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Per non dimenticare quelle 26 ragazze


Al massimo, un titolo di spalla. 26 ragazze morte, 26 cadaveri di giovanissime tra i 14 e i 18 anni, ma erano nigeriane, viaggiavano sull’ennesimo barcone e, quindi, sembra non scattare l’orrore accorato che la fine prematura di tante giovani vite dovrebbe naturalmente far nascere nelle coscienze. Vince, invece, la paura dell’invasione, il sentimento di accerchiamento, l’incognita di un futuro incerto. Il fenomeno migratorio, l’insicurezza delle periferie, la disillusione verso la politica saranno i grandi temi che accompagneranno le prossime campagne elettorali, peraltro sempre più disertate se le percentuali di voto in Sicilia possono essere un indicatore. Ricette salvifiche non esistono, solo il pragmatismo di una comunità solidale e coesa potrebbe costruire un percorso di azioni, progetti e politiche.

Bologna diventa “Polo mondiale del meteo”, una scelta, per molti versi, rivoluzionaria


Costruire opportunità di crescita per il futuro. E’ questo uno degli obiettivi più lungimiranti che ci aspettiamo si pongano le amministrazioni pubbliche. A Bologna, grazie all’impegno di Regione e Governo, ci stanno (stiamo) riuscendo. Perfino gli addetti ai lavori sono rimasti piacevolmente sbalorditi dal “doppio colpo” messo a segno sul fronte della meteorologia. Dopo aver ottenuto il trasferimento sotto le Due Torri della sede del Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine che lascerà la città inglese di Reading entro il 2020, Bologna ospiterà anche la nuovissima Agenzia nazionale per la meteorologia e climatologia ribattezzata «ItaliaMeteo». L’Emilia-Romagna, quindi, si candida a diventare il centro mondiale di una disciplina, lo studio del clima e le previsioni meteo, che incide profondamente sulla vita dei cittadini, come le preoccupazioni per la siccità nelle nostre campagne e l’inquinamento stagnante sulle nostre città dimostrano anche in questi giorni. Perché Bologna e non altri? Perché qui si è saputo costruire le condizioni sia di competenze che di logistica necessarie a impiantare il nuovo “polo del meteo”. C’è il Cineca con il suo supercomputer. C’è l’Università con i suoi studi e i suoi tecnici specialisti di Big Data. C’è il luogo, il Tecnopolo, dove si trasferiranno entrambe le agenzie, sia quella europea che quella italiana. Ci sono la volontà amministrativa e la lungimiranza necessarie a comprendere il valore, anche economico e di potenziali posti di lavoro, di una scelta così innovativa. Ancora una volta, possiamo essere orgogliosi del buon governo emiliano.

Democrazia è rispetto delle regole e degli altri: solidarietà a Rosato, l’odio non può vincere


La solidarietà è stata immediata e già attestata al diretto interessato, quindi non è di questo che voglio scrivere. Ma dovrebbero far riflettere tutti le minacce via social che un assessore in pectore del M5S in Sicilia ha indirizzato al capogruppo Pd alla Camera Ettore Rosato, in quanto promotore di una legge elettorale avversata dal suo movimmento. Per chi non avesse seguito la vicenda, la minaccia consiste nella promessa di “bruciare vivo” l’avversario politico. Ho letto anche il post successivo dell’autore delle minacce, il quale sostiene di non essere un “hater”, uno che usa un linguaggio di odio, eppure lo ha fatto. Un odiatore inconsapevole, quindi? Come è possibile che persone insospettabili, davanti alla tastiera di un telefonino o di un computer, si “trasformino” in questo modo? E’ capitato anche a me di ricevere minacce nel momento più caldo del dibattito sull’approvazione della legge 107. E proprio da una insospettabile docente, che insegna nella scuola a 100 metri da casa mia. Come è possibile che persone anche colte e preparate non comprendano che un commento detto al bar, in piazza, o su un social richiede, sempre e comunque, un’assunzione di responsabilità rispetto a quanto si afferma? Questo naturalmente se vogliamo continuare ad essere comunità. L’atteggiamento generale è, invece, di sottovalutazione del fenomeno. Non è vero che affermazioni grondanti odio rimangano confinate al “regno immateriale delle.parole” poiché esse diventano propellente per passare ai fatti. A Srebrenica, nel conflitto tra gli Hutu e i Tutsi, solo per citare casi eclatanti, abbiamo visto vicini di casa bruciare l’abitazione o diventare carnefici e aguzzini di coloro con i quali, fino a poco tempo prima, avevano pranzato insieme la domenica! L’odio, una volta messo in moto, è una valanga che rotola e trascina con sé tutto ciò che incontra. Quando è stata approvata la legge sui vaccini, alcuni colleghi usciti dalla Camera sono stati accerchiati dai manifestanti e hanno rischiato la loro incolumità. Non può essere questa la normalità dei rapporti all’interno di una comunità. Quando abbiamo inaugurato la nuova sede dell’Anpi di Carpi, una che di democrazia un po’ se ne intende, la partigiana Aude Pacchioni ha raccontato un piccolo episodio sul senso della democrazia che voglio riferire: alla fermata dell’autobus ha ripreso un ragazzo che imprecava e scalciava per il ritardo del mezzo. Lui le ha risposto “Siamo in democrazia, io faccio quello che mi pare!”. Non è vero, proprio perché siamo in democrazia (per fortuna), ognuno di noi è libero nel pensiero e nell’agire finché rispetta le regole su cui si basa la nostra convivenza comune. E il rispetto dell’altro, soprattutto quando non la si pensa come lui, è uno dei principi cardine della democrazia.

