Quel pomeriggio di metà luglio il Procuratore capo di Pescara Nicola Trifuoggi sembrò a tutti sinceramente convinto e convincente nel motivare la richiesta di arresto del presidente della Regione Abruzzo Ottaviano Del Turco, di assessori e funzionari della sua Giunta: «Stavano distruggendo la sanità in Abruzzo», gli indagati sono «schiacciati da una valanga di prove», è dimostrato il pagamento di tangenti, «una barca di soldi, circa 30 miliardi di vecchie lire».
Grande fu l’effetto di quel tintinnar di manette: l’immediato infarto della giunta di centrosinistra e cinque mesi più tardi la vittoria del centrodestra alle elezioni anticipate. Sull’inchiesta si spensero i riflettori: le parole di Trifuoggi sembravano preludere ad un processo così ben istruito da poter essere rapidamente archiviato. E invece dal giorno degli arresti – era il 14 luglio 2008 – la Procura si è avvalsa per due volte della facoltà di chiedere una proroga delle indagini. In un anno e mezzo sono state disposte circa un centinaio di rogatorie internazionali alla ricerca di conti esteri o di società off-shore. Ma non un soldo è stato trovato e il pilastro dell’accusa resta, essenzialmente, la parola del «collaboratore» Vincenzo Angelini, il patron delle cliniche abruzzesi che dopo aver goduto per anni di trasferimenti miliardari da parte della Regione, ad un certo punto raccontò ai magistrati di essersi stancato dei ricatti dei politici.
Ma nel frattempo dalle carte del processo sono spuntate alcune sorprese: la Procura – nel richiedere il rinvio a giudizio degli imputati per reati gravi come la concussione e l’assocazione per delinquere – contestualmente ha dovuto depositare gli atti via via acquisiti. E sono emersi tre rapporti – uno dei Carabinieri, uno della Guardia di Finanza e due della Banca d’Italia – che fino ad oggi non potevano essere conosciuti dalle parti e che sembrano andare in una direzione diversa da quella dell’accusa. In un rapporto riservato i Carabinieri avevano chiesto l’arresto di Angelini e di sua moglie e quanto alla giunta Del Turco si dimostrava che non aveva favorito le cliniche private, ma avviato invece un drastico taglio alle richieste illegittime del loro patron.
E così, dopo un anno e mezzo, da qualche giorno a Pescara il vento è girato. A cominciare dal Pd, che finora mai aveva difeso la “sua” Giunta. Per il capogruppo consiliare Marco Alessandrini, figlio di Emilio, il procuratore ucciso da Prima linea, «il rapporto dei Carabinieri offre un punto di vista diametralmente opposto a quello cristallizzato negli arresti» e persino il prudentissimo Franco Marini, oggi in un’intervista al “Centro”, esce allo scoperto: «Dai documenti oramai pubblici è inconfutabile come la giunta Del Turco abbia agito con coraggio rispetto ai costi della sanità privata e che l’accusa si basi soltanto sulle dichiarazioni di Angelini».
Il citatissimo rapporto dei Carabinieri del Nas documenta una serie di truffe ai danni della Regione consumate all’interno delle cliniche convenzionate di Angelini, reati così gravi da indurre l’Arma a consigliare la reclusione del patron. E’ importante la data del rapporto: 16 giugno 2008. Un mese più tardi infatti scattano gli arresti: non per Angelini però, ma per Del Turco e per i suoi collaboratori. Cosa è accaduto per invertire il destinatario delle manette? Ancora poche settimane prima Angelini aveva dichiarato ai magistrati di non aver mai dato un soldo ai politici e, anzi, di essere stato massacrato dalla giunta Del Turco.
Poi, intuìto forse che per lui l’aria si stava facendo pesante, ha cambiato versione. Ha detto la verità? Oppure è vero il contrario? Lo stabilirà il processo e in quella sede gli imputati faranno valere anche un altro dato emerso dal rapporto dei Carabinieri: negli anni tra il 2005 e il 2007 la giunta di centrosinistra aveva tagliato drasticamente i fondi destinati alle cliniche di Angelini, sospettate di una gestione troppo “allegra”, con una decurtazione di circa 43 milioni di euro, quadrupla rispetto ad analoghi tagli disposti dalla precedente giunta di centro destra. Tra gli atti depositati dalla Procura, ci sono anche due rapporti prodotti dalla Banca d’Italia (tra agosto e ottobre del 2008) e dalla Guardia di Finanza (settembre 2008) che segnalavano movimentazioni di denaro «sospette», estero su estero, in particolare una con la quale Angelini pescò, non si è capito da dove, 3 milioni di euro per pagare gli stipendi dei propri dipendenti.
La Stampa 09.10.01