"Se il Paese del buon cibo umilia i contadini", di Carlo Petrini
In Italia, invece, di agricoltura non si parla. Certo, il cibo è al centro dei nostri dibattiti culturali e mondani, economici e sociali. Negli ultimi vent´anni persino la sinistra ha iniziato ad accettare l´idea che occuparsi di cibo non è cosa indegna per un vero intellettuale, e la destra ha iniziato ad accettare l´idea che occuparsi di cibo non deve solo servire a solleticare i peggiori istinti identitari e nazionalisti. Ma l´agricoltura resta un argomento da evitare, buono per riunioni tecniche e convegni noiosi che potendo non si sceglierebbe di frequentare. Probabilmente l´Italia del dopoguerra, proiettata sulla siderurgia, l´edilizia, il massacro di coste e ambiente a fini di lucro e di sedicente progresso, vedeva nell´agricoltura un imbarazzante ritratto di quel che era stata: povera, arretrata, inadeguata. Così per decenni i ministeri dell´Agricoltura furono i meno ambiti, una specie di Vandea in cui confinare chi non era riuscito a meritarsi di meglio. Gli ultimi due ministri, pur appartenendo allo stesso governo, si sono distinti per politiche e visioni totalmente opposte. Quote latte, Ogm, nuova ruralità: se …