“Un brutto ritorno al passato, che mortifica gli sforzi per far acquisire a tutti i ragazzi entro i 16 anni quel patrimonio di saperi e competenze necessario per affrontare la vita adulta con consapevolezza e pari opportunità”. Così le deputate Manuela Ghizzoni e Maria Coscia commentano l’approvazione dell’emendamento Cazzola che estende l’assolvimento dell’obbligo scolastico ai percorsi di apprendistato. “Dopo averci provato invano in finanziaria, ora la maggioranza è riuscita nel proprio intento di stravolgere e svuotare nella sostanza l’innalzamento dell’obbligo di istruzione voluto dal precedente governo Prodi. Speravamo di esserci lasciati alle spalle il doppio binario della Moratti che separava i ragazzi di 13 anni in due gruppi incomunicabili: da una parte gli abili al lavoro con scarsissime speranze di successo personale e professionale, dall’altra gli arruolati allo studio con ben maggiori possibilità di affermazione. Insomma, avanti verso il passato e a farne le spese saranno i ragazzi, precocemente segnati nel loro futuro dalle condizioni sociali, e lo sviluppo dell’intero Paese. Mentre la commissione lavoro approvava questo scempio in commissione istruzione la maggioranza dava il via libera ad un riordino delle scuole superiori di stampo gentiliano: altro che riforma è un brutto ritorno al passato”.
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Al lavoro a 15 anni invece che in classe, passo indietro sull’obbligo scolastico.
Critiche dai sindacati: “Non è così che si aiuta l’occupazione dei giovani”
di SALVO INTRAVAIA
Al lavoro a 15 anni e scoppia la polemica tra governo e opposizione. “La maggioranza fa carta straccia dell’obbligo scolastico: inaccettabili questi salti all’indietro sul tema della formazione”, dichiara l’ex ministro della Pubblica istruzione, Giuseppe Fioroni (Pd). Al centro della querelle un emendamento al disegno di legge Lavoro, collegato alla Finanziaria, approvato questa mattina dalla commissione Lavoro della Camera, che prevede che l’apprendistato possa valere a tutti gli effetti come assolvimento dell’obbligo di istruzione. Se il provvedimento dovesse andare in porto gli studenti meno volenterosi potrebbero uscire dalle aule scolastiche un anno prima dell’attuale obbligo scolastico, fissato a 16 anni.
Ma l’Ue e tutti i più recenti studi sul capitale umano ci chiedono il contrario: aumentare la permanenza a scuola dei nostri adolescenti e ridurre la dispersione scolastica. “La maggioranza e il ministro Sacconi – continua Fioroni – hanno deciso di fare carta straccia dell’obbligo scolastico. E’ inaccettabile che, invece di intensificare gli sforzi per collegare la fase educativa alla formazione e mettere in grado i ragazzi italiani di poter competere ad armi pari con i loro colleghi nel resto del mondo, qui si decida di fare un salto all’indietro così macroscopico”.
In effetti, gli ultimi studi di Ocse (l’Organizzazione internazionale per la cooperazione e lo sviluppo economico) e Banca d’Italia raccomandano l’esatto opposto: investire in istruzione. Lo scorso mese di novembre, la Banca d’Italia ha pubblicato uno studio dall’emblematico titolo “Investire in conoscenza”. I due economisti Federico Cingano e Piero Cipollone evidenziano tutti i vantaggi connessi con un aumento del grado di preparazione dei cittadini italiani. Un massiccio investimento da parte dello stato in istruzione verrebbe più che compensato dalle entrate fiscali, a parità di prelievo, e dai minori costi derivanti dall’aumento del tasso di occupazione. E un anno in più sui banchi di scuola rende, secondo gli esperti di Bankitalia, nel medio-lungo periodo quasi il 9 per cento in termini di remunerazione del lavoro. I vantaggi maggiori sono per i laureati, il cui titolo di studio può fruttare più del 10 per cento e il diploma di maturità, il 9,7 per cento
Durissimo il commento del senatore Antonio Rusconi, componente della commissione Cultura di Palazzo Madama. “Si tratta di un provvedimento assurdo che ci allontana ancora di più dai livelli dell’istruzione previsti dal trattato di Lisbona e soprattutto annulla una conquista importante del governo del centrosinistra, ovvero l’obbligo all’istruzione svolta nella scuola superiore o professionale fino a 16 anni, ma comunque nella scuola”. “Di fatto – prosegue Rusconi – il governo Berlusconi sembra orientare la scuola e la società italiana verso indirizzi ‘classisti’, la serie A dei licei, la serie B degli Istituti tecnici, la serie C dei professionali, e ora per qualcuno, subito dopo la terza media, l’idea di andare subito al lavoro”. All’estero, secondo il senatore del Partito democratico, “la crisi economica la si sta combattendo con più investimenti” su scuola, università e formazione.
Nel 2003, una comunicazione della Commissione europea considerava “imperativo categorico” l’investimento efficiente nell’istruzione e nella formazione. Nel marzo 2000 il Consiglio europeo di Lisbona ha fissato all’Ue l’ambizioso obiettivo strategico di diventare entro il 2010 “l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale”. Il Consiglio europeo “ha ribadito che il futuro dell’economia (e della società) europea dipenderà dalle abilità dei suoi cittadini e che queste a loro volta richiedono un aggiornamento continuativo caratteristico delle società basate sulla conoscenza”.
