Sembrava un provvedimento poco importante. E invece il disegno di legge numerato “1441 quater B” contiene una profonda riforma del mercato del lavoro italiano. Questo testo – approvato ieri dalla Camera e che passa al Senato – cambia completamente le regole del gioco per quanto riguarda punti fondamentali. L’efficacia erga omnes dei contratti nazionali; la possibilità di licenziare pagando una semplice indennità monetaria; il rapporto tra contratto di lavoro stabile e contratto a termine; la scelta tra giudice del lavoro e arbitro per risolvere le controversie. Usando alcune delle idee elaborate nel 2001-2002 da Marco Biagi – a cominciare dalla «certificazione» dei contratti – la riforma svuota in modo significativo il finora rigidissimo potere di regolazione sancito nei contratti nazionali, e rende sulla carta molto più flessibile (precario, dicono gli oppositori) il mercato del lavoro. E in più, la novità che riguarda l’apprendistato e l’obbligo scolastico, che potrà essere assolto anche lavorando a 15 anni.
Nessuna sorpresa ieri nelle votazioni finali. Tantissime le novità, difficile sintetizzarle. Un campo è quello delle controversie di lavoro, comprese quelle legate al trasferimento di azienda e al recesso: viene limitata la giurisdizione del giudice e viene privilegiato il canale dell’arbitrato e della conciliazione. In caso di licenziamento del lavoratore, il giudice dovrà tenere conto dei parametri del contratto e delle dimensioni e delle condizioni dell’attività esercitata dal datore di lavoro, della situazione del mercato del lavoro locale, dell’anzianità e delle condizioni del lavoratore, del comportamento delle parti anche prima del licenziamento. Con la «certificazione» – affidata a moltissimi enti, oltre che ai consulenti – sarà possibile rendere «regolari» contratti di lavoro con retribuzioni o regole peggiori di quelle stabilite nei contratti. Sempre in questo modo si potrà stabilire la rinuncia preventiva del lavoratore ad andare dal magistrato in caso di controversie.
Altra situazione molto comune: ci saranno risarcimenti (e non più la stabilizzazione) per le violazioni delle regole sui contratti di lavoro a termine. Finora il lavoratore con troppi contratti a termine veniva assunto, finalmente; con la riforma al datore di lavoro basterà pagare un risarcimento sotto forma di un’indennità di importo variabile da 2,5 a 12 mensilità. Un’indennità che viene dimezzata nel caso di contratti collettivi che prevedano l’assunzione, anche a tempo indeterminato, di lavoratori già occupati a termine nell’ambito di specifiche graduatorie.
In materia scolastica, a 15 anni si potrà chiudere l’obbligo scolastico lavorando come apprendista, previa «necessaria intesa tra Regioni, ministero del Lavoro e ministero dell’Istruzione, sentite le parti sociali». Il governo si prende due anni per varare la riforma degli ammortizzatori sociali. Altre novità riguardano i ricercatori universitari, le agenzie del lavoro, la Borsa lavoro, i medici della sanità pubblica, i pensionandi con lavori usuranti, il Casellario Inail degli infortuni.
Ovviamente diverse le valutazioni. «Sono soddisfatto. È stata una battaglia parlamentare difficile ma condotta con lealtà tanto da noi quanto dall’opposizione», commenta il relatore, Giuliano Cazzola (Pdl). «Proseguono le scelte pessime del governo nelle materie sociali», dice Cesare Damiano (Pd). «Provvedimento con luci e ombre», afferma Giorgio Santini della Cisl. «Sono norme sbagliate e gravi – attacca Fulvio Fammoni, Cgil – che capovolgono i fondamenti del diritto del lavoro nato per tutelare i più deboli. Reagiremo».
La Stampa 29.01.10
Pubblicato il 29 Gennaio 2010