione degli studenti, in particolare quelli provenienti dalle famiglie meno abbienti. Tra queste anche le norme, già contenute in una mozione a mia prima firma e poi confluite nella Legge di Bilancio, che introducono la no tax area per gli studenti con un Isee familiare inferiore ai 13mila euro e il calmieramento delle tasse per coloro che hanno un Isee familiare inferiore ai 30mila euro. Il Fondo per il diritto allo studio, quest’anno, può contare su uno stanziamento di 223 milioni di euro complessivi: oltre ad aver reso strutturale l’incremento, già introdotto nel 2016, di 50 milioni di euro, si sono aggiunti anche i 6 milioni di euro originariamente previsti per le borse ex art. 34 della Costituzione non ancora attuate. Tra l’altro, la ministra Fedeli ha appena annunciato un’altra importante novità, quella per cui il Fondo di finanziamento ordinario non sarà più suddiviso secondo la spesa storica, ma secondo i concreti fabbisogni dei territori. Questo insieme di misure dovrebbe contribuire a cancellare l’istituto tutto italiano dell’idoneo senza borsa, cioè dello studente che avrebbe diritto a ottenere il sostegno al diritto allo studio, ma mancando i fondi, nella realtà, ne veniva escluso. Invito tutti i ragazzi che stanno per iscriversi all’università a informarsi preventivamente su quelle che sono le possibilità previste, spesso anche migliorate dalle politiche di intervento degli stessi atenei. Bene, a questo proposito, l’ateneo modenese che ha innalzato di 10mila euro la soglia Isee di esenzione dal pagamento delle tasse universitarie, con possibili risparmi, per le famiglie a basso reddito, che vanno dai 600 a 1000 euro. Frequentare l’università non si traduce solo in un miglioramento nella propria formazione culturale e in un più facile accesso al mondo del lavoro, ma anche in un arricchimento di tutta la collettività. Per questo faccio mio lo slogan adottato dalla campagna informativa del Ministero “Continua gli studi, accedi al futuro”

ecco il link al sito del Ministero (Linkhttp://www.dsu.miur.gov.it/)

ecco il link a un bel servizio di Rainews (Link)

barriere architettoniche

Barriere architettoniche, rifinanziare il Fondo per eliminarle


L’ascensore non è un orpello di lusso, ma, sempre più spesso, è lo strumento concreto che consente libertà di movimento ad anziani, invalidi e disabili. E’ per questo che, insieme ai colleghi Davide Baruffi, Edoardo Patriarca e Giuditta Pini, sosteniamo convintamente la campagna lanciata dall’associazione di volontariato e promozione sociale Auser Emilia-Romagna dal titolo “L’ascensore è libertà”. Purtroppo il tema dell’eliminazione delle barriere architettoniche sembra aver perso appeal a livello nazionale. Con legge del 1989 era stato stabilito di sostenere interventi di eliminazione delle barriere architettoniche stanziando risorse a fondo perduto. Dal 2004, però, il Fondo apposito non è più stato rifinanziato e, presso i Comuni, si vanno allungando le graduatorie e accumulando le richieste di finanziamento di chi ha avuto necessità di intervenire sugli immobili. La Regione Emilia-Romagna è intervenuta per tamponare la situazione istituendo un apposito Fondo regionale e introducendo criteri per le graduatorie comunali che tenessero conto anche della situazione economica del nucleo familiare. Con il tempo sono stati erogati oltre 40 milioni di euro di contributi ai privati a cui si aggiungono ulteriori 2 milioni finanziati per il 2017 con l’assestamento di bilancio approvato, nei giorni scorsi, dall’Assemblea legislativa. Occorre, però, un intervento nazionale. E’ per questo che abbiamo interrogato il ministro delle Infrastrutture per sollecitarlo a farsi “promotore del rifinanziamento del Fondo speciale per l’eliminazione e il superamento delle barriere architettoniche negli edifici privati e di una ricognizione normativa che consenta di coordinare la legislazione nazionale con quella regionale e di rispondere positivamente alle istanze di contributo già presentate e giacenti e a quelle in divenire.