E secondo l’ultimo lavoro dell’Osce, “Education at a Glance”, in Italia la laurea, in termini di resa salariale, è un affare. In base ai calcoli dell’Ocse un uomo laureato può aspettarsi rispetto a un diplomato un vantaggio salariale durante la carriera superiore a 322 mila dollari, mentre per una donna il beneficio si ferma a 136 mila. La media Ocse è di 186 mila a livello lordo per un uomo e di 134 mila per una donna. E con un titolo di studio più elevato ci si assicura anche meglio contro la disoccupazione.
“E’ l’ultimo atto dello smantellamento di un vero obbligo scolastico”: così il segretario della Flc-Cgil, Mimmo Pantaleo, commenta l’emendamento. “Siamo decisamente contrari. Prevedere questo – afferma il sindacalista – significa mettere in discussione l’essenza stessa dell’obbligo scolastico che va assolto nei percorsi di istruzione e formazione, e non attraverso l’apprendistato che nella maggior parte dei casi si traduce in un lavoro vero e proprio dove di apprendimento c’è ben poco”.
Critiche sono state espresse anche dal segretario confederale della Cisl, Giorgio Santini. “L’emendamento sull’apprendistato approvato dalla commissione Lavoro della Camera, in modo frettoloso e senza nessuna consultazione delle parti sociali, deve essere corretto prima dell’approvazione in Aula del ddl lavoro prevista per la prossima settimana”. “In particolare – aggiunge Santini – va attentamente valutato il rischio di un conflitto tra norme, stante la vigente legge 296/06 che fissa l’obbligo di istruzione a 16 anni, che porterebbe alla paralisi operativa”. La richiesta del sindacato è quella di “rilanciare l’apprendistato per aiutare concretamente l’occupazione dei giovani”, ma di farlo in collegamento con “percorsi di istruzione e formazione professionali nei quali, come previsto dalla legge, si assolva all’obbligo di istruzione”.
La Repubblica 20.01.10
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Il governo: al lavoro a 15 anni. L’opposizione: «È un passo indietro»
L’obbligo di istruzione (innalzato a 16 anni dalla finanziaria del 2006) «si assolve anche nei percorsi di apprendistato». Bastano poche parole in un emendamento per far scoppiare la polemica tra maggioranza e opposizione. L’emendamento della discordia è stato votato oggi in commissione lavoro alla Camera come modifica al ddl sui lavori usuranti collegato alla Finanziaria. Autore dell’emendamento, che contiene uno dei cavalli di battaglia del ministro del lavoro, Maurizio Sacconi, è il relatore del ddl Giuliano Cazzola (Pdl).
Se il testo passerà (il ddl arriva in aula alla Camera lunedì) si potrà andare a lavorare a 15 anni e utilizzare l’apprendistato per coprire l’ultimo anno obbligatorio di scuola. «Siamo disponibili a fornire ulteriori chiarimenti sul provvedimento – commenta Cazzola alla Dire, rispondendo anche alle polemiche sorte dopo il voto in commissione – comunque c’è un clamore eccessivo su questa novità. Chi fa l’apprendistato a 15 anni, infatti, non è obbligato a rinunciare alla sua istruzione, è solo una possibilità che viene offerta. Anche perchè l’innalzamento a 16 anni dell’obbligo scolastico non ha alcuna espressione di carattere curricolare. Allo studente non resta in mano nulla dopo quei due anni di scuola dai 14 ai 16 anni. Al massimo può fare una formazione di base che non dà nulla. Tanto vale andare a lavorare». L’assolvimento dell’obbligo scolastico con l’apprendistato era già stato previsto nel maxiemendamento alla finanziaria, ma poi era stato eliminato per estraneità alla materia della legge di bilancio. Il governo (vedi alla voce Sacconi) ha dunque chiesto di recuperarlo e inserirlo nel ddl sui lavori usuranti.
Le reazioni
«L’obbligo scolastico a 16 anni, una riforma di civiltà del governo Prodi in sintonia con l’Europa, è annullata da una norma voluta dal ministro Sacconi per l’apprendistato a 15 anni. Ancora una volta il governo Berlusconi, totalmente incapace di riforme, si impegna a distruggere quelle fatte togliendo opportunità di futuro ai giovani e di sviluppo economico per il paese». Lo ha affermato la senatrice del Pd Mariangela Bastico. Per Bastico «l’azione del governo sta raggiungendo l’apice della contrapposizione nei confronti di quanto l’Europa fa per uscire dalla crisi investendo sulla formazione delle persone. Con questa norma – attacca la senatrice – si toglie diritto ad un anno di scuola per tanti ragazzi maggiormente in difficoltà e si abbassa dai 16 ai 15 anni l’età minima per entrare nel mondo del lavoro. Sa bene, infatti, il ministro Sacconi che l’apprendistato è, a pieno titolo, un contratto di lavoro che prevede una piccola quota di formazione». Il Pd, conclude, «intende opporsi duramente a questa scelta scellerata che fa tornare indietro il paese».
Contraria anche la Cgil. «Non è con l’abbassamento dei diritti o con la propaganda che si affrontano temi centrali come il lavoro dei giovani e la lotta al sommerso», ha affermato il segretario confederale della Cgil, Fulvio Fammoni. Il Pdci chiede a Napolitano di stoppare la norma. «Il Governo – afferma il coordinatore nazionale Flavio Arzarello – uccide i sogni e incoraggia l’ignoranza. Con questo provvedimento il Pdl spinge l’Italia in un Medioevo post-industriale. Invitiamo il presidente della Repubblica Napolitano a stoppare questa scelleratezza, degna di un governo senza nè arte nè parte. Se vogliamo uscire dalla crisi – prosegue – l’unico modo è investire sul sapere e nella ricerca e non sulla manodopera gratuita dei giovani, che così vivranno un’esistenza da schiavi».
L’Unità 20.01.10
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