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"Ancora ritardi per il sostegno alle famiglie", di Daniela Del Boca e Arianna Visentini

Tra i pochi interventi varati negli ultimi anni a sostegno delle famiglie che lavorano e hanno figli piccoli, figura la legge 53/2000. Prevede contributi a fondo perduto alle imprese che presentano progetti per facilitare la conciliazione lavoro-famiglia dei dipendenti. A pochi anni dalla sua entrata in vigore però si è già arenata tra ritardi e sospensioni. Si preclude così l’opportunità di costruire una convergenza di interessi tra le aziende e i lavoratori, tra interessi sociali ed economici. Adattare la misura alle piccole e medie imprese.

Tra i pochi interventi varati negli ultimi anni a sostegno delle famiglie che lavorano e hanno figli piccoli, figura la legge 53/2000, che ha rappresentato un importante passo avanti. (1) Purtroppo, però, a pochi anni dalla sua entrata in vigore si è già arenata tra ritardi e sospensioni.

I CONTRIBUTI DELL’ARTICOLO 9

L’articolo 9 della legge 53 del 2000 (modificata dalla Legge finanziaria per il 2007 e dalla legge 69/2009) prevede contributi a fondo perduto per imprese che, per facilitare la conciliazione lavoro-famiglia dei dipendenti con carichi familiari, presentino progetti per l’introduzione di forme di flessibilità della prestazione lavorativa, come telelavoro, lavoro a domicilio, banca delle ore, orario flessibile, orario concentrato, flessibilità dei turni, piani formativi e infine servizi salva-tempo o di supporto alla conciliazione quali voucher baby sitter o convenzioni con strutture di accudimento per figli minori o anziani non autosufficienti.
Nel periodo 2003-2008 sono state attivate sperimentazioni locali. È in questa fase che diverse amministrazioni pubbliche hanno investito risorse per diffondere le opportunità offerte dall’articolo 9 presso le imprese. Nello stesso periodo sono anche stati realizzati numerosi progetti a valere sui fondi europei che hanno consentito la diffusione dello strumento. Dal 2000 in avanti i finanziamenti erogati hanno subito un incremento costante. Anche il numero di progetti approvati è costantemente aumentato, così come il tasso di successo, che ha registrato un significativo miglioramento grazie al rafforzamento delle attività di supporto alla progettazione fornite dalla struttura di assistenza tecnica presso il dipartimento Politiche per la famiglia.
Nonostante l’aumento costante, uno studio condotto dall’Isfol mostra come il numero totale dei progetti finanziati sia ancora piuttosto esiguo: meno di 700 in otto anni, inclusi i progetti con finalità di formazione e facilitazione al rientro post-maternità, anche perché le somme stanziate sono limitate e i tempi che intercorrono tra presentazione del progetto e approvazione sono piuttosto lunghi (si è arrivati a un anno di attesa). (2)
Non solo, un’analisi della distribuzione regionale mostra come Emilia Romagna, Piemonte, Lombardia, Veneto e Toscana abbiano assorbito la quasi totalità dei progetti, con un exploit della provincia di Mantova che su un territorio con soli 400mila abitanti ha saputo proporre quasi una trentina di progetti in poco più di due anni portando alle aziende mantovane circa 2 milioni di euro.

LA REVISIONE CHE BLOCCA I BANDI

Come spesso accade per le policy messe in atto nel nostro paese, non disponiamo di adeguati indicatori di efficacia e risultato che ne rendano visibili e misurabili gli effetti, nonostante l’esperienza particolare di alcuni territori ne restituisca un quadro confortante dal punto di vista qualitativo

Eppure nel febbraio 2009 i bandi sono stati sospesi, in attesa dell’approvazione della riformulazione dell’articolo 9. A tutt’oggi i nuovi bandi non sono stati ripubblicati: è terminato infatti l’iter di approvazione del nuovo articolo 9, ma i documenti applicativi non sono ancora stati licenziati dalla conferenza Stato-Regioni. Si preclude così l’opportunità di costruire una convergenza di interessi tra le aziende e i lavoratori, tra interessi sociali ed economici e quindi, ove ben applicato, di alimentare una sorta di economia del work-family o “sistema di convenienze” la cui importanza viene sottolineata dallo stesso piano Italia 2020. (3)
L’articolo 9, nel suo impianto essenziale, costituisce uno strumento di incentivo e sostegno al cambiamento e alla diffusione di una economia sostenibile e responsabile all’interno delle aziende. Così come sono stati stanziati fondi per la riduzione dell’impatto ambientale o per il sostegno alla ricerca industriale, allo stesso modo l’articolo 9 deve essere concepito come un fondo incentivante per le aziende che investono nel capitale umano e in particolare nella innovazione organizzativa in favore della conciliazione famiglia-lavoro. È quindi necessario stanziare risorse per le aziende italiane che promuovono progetti sperimentali, ma anche per l’unità di assistenza tecnica che dovrebbe occuparsi della promozione dello strumento, della individuazione dei criteri applicativi, della definizione delle linee guida per la realizzazione e rendicontazione, del monitoraggio e valutazione dei progetti. Alcuni premono affinché l’articolo 9 venga declinato su base regionale così come già accade per le politiche dei tempi della città, e perché siano quindi le Regioni a gestirlo direttamente, a valutare i progetti, a stanziarne le risorse in aggiunta a quelle messe a disposizione dal governo. La decentralizzazione a livello regionale ne renderebbe forse più efficace l’applicazione e più diretto il contatto con le aziende e gli enti locali, ma sta di fatto che una correzione e revisione dello strumento non dovrebbe inibirne l’utilizzo, come accade da un anno a questa parte.
Se è vero che l’economia del nostro paese si regge su piccole e medie imprese spesso a gestione famigliare che hanno difficoltà di accesso alle soluzioni migliori, a realizzare economie di scala, a costruire reti e filiere, a conoscere norme, leggi e burocrazie, allora dobbiamo rendere lo strumento efficace e adeguato a questa tipologia di utente e utilizzatore tipico. Dobbiamo rendere la norma semplice e farla conoscere. Ma soprattutto non possiamo permetterci quei continui ritardi e inefficienze che disilludono gli operatori economici e che alla fine si ripercuotono sui lavoratori e lavoratrici e sulle loro aspettative e speranze. Alcune leggi a sostegno della conciliazione famiglia-lavoro ci sono. Dobbiamo farle funzionare.

(1) D. Del Boca e A. Rosina “Famiglie sole” il Mulino 2009.
(2) D. Gobbi (2009), Conciliare famiglia e lavoro: un aiuto dai fondi Articolo 9 della Legge 53/2000, Focus ISFOL Tema Coesione Sociale, n. 2009/2 dicembre.
(3) Italia 2020 ministero Pari opportunità.
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