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"Il governo e la lotta alla povertà", di Chiara Saraceno

Ancora una volta Berlusconi ha dichiarato che il suo governo ha risposto alla crisi economica meglio di altri e soprattutto fornendo una protezione più adeguata a chi dalla crisi è stato più colpito. Chi dice il contrario è disfattista e semina odio, per giunta scoraggiando i consumi. Il fatto è che, contrariamente a quanto dichiarato da Berlusconi, Tremonti e Sacconi, le cose non stanno affatto così. La platea di chi è totalmente privo di protezione in Italia rimane molto ampia e le misure pur messe in campo (social card, bonus fiscale, bonus elettrico, cassa integrazione in deroga per co.co.pro. con monocommittente) sono ancora una volta categoriali, e per ciò stesso non adatte a proteggere tutti coloro che sono in un identico stato di bisogno. Inoltre spesso mancano il bersaglio per difetto di impostazione.
Molti studi (uno per tutti, Flexi-insecurity, di Berton, Richiardi e Sacchi, il Mulino 2009) hanno documentato l´inadeguatezza del sistema di protezione di chi perde il lavoro, stante non solo la frammentarietà ed eterogeneità degli istituti, ma i molti lacci e lacciuoli che di fatto impediscono a molti, che pure vi avrebbero teoricamente diritto, di accedervi. Lo ha ripetuto anche il Governatore della Banca d´Italia, stimando in circa 1.600.000 il numero di lavoratori che hanno perso il lavoro senza aver accesso a nessuna protezione.
Sulla inadeguatezza del sostegno a chi si trova in povertà in un paese che manca di una misura di reddito minimo, la Commissione di indagine sulla esclusione sociale ha nelle settimane scorse pubblicato un corposo rapporto. Esso comprende anche una valutazione dell´efficacia delle misure di redistribuzione messe in campo dal governo anche sotto la pressione della crisi economica. Trascuriamo l´eliminazione dell´Ici sulla prima casa, che non aveva intenti di redistribuzione a favore dei più poveri, e che in effetti è stata una misura di vera e propria contro-distribuzione, a favore dei più ricchi, contemporaneamente mettendo sotto pressione i bilanci dei comuni e quindi la disponibilità di questi, proprio in un periodo di emergenza, a sostituirsi allo stato nell´attuare politiche di contrasto alla povertà.
Limitiamoci alle misure più esplicitamente rivolte agli individui e alle famiglie povere. Le stime della Commissione segnalano che, anche a prescindere da difetti di informazione o di farraginosità delle procedure e dalla irrisorietà dell´importo, la social card non potrebbe che essere fruita da una piccola frazione di poveri assoluti (il 4,27% della popolazione nel 2008). I criteri di accesso, infatti, la limitano ai bambini sotto i tre anni e agli anziani ultrasessantacinquenni, anche se la povertà è fortemente concentrata tra le famiglie con tre o più figli minori. Stanti i criteri di reddito, può capitare che possa riceverla una coppia di anziani che si trovano in povertà relativa, non assoluta, ed abitano in una casa di proprietà senza mutuo, ma non un bambino di quattro anni e i suoi fratelli fino ai 17 anni che vivono in una famiglia numerosa, in una abitazione in affitto e in situazione di povertà assoluta, cioè con gravi difficoltà a fronteggiare i bisogni di base. Ancora peggio vanno le cose con il bonus famiglia, per altro una tantum, che va a meno della metà dei poveri sia assoluti che relativi, mentre il bonus elettrico presenta un disegno migliore, più efficace. Di conseguenza, l´insieme di queste misure abbassa teoricamente di meno di un punto percentuale la povertà assoluta.
Tanto rumore per nulla, verrebbe da dire. Difficile sostenere che si tratti di analisi “disfattiste” e tanto meno che scoraggiano i consumi. Purtroppo i poveri assoluti e relativi non hanno bisogno di alcun incoraggiamento in questa direzione.
A loro si aggiungono coloro che, avendo perso il reddito, hanno solo le proprie famiglie (se queste sono in grado di farlo) per tirare fine mese. Una solidarietà allargata provvidenziale, che tuttavia comporta una riduzione dei consumi individuali. Infine ci sono coloro che, pur protetti, hanno visto in questi mesi una forte riduzione del proprio reddito a fronte di spese fisse incomprimibili e senza certezze sul futuro. Una indagine promossa dalla Commissione di indagine sulla esclusione sociale su alcune realtà metropolitane segnala l´esistenza di forti condizioni a rischio anche qui. Famiglie di cassaintegrati che saltano la rata del mutuo o si indebitano per pagarlo. Che devono decidere tra pagare le bollette o l´affitto. Anche in questo caso, il problema non è il disfattismo di chi li scoraggia dal consumo. Piuttosto è quello di evitare indebitamenti onerosi e il rischio usura, che mai come ora sta crescendo.
Non vedere queste difficoltà e questi rischi è da irresponsabili. Segnalarli perché chi può e deve metta in campo gli strumenti necessari è atto di responsabilità e solidarietà. Altro che campagna d´odio.
La Repubblica 04.01.10