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Questo 25 novembre ci insegna che non è “facile” neppure essere vittime


E’ vero serve un cambiamento culturale che riguarda la società intera, non solo gli uomini violenti. Lo hanno ribadito anche i Centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna in occasione dell’ultimo femminicidio avvenuto in ordine di tempo, quello di Budrio. I media, ancora una volta, hanno parlato di uno “scatto d’ira” come causa scatenante dell’omicida, quando, invece, nella stragrande maggioranza dei casi le violenze contro le donne non sono un episodio isolato, ma il frutto di un atteggiamento vessatorio reiterato. In occasione del 25 novembre, Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, le statistiche, sia nazionali che locali, ci ricordano che non stiamo parlando di casi isolati, ma di una vera e propria piaga sociale. Nel 2016, in Italia, sono morte ammazzate 149 donne, 111 di questi delitti sono avvenuti in ambito familiare. Nei primi dieci mesi del 2017, in Emilia-Romagna, sono state 3.139 le donne che hanno subito violenza: una media di 8,6 donne al giorno. Ad oggi nelle strutture regionali sono ospitate 3.506 donne: 1.497 italiane e 821 straniere. La violenza contro le donne, e a maggior ragione la violenza entro le mura domestiche, non è mai un fatto privato, come purtroppo ancora molti si ostinano a ritenere: la penserebbe così la metà degli italiani, come confermato dalla recentissima indagine Ipsos per We World. Ancora, il 14% del campione Ipsos crede che “la donna se l’è andata a cercare perché indossava abiti succinti”, o “perché traditrice e allora è normale che il marito divenga violento” (16% del campione). La violenza è il frutto di un rapporto malato uomo-donna, in cui retaggi di una società patriarcale porrebbero ancora la donna in posizione subordinata, di sudditanza rispetto all’uomo, che, per ciò stesso, si sente legittimato a “correggere” la compagna, imponendo il proprio potere con abusi psicologici o fisici. E’ ancora necessario un ampio ed efficace lavoro di educazione perché divengano lapalissiani gli stereotipi di cui si nutre questa società. Eppure qualcosa sta gradualmente cambiando: soprattutto nel mondo anglosassone, ma anche in Italia, e più generale in Europa, le donne hanno smesso di tacere, di subire ricatti e umiliazioni da uomini che abusano delle loro posizioni di potere. E’ il fenomeno nuovo di questi mesi, ma, velocemente, si sta espandendo dall’ambito dello spettacolo a quello dello sport, a quello dei luoghi di lavoro. Le donne non sono più disposte a tollerare molestie e persecuzioni. Il fenomeno nuovo si sta facendo largo, pur tra molte critiche, e in prima linea ci sono, ancora una volta, le donne. Perché le vittime parlano solo ora? Perché non hanno denunciato? Perché hanno subito anteponendo le chance professionali alla propria dignità? Se un qualche insegnamento questo 25 novembre ci sta portando è che, purtroppo, non è “facile” neppure essere vittime. Ma indietro non si torna, non si può tornare!

Mladic, un bambino e il suo coniglio bianco

“I crimini commessi sono tra i più atroci che l’umanità ricordi”: lo ha detto il presidente della corte del Tribunale penale internazionale dell’Aia per i crimini nella ex Jugoslavia, nel momento in cui leggeva la sentenza di condanna all’ergastolo per l’ex generale serbo-bosniaco Mladic. 8mila musulmani sterminati nel corso della “liberazione” di Srebrneica nell’estate del 1995, e poi stupri di massa, pulizia etnica, deportazioni. Un protagonista del conflitto scoppiato nel cuore dell’Europa che causò 100mila morti e oltre 2 milioni di sfollati. Desta molta inquietudine il fatto che, ancora oggi, per una parte dei serbi Mladic sia considerato un eroe di guerra, mentre rappresenta una contemporanea “banalità del male”, e non solo per le donne e le mamme di Srebrenica. Nel 2005, in qualità di assessore alle politiche culturali e al Progetto Memoria del Comune di Carpi, ebbi l’onore di introdurre un bellissimo volume, “E per questo resisto. Bambini e bambine in tempi di guerra”, a cura di Barbara Domenichini ed Emilia Ficarelli. Erano i giorni in cominciava a trapelare la verità di quanto accaduto a Srebrenica: scrissi la nota introduttiva al libro con quel genocidio davanti agli occhi. E ancora oggi mi accompagna. Ecco perché desidero condividere con voi le parole di allora…

