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Sulla riproducibilità degli spartiti e delle partiture musicali

Ecco il testo della interrogazione, a mia prima firma, al ministro Franceschini sul tema della riproducibilità degli spartiti e delle partiture musicali. Forse non tutti sanno che il 60% del patrimonio mondiale dei beni musicali è custodito in Italia e il divieto assoluto di riproduzione stabilito dalla legge sul diritto d’autore del 1941 è un ostacolo per chi fa ricerca in campo musicale e musicologico. Occorre trovare una sintesi che tuteli sì le opere e il diritto d’autore, ma che, al contempo, sostenga il lavoro di ricerca.

Al Ministro dei beni e delle attività culturali del turismo –

Per sapere –
premesso che:
Il comma 3 dell’articolo 68 della legge 22 aprile 1941, n. 633, in materia di diritto d’autore stabilisce < >;
tale divieto assoluto di riproduzione di spartiti musicali è stato spesso oggetto di interpretazione a causa della natura del bene e delle diverse applicazioni delle norme sul diritto d’autore;
la legge 4 agosto 2017, n. 124 – ha modificato, all’articolo 1, commi 171 e 172, due norme del Codice dei Beni culturali e del paesaggio (già modificati nel 2014 dal decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, convertito con modificazioni dalla legge 29 luglio 2014, n. 106, c.d. Art Bonus) semplificando ulteriormente la riproduzione dei beni culturali, in particolare estendendo le ipotesi in cui la stessa non necessita di autorizzazione e ampliando i casi in cui non è dovuto alcun canone; in particolare si inserisce, tra le ipotesi nelle quali non è dovuto alcun canone per le riproduzioni, quelle eseguite direttamente da privati per uso personale o per motivi di studio e si estende, inoltre, la riproduzione libera – a determinate condizioni – ai beni finora esclusi, cioè quelli bibliografici e archivistici, fatta eccezione per i beni archivistici sottoposti a restrizioni di consultabilità in ragione del loro contenuto sensibile;
la nuova normativa parrebbe estendersi anche ai beni bibliografico – musicali, per i quali però esistono problematiche specifiche, in quanto oltre al diritto d’autore essi comportano anche i cosiddetti diritti connessi;
le biblioteche e in generale gli istituti di conservazione di partiture e spartiti musicali rispetto alla riproduzione e ora anche alla libera riproduzione non presentano un indirizzo comune e in seguito all’approvazione delle suddette norme, in vigore dallo scorso 29 agosto, hanno posto diversi dubbi interpretativi;
inoltre, la Circolare n. 14 emanata lo scorso 21 settembre dalla Direzione Generale Biblioteche non fa cenno al bene bibliografico-musicale;
il 60% del patrimonio mondiale dei beni musicali risulta custodito in Italia
:-
Se il ministro interrogato non intenda fornire utili chiarimenti interpretativi delle norme contenute nella legge 4 agosto 2017, n. 124 , al fine di consentire la libera riproduzione di spartiti e partiture musicali – manoscritti e a stampa – alla luce delle restrizioni attualmente vigenti disposte dalla legge 22 aprile 1941, n. 633 – che di fatto dispone il divieto alla riproduzione anche per il materiale bibliografico musicale escluso dal diritto d’autore.
Se il ministro interrogato non valuti l’opportunità di costituire un apposito gruppo di studio per approfondire le diverse istanze – dei ricercatori, degli autori e delle istituzioni di conservazione – e approdare ad una sintesi normativa che tuteli le opere e il diritto d’autore e consenta altresì la massima diffusione delle ricerca in campo musicale e musicologico.

GHIZZONI

La violenza resa ancor più dolorosa da una becera falsa notizia


La pratica del “copia e incolla” senza gli opportuni controlli, questa volta, ha prodotto una vera e propria “fake news”, dolorosa per la vittima, stupefacente per i lettori, fonte di sbigottita incredulità per i magistrati che, pure, avevano fatto il loro dovere professionale con scrupolo. A fine settembre, molti giornali online avevano titolato “Derubricato a mero incidente sul lavoro la violenza contro la dottoressa”. Oggi interviene ufficialmente il procuratore di Catania, il luogo dove è avvenuta la violenza, Carmelo Zuccaro che ribadisce come, in realtà, “i reati contestati all’indagato dal Pm e confermati dal Gip nell’ordinanza cautelare in carcere sono quelli di violenza sessuale aggravata (perché commessa in danno di incaricato di pubblico servizio), sequestro di persona, lesioni volontarie pluriaggravate e danneggiamento”. Come qualcuno, soprattutto un professionista dell’informazione, abbia potuto anche solo pensare che “l’infortunio sul lavoro” possa essere un reato, seppure di minore rilevanza rispetto alla violenza sessuale, rimane un mistero, difficilmente spiegabile con la semplice fretta con cui, normalmente, nelle redazioni online si “cucina” il menù delle news prese dalle agenzie. Fa bene il procuratore Zuccaro a chiedere rettifica, ma fa ancor meglio a chiedere all’Ordine dei giornalisti una più severa vigilanza affinché non vengano diffuse notizie false che rinfocolano, sui social, ulteriore rabbia e rancore nonché sfiducia nelle istituzioni (in questo caso, la magistratura). Alla dottoressa in servizio quella tragica sera alla Guardia medica di Trecastagni va il nostro pensiero, la nostra vicinanza e la nostra solidarietà. Non aveva certo bisogno, dopo tanto dolore, di essere riportata sulle prime pagine dei giornali per “un infortunio professionale” di qualche sprovveduto, anche se questo sì potrebbe sfociare nel penale…

