Processo breve allargato a tutti i reati ma con tetti temporali graduati. Le parti lese, mentre la causa sarà sospesa, potranno rivalersi in sede civile. Questa volta sarà un lodo “reiterabile”. E non sarà neppure “rinunciabile”. Significa che Berlusconi non solo ne fruirà subito, in quanto premier, ma ne potrà godere anche nel corso della legislatura o in una successiva qualora dovesse occupare un’altra delle tre alte cariche (presidenti Repubblica, Senato, Camera) “protette” dal futuro scudo costituzionale per congelare i processi penali in corso. Non solo: al lodo ter, che arriva dopo i due già bocciati dalla Consulta e firmati da Schifani e Alfano, né il Cavaliere né gli altri vertici dello Stato potranno rinunciare. Giusto il contrario di quanto prevedeva il lodo Alfano, col quale, finito l’incarico, il premier doveva affrontare di nuovo il dibattimento.
Sarà depositato in Senato la prossima settimana, ma del lodo Quagliariello-Centaro cominciano a filtrare indiscrezioni. Che per certo, per via del contenuto, non saranno gradite all’opposizione e sono destinate a suscitare polemiche. Soprattutto perché si saldano con le modifiche al processo breve, fresco di summit ad Arcore tra il Cavaliere, il Guardasigilli Angelino Alfano e il suo avvocato Niccolò Ghedini. Cambiamenti che non attenuano affatto le caratteristiche di una legge ad personam che il Csm ha bocciato come “inedita amnistia”. La riforma della giustizia, che Berlusconi promette per il 2010, parte dal gioco delle tre carte – lodo congela-processi, legittimo impedimento, processo breve – che ha nel premier l’unico protagonista e persegue un obiettivo, cancellare in un modo o nell’altro i processi Mills e Mediaset.
Cominciamo dal lodo ter, l’ultima creatura nel lungo elenco delle leggi scritte per salvare Berlusconi. Il testo è pronto. Visionato ad Arcore con tanto di via libera. Ci hanno lavorato il vice presidente dei senatori Pdl Gaetano Quagliariello e il numero due della commissione Giustizia Roberto Centaro. Prevede un triplice intervento sulla Costituzione, agli articoli 68, 90 e 96, i tre che si occupano delle tutele dei parlamentari, del capo dello Stato, del premier e dei ministri. Tre righe in più in ognuno dei tre, con una formula sempre identica in cui cambia soltanto la qualifica della carica garantita dalla nuova tutela. “Fatte salve le disposizioni contenute nel presente articolo, i processi penali del presidente della Camera e del Senato (oppure del presidente della Repubblica, o ancora del solo presidente del Consiglio e non dei singoli ministri) sono sospesi fino al termine dell’esercizio delle funzioni e della carica”.
All’integrazione costituzionale seguono le regole processuali per disciplinare i futuri dibattimenti sospesi. Quella, già contenuta nel defunto lodo Alfano, per cui le altre parti del processo possono nel frattempo rivalersi in sede civile. E quelle sulla reiterabilità e la non rinunciabilità. Due scelte motivate dal fatto che il nuovo lodo costituzionale, secondo chi lo ha scritto, non riguarda la singola persona che ne fruisce, ma la carica che riveste. Due scelte che potrebbero diventare una mina nel testo in quanto furono già sanzionate dalla Consulta quando esaminò e bocciò nel 2004 il lodo Schifani. Uno scudo reiterabile rischia di bloccare per un tempo anche molto lungo il processo.
Assicurato lo scontro con l’Idv, assai probabile quello con Pd, a rischio anche l’intesa con l’Udc che ha “regalato” a Berlusconi la via di fuga del legittimo impedimento. Col gioco delle tre carte il premier e i suoi attaché chiedono troppo. Casini ha messo sul piatto, per 18 mesi, la possibilità di considerare gli impegni istituzionali del premier un motivo sempre valido per rinviare praticamente sempre le udienze, ma chiedeva in cambio di ritirare il processo breve. E Berlusconi che fa? Cerca di cambiargli nome e da processo breve vuole ribattezzarlo processo “certo”. Ma ne lascia inalterata la potenzialità distruttiva, anzi l’amplifica. La versione originaria prevedeva l’obbligo del processo breve (due anni per ogni fase) solo per i reati sotto i 10 anni. Adesso riguarderà tutti i delitti, anche quelli più gravi (mafia e terrorismo) con l’escamotage della durata differente. Ne fruiranno tutti, pure i recidivi, altrimenti sarebbe stato incostituzionale. Due anni e sei mesi per i processi sotto i dieci anni, tre per quelli al di sopra. Le norme entreranno in vigore subito, per i crimini, indultabili, commessi prima del maggio 2006. Quindi riguarderanno anche Berlusconi. Il gioco delle tre carte, appunto.
La Repubblica 07.01.10