«… Nella stesura di questa presentazione, tra le tante immagini che purtroppo l’infanzia nella guerra poteva offrirmi, una in particolare mi ha accompagnato (come il fantasma della mia cattiva coscienza): una raffigurazione dura e “pesante”, che mi è urgente condividere con i lettori del volume. A distanza di dieci anni, alcuni filmati che testimoniano il massacro di Srebrenica (una delle pagine più drammatiche del recente conflitto che ha martoriato la ex Yugoslavia) sono stati trasmessi da molte televisioni: la paura negli occhi dei bosniaci di religione musulmana, “catturati” dall’esercito serbo-bosniaco, o la loro uccisione con un colpo alla nuca sono così entrare nelle case di molti, anche di tanti italiani che allora ritennero quel conflitto alle porte di casa immeritevole del proprio interesse. I principali responsabili di quel genocidio (Radovan Karadzic e Ratko Mladic) sono latitanti, e il fatto che il Tribunale Penale Internazionale dell’Aja li abbia accusati come criminali di guerra non può acquietare le nostre coscienze e alleggerire le nostre responsabilità per non aver intrapreso allora alcuna azione che potesse impedire il massacro di 10.000 uomini innocenti, tra adulti e ragazzi maggiori di 12 anni, condannati a morte per la loro “etnia”.
Personalmente non ho avuto bisogno di vedere quelle immagini, a lungo occultate, per sapere e convincermi che a Srebrenica, nella colpevole e scandalosa noncuranza europea ed occidentale e al cospetto di un atteggiamento vergognoso ed inaccettabile dell’ONU, si è consumata una terribile “operazione di pulizia etnica”, un genocidio ideologicamente prossimo a quello perpetrato dai nazisti nei confronti degli ebrei, degli zingari e dei testimoni di Geova. Ma devo ammettere che alcuni fotogrammi dei filmati trasmessi oggi hanno colpito la mia mente e il mio cuore più di quanto non avessero fatto allora i resoconti giornalistici e gli accorati appelli dei pochi testimoni che riuscirono ad assistere a quei fatti tragici: in un gruppo di “prigionieri” musulmani, in attesa di un destino a noi purtroppo noto, un ragazzino – snello, quasi ossuto, come sono i giovinetti nell’età che li conduce alla maturità fisica – guarda con occhi increduli verso la telecamera, verso i suoi aguzzini: in braccio, assurdamente, porta un piccolo coniglio bianco al quale accarezza con ritmo meccanico il manto, denunciando con quel gesto affettuoso verso l’animale il tentativo di tranquillizzare se stesso. Ignoro naturalmente il destino di quel fanciullo e del suo trastullo peloso: in cuor mio spero (o forse lo spero per la mia coscienza) che la sua giovane età lo abbia risparmiato al destino delle fosse comuni, quelle fosse empiamente colme di cadaveri che un paziente e penoso lavoro individua una dopo l’altra.
Quel bambino terrorizzato e il suo coniglio sono ora per me l’icona della oscenità dell’odio, dell’assurdità della guerra, della cieca violenza che alberga in ogni essere umano e che solo i profondi convincimenti di tolleranza e di convivenza possono neutralizzare. Quel bambino e il suo coniglio sono un monito ad oppormi e “resistere” ad ogni razzismo, sopruso e violenza, per costruire una società libera e plurale, nella quale non si debba temere per il proprio pensiero o credo religioso o cultura e nella quale sia possibile affermare la propria identità senza prevaricare gli altri. Quel bambino e il suo coniglio sono una esortazione a realizzare una società che consenta ai bambini di diventare adulti avendo trascorso un’infanzia di giochi, di fantasie, di sogni e di amore per l’altro. Un’infanzia nella quale si possa semplicemente accarezzare un coniglio bianco.»