La strage di Lampedusa, memento della necessità di gestire al meglio i rapporti con l’Africa


Sarebbe stata una maglietta intrisa di kerosene e accesa come mezzo di segnalazione a spaventare la massa di eritrei assiepati sull’imbarcazione che, spostandosi improvvisamente, hanno provocato il ribaltamento del mezzo e il tragico naufragio. Morirono in 368, ci vollero giorni ai lampedusani per recuperare dal mare tutti i cadaveri. In 155 furono tratti in salvo. Sono passati quattro anni, da quel 3 ottobre 2013, ma il Paese sembra avere poca voglia di ricordare la strage di Lampedusa. Secondo alcune stime, sarebbero ormai all’incirca 15mila i migranti morti nella traversata del Mediterraneo alla ricerca di un approdo in Europa, soprattutto quella del Nord. Un numero enorme, una strage silenziosa che purtroppo non riscalda le coscienze, già impaurite dalla crisi e propense a leggere la recente ondata di profughi e di richiedenti asilo come una “invasione”. Paura sembra infatti essere la parola chiave. Le incertezze che, nonostante i segnali di timida ripresa, gravano ancora sulle famiglie a quasi dieci anni dall’avvio della crisi globale, pesano nella comprensione e nel governo di un fenomeno che tutti gli analisti ci spiegano non sarà congiunturale. L’Europa, nonostante le sollecitazioni dei Paesi frontalieri come Italia e Grecia, nicchia ancora sulla revisione del Trattato di Dublino che blocca i migranti nel Paese di primo approdo. La redistribuzione delle quote di accoglienza tra i diversi Stati membri è rimasta sulla carta. La strategia messa a punto dal ministro Minniti comincia a dare frutti, ma non spegne i timori, rinfocolati da quelle forze politiche che vogliono farne il cavallo di battaglia delle prossime elezioni politiche. Anche una battaglia di civiltà come la riforma della cittadinanza sta cadendo vittima delle paure, vere o presunte. Da come sapremo gestire i rapporti con l’Africa molto dipenderà anche il futuro dell’Europa. L’Alta rappresentante per le Politiche di sicurezza della Ue Federica Mogherini, pochi giorni fa, nel corso dell’Africa Week organizzato dal Gruppo dei Socialisti e Democratici a Bruxelles, ha ricordato che occorre una strategia con l’Africa, insieme alle sue forze migliori e alle sue energie giovani, e non solo per l’Africa, come sovvenzione senza riscontro dei benefici. Una presa di coscienza della realtà, oggettiva e non esacerbata, già sarebbe un buon passo avanti.

Non si gioca sul significato delle parole, in particolare a scuola

Un uso volutamente distorto di parole – che hanno significati precisi – per sottendere azioni che contrastano con i principi sanciti dalla Costituzione. Ecco perché ho sottoscritto una interrogazione al ministro dell’Istruzione Fedeli e al ministro dell’Interno Minniti, presentata dai colleghi Piazzoni e Zan, sulla iniziativa denominata “Il bus della libertà”, promossa dall’associazione Generazione Famiglia e dalla fondazione CitizenGo. Questo bus sta facendo tappa nelle principali città italiane e dove si ferma rinfocola polemiche. Perché? Il titolo della campagna è “Basta violenza di genere”, quindi sembra fare apparente riferimento alla violenza contro le donne. Chi non sarebbe d’accordo nel dire “Basta alla violenza contro le donne”?! Ma c’è un sottotitolo che chiarisce il senso della campagna: “I bambini sono maschi. Le bambine sono femmine. La natura non si sceglie. Stop gender nelle scuole!”. Ecco contro chi si muove questa nuova campagna: non contro chi brutalizza una donna – sconosciuta o compagna di vita – bensì contro chi è omossessuale, transessuale o in cerca di una propria identità sessuale. Tutti costoro sono di fatto “fuori”, ostracizzati perché “contro natura”. Si tratta di un atteggiamento intimidatorio e intransigente che diventa pericolosissimo se trasfuso nella scuola, luogo della crescita e della formazione di un pensiero rispettoso della differenza e dell’altro, qualunque altro, diverso da sé. Tutti possono esprimere il proprio pensiero: è la Costituzione democratica che ce lo garantisce. Ma la stessa Costituzione sancisce anche la tutela dei diritti inviolabili dell’uomo e il principio di uguaglianza senza distinzione di sesso etc… Per questo dobbiamo stigmatizzare atteggiamenti, posizioni e ideologie che rinfocolano odio e discriminazioni.

