Da molti anni, nel mondo della ricerca italiana, lo spazio per i giovani va sempre più riducendosi. Per questo era ed è una buona idea il bando Firb Futuro in Ricerca del dicembre 2008. Il programma è destinato a favorire «sia il ricambio generazionale sia il sostegno alle eccellenze scientifiche emergenti, destinando adeguate risorse al finanziamento di progetti di ricerca fondamentale», risorse riservate a giovani ricercatori anche non strutturati. Un segnale positivo ai trentenni che – non solo nel mondo della ricerca – stanno pagando il conto di tante scelte sbagliate degli ultimi decenni.
Il bando al riguardo assicurava che la procedura di valutazione si sarebbe conclusa ad agosto 2009. Termini ragionevoli, specificati per venire incontro alla necessità di una risposta rapida dei proponenti non strutturati che proprio da questi progetti avrebbero dovuto ricavare il loro sostentamento. Era essenziale scegliere bene: grave sarebbe stato infatti l’impatto di scelte sbagliate con la possibile perdita per il paese del contributo di giovani meritevoli, che si potrebbero veder costretti ad abbandonare definitivamente il mondo della ricerca, almeno italiana.
Le proposte non sono mancate, quasi 4mila, confermando la drammatica sproporzione tra risorse disponibili (50 milioni) e richieste. Ma, ne ho parlato su queste pagine, questi sono tempi in cui i fondi, oggettivamente, sono pochi.
Da qui, la storia di questa buona idea svolta e punta decisa al peggio. Sotto la pressione della difficile scelta (e non solo di quella) il Comitato Firb entra in fibrillazione e il suo presidente arriva alle dimissioni: nulla succede per dare le risposte rapide e rigorose attese dai giovani proponenti. Monta quindi la protesta per il ritardo e sull’onda del “fare presto” le regole della selezione vengono, ahimé, “semplificate”.
Scompaiono quasi completamente gli stranieri, e valutatori quasi tutti italiani (in moltissimi casi, un solo valutatore) giudicano le proposte. In questi giorni sono stati ammessi a un’audizione a partire dal mese di febbraio un totale di 204 progetti. Il 95% circa delle proposte, ovvero 3.588, è stato scartato in base alla sola votazione numerica attribuita, senza alcuna valutazione comparativa, senza un disegno equilibrato tra le diverse aree scientifiche, senza alcuna reale possibilità di capire il ruolo effettivo del proponente. L’esempio delle procedure seguite per gli Starting Grant di Erc o gli altri progetti europei non è stato considerato. Dobbiamo registrare che sono ammessi i soli progetti che hanno avuto una valutazione di 40/40. Ho personalmente visto schede di valutazione estremamente elogiative («progetto eccellente», «altamente innovativo», «progetto da finanziare», eccetera) con votazioni di 39 o 38 su 40, e i progetti tanto lodati non sono stati ammessi all’audizione. Ho visto anche progetti ben scritti da giovani ricercatori che sono stati positivamente valutati (38 o 39/40) con giudizi redatti in un inglese così approssimativo, così palesemente italoinglese, che i proponenti – forti delle loro esperienze all’estero, delle loro collaborazioni internazionali – non possono che trovare imbarazzanti. Non mi sorprende il rigetto per verdetti basati su schede di valutazione così poco professionali che, per un punto su 40 (!), costringono il proponente a rinunciare alla propria indipendenza scientifica, a emigrare o ad abbandonare la ricerca.
Nei prossimi mesi i 204 saranno ascoltati dai comitati d’area per selezionare il manipolo dei vincitori. Questa fase dovrà essere rigorosa e trasparente e dovrà accertare il reale contributo individuale dei proponenti. Certo, la dimensione dei comitati sorprende: tre persone per coprire aree scientifiche vastissime. Spero vivamente che questo lavoro porterà all’ampliamento del numero delle audizioni, includendo progetti con votazione di 39 o 38 quarantesimi. Si troveranno progetti e proponenti validissimi, forse ancora più validi a questo più attento scrutinio.
Anche se sarà fatta al meglio, però, questa fase non basterà a rendere un successo l’iniziativa. Resto comunque dell’opinione che l’idea guida sia buona, che molto buone siano numerose idee progettuali dei nostri giovani e che queste potrebbero contribuire in modo significativo allo sviluppo culturale ed economico del paese. A mio avviso esiste una sola opzione per non perdere il “futuro in ricerca”: bandire immediatamente l’edizione 2010 e correggere drasticamente le procedure di selezione. A questo nuovo bando devono essere destinati i 50 milioni annunciati dal ministro per il programma Firb futuro in ricerca lo scorso novembre. Forse siamo ancora in tempo, ma di tempo per questi (un po’ meno) giovani ne è rimasto poco.
Il Sole 24 Ore 30.01.10