Beni culturali, è legge la libertà di riproduzione

Una norma di civiltà richiesta a gran voce dagli studiosi e dai ricercatori. Da oggi, infatti, è legge dello Stato la possibilità per i privati di riprodurre liberamente beni bibliografici e archivistici, senza necessità di autorizzazioni o del pagamento di un canone, sempre che l’uso sia per motivi di studio e ricerca e non a fini commerciali. Si tratta di un risultato “sfiorato” nel Decreto Art Bonus del 2014, nel quale fu liberalizzata la riproducibilità per le opere d’arte, finalmente, e che quindi arriva dopo 3 anni di pressioni e azioni parlamentari. Nel 2015, insieme al collega Rampi, ho presentato una specifica proposta di legge in merito (link), anche sostenuta dal movimento Foto libere per i beni culturali che, alla fine dell’anno scorso, ha raccolto 3mila firme in calce a un appello al Governo italiano (https://fotoliberebbcc.wordpress.com/) e avvallato anche dal Consiglio superiore dei Beni culturali e paesaggistici: Nello scorso gennaio, ho presentato una interrogazione al ministro Franceschini in cui chiedevo che, nell’attesa di una norma nazionale, si potesse almeno intervenire in via amministrativa (link). La norma è stata poi inserita con apposito emendamento nel disegno di legge per il mercato e la concorrenza, di cui, finalmente, oggi arriva l’approvazione definitiva al Senato. Il provvedimento esplicitamente inserisce tra le ipotesi nelle quali non è dovuto alcun canone per le riproduzioni quelle di beni bibliografici e archivistici eseguite da privati per uso personale o per motivi di studio, fatta eccezione per i beni sottoposti a restrizioni di consultabilità, in ragione del loro contenuto sensibile. Inoltre, con riferimento alla libera divulgazione, con qualsiasi mezzo, delle immagini di beni culturali legittimamente acquisite, si elimina il divieto di utilizzo di tali immagini a scopo di lucro indiretto, al fine di consentirne la libera pubblicazione, ad esempio, all’interno di una pubblicazione scientifica

E questo è il testo della norma:

171. Al fine di semplificare e razionalizzare le norme sulla riproduzione di beni culturali, all’articolo 108 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 3, dopo le parole: «riproduzioni richieste» sono inserite le seguenti: «o eseguite»;

b) al comma 3-bis:

1) al numero 1), le parole: «bibliografici e» sono soppresse, dopo la parola: «archivistici» sono inserite le seguenti: «sottoposti a restrizioni di consultabilità ai sensi del capo III del presente titolo,» e dopo la parola: «attuata» sono inserite le seguenti: «nel rispetto delle disposizioni che tutelano il diritto di autore e»;

2) al numero 2), le parole: «, neanche indiretto» sono soppresse

Ecco una scheda per comprendere pienamente la portata della nuova norma

Articolo 1, comma 171
(Semplificazione della riproduzione di beni culturali)

Il comma 171 intende semplificare ulteriormente la riproduzione dei beni culturali, in particolare estendendo le ipotesi in cui la stessa non necessita di autorizzazione e ampliando i casi in cui non è dovuto alcun canone.

A tal fine, novella i co. 3 e 3-bis dell’art. 108 del D.Lgs. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), rispettivamente modificato e inserito dall’art. 12, co. 3, del D.L. 83/2014 (L. 106/2014).

La riproduzione di beni culturali è regolata negli artt. 107-109 del D.Lgs. 42/2004.

In particolare, l’art. 107 dispone che il Ministero, le regioni, gli enti pubblici territoriali possono consentire la riproduzione (oltre che l’uso strumentale e precario) dei beni culturali che hanno in consegna, fatte salve le disposizioni in materia di diritto d’autore, nonché vietando, di regola e salvo casi eccezionali – comunque nel rispetto delle modalità stabilite con decreto ministeriale(67–, la riproduzione che consista nel trarre calchi, per contatto, dagli originali di sculture e opere a rilievo, indipendentemente dal materiale con cui tali beni sono fatti(68.