La nostra regione ha il più basso tasso di abbandono scolastico

FINALE EMILIA. INAUGURAZIONE DEL LICEO MORANDI. LA PALAZZINA CON I LABORATORI

Una volta tanto, fa piacere commentare una buona notizia che ci riguarda. La regione Emilia-Romagna è quella, in Italia, a più basso tasso di abbandono scolastico sia alle medie che alle superiori. Ci si ferma allo 0.5% (al cui recupero, naturalmente, bisogna continuare a lavorare), testimonianza dell’impegno che, negli anni, è stato praticato nel contrasto alla dispersione. Il dato è riportato da uno studio dell’Ufficio statistica e studi del Ministero dell’Istruzione ed è relativo all’anno scolastico 2015-2016. Lo studio, ancora una volta, riflette l’immagine di un’Italia a due velocità, con divari sia geografici (nord-sud del Paese), ma anche sociali (tra studenti di origine straniera e studenti italiani, ad esempio). Sono temi dirimenti per una ripresa efficace del nostro Paese. Ma ancora una volta, possiamo andare orgogliosi dell’incisività delle politiche scolastiche e sociali attuate in questa Regione!

Ponteggi scuola

Scuole sicure, oltre 6 milioni di euro per il modenese

Ponteggi scuola
E’ stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto del Ministero dell’Istruzione che distribuisce alle Regioni le risorse previste dal programma “Scuole sicure”. Sono previsti, in totale, a livello nazionale, 321 milioni di euro da destinare a interventi di edilizia scolastica in 478 istituti. La nostra regione beneficerà di quasi 30 milioni di euro, nel modenese ne arriveranno 6 milioni e 635mila. 1 milione e 335mila euro serviranno per il primo stralcio degli interventi di miglioramento e adeguamento alla normativa antisismica dell’Istituto Barozzi di Modena; 2 milioni di euro sono destinati all’ampliamento del polo scolastico degli istituti superiori Levi e Paradisi di Vignola; 2 milioni e 100mila euro per l’ampliamento del polo scolastico degli istituti modenesi Selmi e Corni; infine, 1 milione e 200mila euro vengono indirizzati alla ristrutturazione dell’edificio, con messa in sicurezza e adeguamento sismico, funzionale ed energetico, che ospita lo Spallanzani di Castelfranco Emilia. Spetta ora alle Province e alle Città metropolitane approvare le progettazioni esecutive degli interventi ed effettuare l’aggiudicazione almeno in via provvisoria entro dodici mesi dalla pubblicazione del decreto. Si tratta di risorse importanti che la nostra Provincia stava attendendo per poter far fronte alle esigenze di manutenzione e riqualificazione delle sedi degli istituti scolastici superiori modenesi.

Di nuovo a scuola da soli


E’ finalmente in via di risoluzione il problema, sollevato da una sentenza della Cassazione, dell’uscita autonoma da scuola dei minori di 14 anni. La Commissione Bilancio del Senato ha infatti dato il proprio ok a uno specifico emendamento al Dl Fisco, a prima firma dei senatori Pd Marcucci e Puglisi. Nell’emendamento si stabilisce che i genitori, o comunque chi esercita la responsabilità genitoriale, possano autorizzare le scuole a consentire l’uscita autonoma dei minori di 14 anni dai locali della scuola al termine dell’orario delle lezioni: l’autorizzazione in questione esonera il personale scolastico dalla responsabilità connessa all’adempimento dell’obbligo di vigilanza. Un emendamento di buon senso che riporta la decisione sul se andare o meno a prendere il proprio figlio all’uscita della scuola in capo ai genitori, gli unici che sono in grado di valutare il grado di autonomia dei ragazzi e il contesto logistico in cui si muovono (vivere in un piccolo paese o in un quartiere tranquillo è, ad esempio, molto diverso che in una grande metropoli). Il tema è molto sentito anche nel modenese ed era già stato sollevato dalla consigliera comunale del Pd Grazia Baracchi. La sentenza della Cassazione, che pure muoveva da un caso drammatico, rinforzando un obbligo del Codice Penale finora superato dalle autorizzazioni dei genitori, rischiava di vanificare anni di progettualità delle scuole sui percorsi di auto-responsabilizzazione dei ragazzi (si pensi, da noi, ai vari piedibus, vado a scuola con gli amici etc…) e aveva creato grande preoccupazione tra le famiglie di genitori che lavorano, ma anche tra tutto il personale scolastico su cui, improvvisamente, veniva ricondotta totalmente la responsabilità di tutela in assenza di altri adulti. I percorsi pensati a livello locale non sono un semplice aiuto alla organizzazione familiare, ma un vero e proprio progetto educativo di crescita dei ragazzi. Con questo emendamento non si deresponsabilizza certamente la scuola, anzi si afferma una responsabilità diffusa e reciproca tra tutti i soggetti coinvolti. Viste le ricadute pratiche della sentenza della Cassazione, come Pd abbiamo deciso di risolvere il problema sollevato percorrendo la strada legislativa. Il Dl Fisco sarà approvato, insieme alla Legge di bilancio, entro la fine dell’anno. Dopo la pausa natalizia, quindi, si potrà contare su una norma chiara che consentirà una organizzazione coerente anche sul territorio, costituendo un indirizzo unitario per tutte le scuole coinvolte