La Corte di Strasburgo condanna nuovamente l’Italia, ma ora almeno il reato di tortura è legge

Una verità che la cronaca aveva già evidenziato ora ha l’avvallo anche dei giudici della Corte europea dei diritti umani di Strasburgo: nel 2001, durante il G8 di Genova, nella caserma di Bolzaneto, le forze dell’ordine presenti compirono atti di tortura. La caserma fu trasformata da coloro che avevano il compito di difendere le regole in un luogo di “non diritto”, dove le garanzie più elementari erano state sospese. L’Italia viene quindi nuovamente condannata (dopo la sentenza sui fatti accaduti alla Diaz, a giugno scorso) per le azioni dei componenti delle forze dell’ordine e perché lo Stato non ha condotto un’indagine efficace (nessuno dei colpevoli ha mai fatto neanche un’ora di carcere, lo sottolinea la stessa Corte). Resta intatto, allora come ora, lo sconcerto per la “sospensione dello Stato di diritto” – perché questo avvenne a Genova – ma adesso c’è un fatto nuovo, che forse non potrà alleviare la condizione delle vittime, ma che finalmente colma un vuoto normativo, troppo a lungo ignorato: l’approvazione della legge che introduce il reato di tortura nel nostro ordinamento. La discussione, si ricorderà, è stata particolarmente accesa, a partire dall’atteggiamento ostativo del centro-destra che proprio non ne voleva sapere di prevedere questo tipo di reato, ma l’ulteriore sentenza di condanna della Corte di Strasburgo dimostra come una legge, nella patria di Cesare Beccaria, era necessaria e non più procrastinabile.

#siamotuttiannafrank specchio della società

Lo sport come specchio della società, nel bene e nel male. Nel bene, perché oggi la Nazionale di calcio italiana Under 17 gioca a Tblisi e debuttano tre nuovi giocatori che fanno di cognome Bouah, Iweru e Gyabuaa. I nuovi italiani, in attesa di “ratifica” in Senato, sono già tra noi. Nel male, perché il tifo calcistico più sfrenato si conferma intriso di razzismo e intolleranza, come conferma la vicenda degli adesivi con Anna Frank vestita della maglia della Roma. E non c’è una compagine più “cattiva” dell’altra, perché anche la Roma è, a sua volta, sotto inchiesta per gli ululati che sarebbero stati rivolti all’indirizzo di Bakayoko del Chelsea. Quello che davvero preoccupa è che atteggiamenti chiaramente razzisti e xenofobi vengono troppo spesso percepiti – non solo nel mondo dello sport, ma anche nella società – come innocui, se non addirittura goliardici. E allora ha ragione il direttore di Repubblica Mario Calabresi quando dice “Siamo tutti Anna Frank”. Ma c’è anche chi non si vergogna a schierarsi apertamente con gli aguzzini, piuttosto che con le vittime.

Anche #ioleggoperchè2017


Quattro libri per le scuole carpigiane. Oggi sono entrata nella libreria vicino a casa, che partecipa alla rassegna #ioleggoperchè2017, e ho acquistato questi libri di autori diversi e di contenuto diverso, ma, penso, tutti di grande interesse. Dalle storie per bambine ribelli a Daniel Pennac, passando per un autore di casa nostra come Caliceti fino a “Fuga dal campo 14”. Sono tutti titoli già pre-selezionati dagli istituti. Chi vuole può partecipare all’iniziativa acquistando uno o più titoli. L’associazione degli editori si è impegnata a donarne altrettanti alle scuole. Insomma un circuito virtuoso che premia le scuole, i ragazzi e la lettura in generale.

Il 16 ottobre tra Austria, l’anniversario del rastrellamento del Ghetto e i progetti delle scuole Ferraris


Oggi, 16 ottobre, il verdetto delle urne in Austria ci consegna l’affermazione dei Popolari, ma soprattutto il boom delle forze xenofobe, quelle che in campagna elettorale hanno invocato la chiusura delle frontiere e la messa al bando degli stranieri. Sempre oggi, 16 ottobre, si ricorda il rastrellamento del Ghetto di Roma del 1943, quando oltre un migliaio di ebrei furono catturati dalle Ss e inviati ai campi di sterminio in Polonia. Tornarono soltanto in 15: il frutto avvelenato delle leggi razziali e di un odio viscerale verso il diverso da sé. Nell’accostare questi due eventi, apprezzo ancora di più il progetto laboratoriale messo a punto dalle scuole modenesi Ferraris. Venerdì questi ragazzi e queste ragazze, accompagnati dai loro insegnanti, verranno a Roma e si metteranno sulle tracce dei bambini ebrei rastrellati nel Ghetto, dove vivevano, dove andavano a scuola, dove furono catturati. La scolaresca ha in programma anche un incontro con i rappresentanti delle istituzioni democratiche: sarà, infatti, ricevuta dalla vice-presidente della Camera Marina Sereni. Un bel progetto, un modo per ribadire i valori democratici di libertà, uguaglianza e solidarietà. Per formare i cittadini di domani. #pernondimenticare