Una settimana di riflessione sui lavoratori della ricerca

Si apre una settimana dedicata alla scienza e a chi vuole praticare o già pratica la ricerca. Come accade ormai dal 2005, su impulso della Commissione europea, anche quest’anno, l’ultimo venerdì del mese di settembre sarà teatro, in 250 città europee, della Notte dei ricercatori (link), iniziativa che coinvolge i ricercatori e gli istituti che fanno ricerca di tutta l’Unione europea. Quest’anno, in Italia, l’appuntamento di venerdì 29 settembre sarà anticipato da due conferenza stampa, a Roma, dedicate al primo livello di formazione dei ricercatori, vale a dire il dottorato di ricerca, a cui sono stata invitata a portare il mio contributo. Il primo appuntamento è per domani, martedì 26 settembre (presso la sala stampa della Camera dei deputati), organizzato dall’Adi, l’associazione dei dottorandi e dottori di ricerca italiani (link). Il secondo appuntamento è per giovedì 28 settembre, sempre presso la Camera dei deputati, organizzato dal nascente Comitato per la valorizzazione del Dottorato di Ricerca (link). Entrambe le associazioni, pur con modalità e priorità diverse, puntano a valorizzare il dottorato di ricerca. Sarò ad entrambi gli appuntamenti, per ascoltare e confrontarmi con le proposte che verranno presentate. Sarà anche l’occasione per ricordare, dopo anni di disattenzione, i risultati conseguiti grazie anche all’impegno del Partito democratico, come l’abolizione della tassazione per i dottorandi che non sono assegnatari di una borsa di studio (no tax area stabilita in Legge di bilancio 2016) (link), e il riconoscimento dell’indennità di disoccupazione (Dis-Coll) per assegnisti e dottorandi di ricerca (stabilita con la Legge delega sul lavoro autonomo) (link).

Campo Fossoli, importanti risorse per la valorizzazione


Arrivano i fondi attesi per proseguire con buona lena la conservazione e la valorizzazione del Campo di Fossoli. Oggi pomeriggio, la Conferenza unificata (stamane analogo passo era stato compiuto in Conferenza delle Regioni) ha approvato il piano strategico “Grandi progetti per i beni culturali”. Con questo piano, dal Ministero arriveranno a Comuni e Regioni ben 65 milioni di euro, 3 milioni e mezzo dei quali sono destinati al Campo di Fossoli. Questo finanziamento, unitamente al milione di euro stanziato dalla Regione Emilia-Romagna e ai 500mila euro dalla Presidenza del Consiglio, rappresenta un punto di svolta nella tutela e nella valorizzazione del Campo di Fossoli. A questo luogo della Memoria sono stati destinati 3 milioni e mezzo di euro, di cui una piccola parte, 240mila euro, per la progettazione, e la gran parte per la realizzazione pratica delle opere. Ci saranno le condizioni economiche per poter, finalmente, mettere mano a specifici interventi di tutela e salvaguardia (tra i quali illuminazione della struttura, approvvigionamento idrico e sistemazione della pavimentazione). I “Grandi progetti per i beni culturali” sono una innovazione strategica nelle politiche culturali, introdotta nel 2014 e le cui risorse sono state aumentate con la Legge di stabilità 2016, che aveva stanziato ulteriori 30 milioni per la tutela del patrimonio culturale. A questo piano il ministro Franceschini, in questi anni, ha lavorato con determinazione, in raccordo con le Regioni e gli Enti locali, per selezionare i 17 interventi da finanziare con priorità. Come carpigiana e come componente della Commissione Cultura non posso che esprimere soddisfazione perché, finalmente, il Campo di Fossoli, luogo simbolo della Memoria del ‘900 italiano ed europeo, potrà essere valorizzato come avevo da tempo auspicato. Nel 2013, infatti, ho presentato un progetto di legge per la “Dichiarazione di monumento nazionale del Campo di concentramento di Fossoli e misure di sostegno per le attività della Fondazione ex campo di Fossoli”. Ora quel progetto trova, di fatto, realizzazione attraverso il canale innovativo del piano strategico. Come istituzioni locali e come carpigiani siamo sempre stati consapevoli della responsabilità storica e morale di avere sul nostro territorio un luogo della Memoria di così alto valore e vi abbiamo sempre fatto fronte; altresì siamo sempre stati convinti che il Campo Fossoli non costituisca un monumento solo carpigiano, ma rappresenti un pezzo significativo della storia nazionale. Ed è giusto che lo Stato se ne faccia realmente carico. I finanziamenti destinati a Fossoli corrispondono ad una cifra finalmente ragguardevole, che consentirà di intervenire nella manutenzione e nella salvaguardia delle strutture. Un grazie va, in questa occasione, agli Enti territoriali e agli organi direttivi della fondazione Fossoli, che si sono fatti carico della tutela e della valorizzazione del Campo, così come a tutti quei cittadini che, in questi anni, come volontari, hanno messo a disposizione la propria opera affinché la storia del Campo venisse conosciuta e divenisse per migliaia di visitatori un momento di riflessione incentrato sul passato, ma volto soprattutto a migliorare il futuro.