Blocco delle inaugurazioni dell’anno accademico, forse l’università di Padova sarà la prima, e La Sapienza di Roma verso l’occupazione studentesca.
Sale la protesta di docenti, sindacati e ragazzi contro il piano del governo sugli atenei. Il cahier de doléances è lungo. Ricerca e università in ginocchio. Docenti «dimezzati» dal blocco del turn over e dai licenziamenti. Decreto «ammazza-precari» che impedisce stabilizzazioni. Meno laboratori e biblioteche, addio sperimentazioni. Tagli del 10% al fondo di finanziamento nel 2010, scendendo dai 7,4 miliardi attuali a 6,4 entro il 2013. Azzeramento dei fondi per l’edilizia mirata. Limiti alla contrattazione integrativa. Atenei trasformati in «super-licei» di serie A (privati) e B (pubblici). E non più in grado di pagare gli stipendi nè di chiudere in pareggio i bilanci.
Una débacle, denunciano gli operatori. Un «Piano Marshall al contrario». Le forbici infieriranno per 10 miliardi nel prossimo quinquennio: cifra speculare agli aiuti americani che nel Dopoguerra consentirono all’Italia di risollevarsi.
Il mondo della formazione e della ricerca si è già mobilitato. Molte le iniziative in campo. L’appello di un gruppo di docenti ai rettori affinché rinuncino alle inaugurazioni dell’anno accademico ha superato in pochi giorni le 1300 adesioni. Tra i promotori ci sono Gianni Vattimo, Alberto Asor Rosa, Piero Bevilacqua della Sapienza di Roma, il rettore di Padova Umberto Curi, Fulvio Tessitore dell’università di Napoli.
Proprio a Padova, a novembre, potrebbero iniziare le proteste. Ma crescono le voci di un’imminente occupazione della facoltà di Lettere della Sapienza. In quell’aula simbolica i promotori dell’appello stanno organizzando un’assemblea per il 23 ottobre. In calendario anche una giornata in cui gli studenti porteranno in facoltà i genitori e i professori spiegheranno il «valore della formazione pubblica».
I docenti hanno anche elaborato un documento che analizza nel dettaglio i guasti del decreto legge 112: quasi 1500 milioni di euro in meno in 5 anni «passando dall’ordine dell’1% del 2009 al 7,8% nel 2012-2013». Riduzione di servizi agli studenti e di infrastrutture. Prospettiva a medio termine: «Dimezzamento del numero dei docenti».
La conseguenza sarà la concentrazione dell’attività sulla didattica a scapito della ricerca, delle tesi sperimentali, dell’aggiornamento al mondo che cambia. Altrettanto devastante – denunciano – la trasformazione delle università in fondazioni: «Il sistema del diritto allo studio verrà cancellato, non sarà più assicurato per i meritevoli in condizioni disagiate». E sparirà la differenza con le private sulle tasse universitarie, più alte per tutti.
Come reagire? L’invito per il governo è a «una seria valutazione anziché tagli discriminati». La Crui, la conferenza dei rettori, ha consegnato un pacchetto di proposte al ministro Gelmini, condite da un avvertimento: o il governo rivede i contenuti della manovra, o gli atenei non riusciranno a pagare gli stipendi al personale e i conti finiranno in rosso. L’Unione Universitari è scesa in piazza contro «l’attacco del governo con tagli pesanti e la possibilità di privatizzare tutti gli atenei» inserito «in un progetto di screditamento e distruzione di tutti i servizi pubblici».
La Flc Ggil intanto fornisce i primi effetti sul settore, dove il precariato sfiora il 50%. Oggetto delle proteste l’emendamento «ammazza precari» di Brunetta: «Non si può negare il diritto a un lavoro stabile a tantissimi giovani ricercatori e universitari qualificati». Già in mobilitazione i 500 precari dell’Isfol (Istituto per la formazione professionale dei lavoratori), i 700 dell’Ispra (Istituto per la protezione e la ricerca ambientale), i 400 dell’Ingv (Istituto Nazionale di geofisica e vulcanologia). Secondo la Finanziaria in cantiere le università potranno assumere nel triennio 2009-2011 fino al 20% dei pensionamenti e fino al 50% nel 2012. Inoltre, dal primo gennaio 2009 gli scatti biennali dei docenti, con lo stesso importo, diventano triennali.
Infine l’entità dei tagli: 63,5 milioni di euro nel 2009, 190 milioni nel 2010, 316 nel 1011, 417 milioni nel 2012 e, infine, 455 milioni nel 2013. Totale: meno 1.441 milioni in aree cruciali per la crescita e la formazione dei giovani.
L’Unità 7.10.08