Ai sensi dell’art. 108, i canoni di concessione e i corrispettivi per la riproduzione sono determinati dall’autorità che ha in consegna il bene(69, tenendo anche conto, fra l’altro, dei mezzi e delle modalità di esecuzione delle riproduzioni, del tipo e del tempo di utilizzazione degli spazi e dei beni, dell’uso e della destinazione delle riproduzioni, nonché dei benefici economici che ne derivano al richiedente (co. 1).

Nessun canone è dovuto – a seguito delle modifiche apportate all’art. 108 dall’art. 12 del D.L. 83/2014 – per le riproduzioni richieste da privati per uso personale o motivo di studio, ovvero da soggetti pubblici o privati per finalità di valorizzazione, purché attuate senza scopo di lucro. I richiedenti devono, comunque, rimborsare le spese sostenute dall’amministrazione concedente (co. 3).

Sono in ogni caso libere (co. 3-bis), sempre a seguito delle modifiche introdotte dal D.L. 83/2014 – e, dunque, non necessitano di autorizzazione – alcune attività, svolte senza scopo di lucro, per finalità di studio, ricerca, libera manifestazione del pensiero o espressione creativa, promozione della conoscenza del patrimonio culturale. Si tratta della riproduzione di beni culturali diversi dai beni bibliografici e archivistici, attuata con modalità che non comportino alcun contatto fisico con il bene, né l’esposizione dello stesso a sorgenti luminose, né, all’interno degli istituti della cultura, l’uso di stativi e treppiedi, nonché della divulgazione con qualsiasi mezzo delle immagini di beni culturali, legittimamente acquisite, in modo da non poter essere ulteriormente riprodotte a scopo di lucro, neanche indiretto.

L’art. 109 dispone, infine, che quando la riproduzione è effettuata per fini di raccolta e catalogo di immagini fotografiche, nonché di riprese, il provvedimento concessorio prescrive il deposito del doppio originale di ogni ripresa o fotografia e la restituzione, dopo l’uso, del fotocolor originale con relativo codice.

Il testo in esame anzitutto inserisce tra le ipotesi nelle quali non è dovuto alcun canone per le riproduzioni di beni culturali quelle eseguite (direttamente) da privati per uso personale o per motivi di studio, che pertanto si aggiungono a quelle richieste (ad altri) dagli stessi soggetti per i medesimi fini.

Inoltre, estende la riproduzione libera, ferme restando le condizioni già previste dalla normativa vigente, ai beni bibliografici e ai beni archivistici – finora esclusa(70–, fatta eccezione per beni archivistici sottoposti a restrizioni di consultabilità, in ragione del loro contenuto sensibile, ai sensi del Capo III del Titolo II del D.Lgs. 42/2004 (artt. 122-127). Richiama comunque il rispetto delle disposizioni che tutelano il diritto d’autore (richiamo, peraltro, già presente nell’art. 107 del D.Lgs.).

Infine, con riferimento alla libera divulgazione, con qualsiasi mezzo, delle immagini di beni culturali, legittimamente acquisite, elimina il divietodi utilizzo di tali immagini a scopo di lucro indiretto.

Ciò sembrerebbe finalizzato a consentire la libera pubblicazione di immagini di beni culturali, ad esempio, all’interno di una pubblicazione scientifica.


67) Indirizzi, criteri, modalità per la riproduzione di beni culturali sono stati definiti con DM 20 aprile 2005 (GU 2 luglio 2005, n. 152).

68) Sono, invece, consentiti, previa autorizzazione del soprintendente, i calchi da copie degli originali già esistenti e quelli ottenuti senza contatto diretto con l’originale.

69) Gli importi minimi dei canoni per le concessioni relative all’uso strumentale e precario dei beni in consegna al Ministero sono stati fissati con DM 8 aprile 1994 (GU 6 maggio 1994, n. 104), richiamato nelle premesse del DM 20 aprile 2005.

70) Il testo iniziale dell’art. 12 del D.L. 83/2014 non prevedeva l’esclusione dei beni bibliografici e archivistici dalla libera riproduzione. L’esclusione è stata inserita durante l’esame parlamentare.