La cosa, per ora, funziona così. Accompagni tuo figlio ad iscriversi alla scuola superiore, ma che cosa studierà, cosa gli insegneranno, non lo sai. Sai però che le ore di lezione, a meno che non sia un liceale in erba, gli saranno ridotte. È la nuova scuola superiore disegnata da Tremonti e Gelmini. «E non chiamatela riforma, per piacere», avvertono gli insegnanti. Qualcuno suggerisce di chiamarla «deforma ». Qualcuno burocraticamente «riordino». Rossella Zamparini, insegnante di matematica, dal suo osservatorio di frontiera, l’Iiss Von Neumann, «la scuola più complessa di Roma» (due sedi nella periferia di San Basilio, una terza nel carcere di Rebibbia), la vede così: «La distruzione della scuola pubblica è iniziata, i nostri ragazzi sono stati stati premiati in Cina per i progetti sulla robotica, ma l’insegnante che li ha seguiti con questa riforma rischia di perdere il lavoro, come molti insegnanti tecnico-pratici, dicono “più matematica” e poi scopro che il prossimo anno la mia materia verrà tagliata del 30 per cento ». E ragiona: «Noi a San Basilio i ragazzi li andiamo a prendere casa per casa, saremo in contatto con almeno 800 famiglie, dobbiamo coinvolgere anche loro». Assemblea pubblica della Cgil Flc, ieri mattina, nella Sala delle Carte geografiche, a Roma. Si prepara lo sciopero della scuola del 12 marzo. Gli insegnanti arrivano da tutta Italia, da Bari, da Venezia, da Napoli. Mettono insieme un cahier de doléances, che dovrebbe chiamare in piazza tutti, non solo chi nella scuola lavora.O almeno convincere il governo a rinviare di un anno l’attuazione della riforma piovuta sulle scuole superiori, senza nemmeno i regolamenti attuativi. «Dobbiamo fermarli », dicono il segretario generale della Cgil Flc, Domenico Pantaleo, e la segretaria nazionale Maria Brigida. «Gli esuberi saranno 26mila, solo per gli insegnanti» (il 23 è fissato l’incontro sugli organici al ministero). «Le scuole non ha i soldi nemmeno per i corsi di recupero: vantano credi di 1miliardi e 600mila euro». Quanto alla riforma: «Arriveremo anche alla Corte Costituzionale se serve, perché c’è un problema di uguaglianza tra gli studenti dei licei e gli altri che si vedranno ridurre le ore di lezione da 36 a 32». In prima fila, a sentire, Giovanni Bachelet, Francesca Puglisi, del Pd, Loredana Fraleone, Prc, Bergonzi, Pdci, Simonetta Salacone, SeL. Danilo Prosdoci insegna in provincia di Venezia, nelle scuole professionali e, per paradosso, è uno di quegli insegnanti tecnico-pratici di cui la scuola secondo la riforma Tremonti- Gelmini potrà fare a meno. «Ho uno scatolone di titoli, la mia professionalità è stata riconosciuta dalla Microsoft, ma per la scuola sono un lavoratore ad esaurimento e a 52anni nonvoglio nemmeno sapere cosa significa». Eppure: «Quando escono dalle nostre scuole ai ragazzi chiedono: cosa sai fare? Io invece adesso di fronte ai tagli della riforma mi chiedo: con tre ore a settimana cosa gli insegnerò?». Il tam tam in molte scuole è già partito. «Noi abbiamo scritto una lettera al ministro e abbiamo chiesto alle famiglie di firmarla: 1200 firme e molti nel nostro territorio hanno votato questa maggioranza che ci governa», racconta Mirella Alcamone, del liceo Anco Marzio di Ostia. «Abbiamo bisogno di un sistema di istruzione che sappia promuovere i più deboli e che non separi i forti dai deboli a quattordici anni», è il grido di aiuto di Pina Bonaiuto, preside di istituto professionale a Nola: «L’istituto alberghiero della nostra zona vanta 700mila euro di credito dallo Stato e non sa nemmeno se li avrà restituiti »
L’Unità 18.02.10
Pubblicato il 18 Febbraio 2010