Il saluto romano a Marzabotto e i 60mila xenofobi riunitisi a Varsavia


Il saluto romano e l’aquila della Repubblica sociale ostentati in un campo da calcio a Marzabotto hanno fatto il giro dei media nazionali. Unanime la condanna, netta la presa di distanza della società sportiva, più o meno spontanee le scuse del calciatore che, nelle foto pubblicate dai giornali, ostenta “baffetti” di sospetta memoria storica. Non ha fatto, invece, notizia in Italia (per questo allego il link a Globalist che, invece, ne parla diffusamente), la manifestazione di estrema destra che si è tenuta a Varsavia, in occasione delle celebrazioni dell’anniversario della ritrovata indipendenza della Polonia. Ben 60mila persone provenienti da tutta Europa si sono date appuntamento nella capitale polacca scandendo slogan razzisti e xenofobi, inneggianti all’Europa bianca e contro i neri e gli ebrei. Più volte, su questa pagina ho richiamato il pericolo di uno “sdoganamento” di ideologie che credevamo definitivamente condannate dalla Storia. Ogni volta, tra l’altro, raccogliendo pareri discordanti, con persone che mi invitavano a guardare avanti, che siamo nel 2017, che le cose sono cambiate, che sono discorsi vecchi agitati per coprire i guai del presente… Non lo credo. E la manifestazione polacca, nelle sue dimensioni e nel suo sostrato culturale, mi dà ragione. Anche l’atleta che ha inneggiato alla RSI in campo a Marzabotto ne è un vivido segnale. Ha fatto bene il presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini a invocare – per lui, ma forse anche per altri – l’obbligatorietà di una visita al Sacrario delle vittime civili dell’eccidio a Monte Sole. Come per i “turisti” polacchi, compresi gli italiani di Forza Nuova, sarebbe utile una visita al campo di sterminio di Auschwitz. Nella convinzione che solo la conoscenza può evitarci di ricadere nei tragici errori del passato.

L’eccezionale scoperta del professor De Luca e della sua équipe

Un bambino può camminare, correre, vivere una vita normale, grazie al lavoro dei ricercatori del Centro di medicina rigenerativa Ferrari dell’Università di Modena e Reggio Emilia guidati dal professor Michele De Luca. Il “bambino-farfalla” si stava letteralmente esfoliando, senza speranza alcuna di guarigione: il professor De Luca e la sua équipe sono riusciti a ricostruire, rigenerandoli, ampi lembi di pelle che poi è stata trapiantata in Germania, a Bochum, dove vive il bambino affetto da questa rara patologia. La rivista internazionale Nature ha dato conto di questo incredibile risultato. Vent’anni di ricerche si sono tradotti in una soluzione terapeutica innovativa e mai sperimentata che apre inedite speranze a tanti malati nel mondo. Siamo di fronte a un’eccezionale conquista scientifica nel campo della medicina rigenerativa tutta “Made in Mo”. Mi unisco anch’io alla grande mole di ringraziamenti che arrivano da tutto il mondo scientifico, accademico e politico nazionale e internazionale. Ora occorre unire le forze per far sì che questo centro di eccellenza mondiale sia messo in condizioni di continuare a lavorare al meglio delle sue potenzialità.