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“Italiani stanchi di conflitti”, di Rossella Bocciarelli

Non è solo per desiderio di evocare lo “spirito dei Natali passati” che nei giorni scorsi tutte le parole pronunciate nelle sedi più autorevoli del paese (il presidente della Repubblica, il presidente del Consiglio, il Papa) hanno battuto sull’esigenza di ritrovare al più presto un minimo denominatore comune di intesa e di coesione nel dibattito politico.

C’è infatti la percezione di un crescente distacco dei cittadini, duramente stressati per la crisi economica appena passata e per le sue pesanti eredità, dai “luoghi” più caldi e più praticati nella recente polemica politica. Se qualcuno ne dubitasse, può verificare i risultati di un sondaggio svolto per conto del Sole 24 Ore dai ricercatori di Ipsos Pa su un campione di popolazione italiana (9.808 contatti e mille interviste) nei giorni 18-19 dicembre: per intenderci, dopo l’aggressione subita a Milano dal premier Silvio Berlusconi e prima della telefonata di pacificazione fatta da Berlusconi a Napolitano. Agli intervistati, la squadra diretta dal sociologo Nando Pagnoncelli ha chiesto di pronunciarsi sul fatto che negli ultimi mesi nella politica italiana c’è stata un’escalation di contrapposte animosità. La risposta nel 67% dei casi è stata univoca: «I conflitti della politica sono molto distanti da quel che i cittadini sentono». La pensa in questo modo, sempre secondo il sondaggio, il 64% di coloro che votano per Pdl e Lega e il 70% di chi dà il voto all’opposizione (elettori del Pd e di Di Pietro).

Del resto, se si chiede di guardarsi allo specchio, la larga maggioranza dei cittadini (68%) si autorappresenta come molto razionale, con una capacità di scegliere quasi sempre sulla base dei contenuti delle posizioni espresse, a prescindere dalla parte politica che le sostiene; solo il 28% infatti accetta di autodescriversi come un “tifoso” del proprio partito, al quale aderisce ideologicamente anche quando non è d’accordo con le sue scelte. Del resto, solo il 38% degli interpellati ritiene che tra destra e sinistra ci siano «grandi differenze ideali e programmatiche»: per la maggior parte (56%) a contare oggi è soprattutto la «capacità dei leader». La caduta degli steccati ideologici fa sì che due terzi degli intervistati tenda a fidarsi «di più delle persone, indipendentemente dalla loro collocazione politica».

C’è però un’ambivalenza sottile che emerge dal sondaggio: il buon senso e la razionalità pragmatica e non ideologica delle scelte politiche, largamente maggioritari quando le domande sono centrate sul sé, diventano invece emotività e tifo da stadio se si passa a parlare degli altri. Il 60% degli interpellati da Ipsos vede gli “italiani” come persone che «stanno da una parte o dall’altra senza rifletterci troppo, solo sulla base di emozioni e sentimenti». Va detto, inoltre, che c’è una difficoltà di lettura di questo conflitto politico tra i partiti evidenziata nelle risposte, perché per molti, per dirla con Flaiano, la situazione sarebbe grave ma non seria. Infatti il 49% degli elettori afferma che molti degli scontri politici sono solo «un teatrino ad uso di giornali e telegiornali»; mentre per il 44% si tratta di conflitti veri. Il rischio, commenta lo stesso Pagnoncelli, è che si stia verificando una sorta di assuefazione a una modalità gridata della comunicazione politica.

Infine, un altro dato che emerge dalle risposte è la diffidenza nei confronti del mondo esterno: c’è un senso di ripiegamento, di volontà di contare solo sulla propria cerchia ristretta di relazioni affettive che dà un po’ la misura di quanto le fasi più dure della crisi economica abbiano “scottato” le persone. Il 55% degli elettori sostiene che «gli altri, se si presentasse l’occasione, approfitterebbero della mia buona fede» e la percentuale sale addirittura al 66 quando la risposta viene riferita agli italiani in generale. Per questo, forse, esiste ed è consistente la percezione dell’Italia come un paese diviso (42%). Per il 63% degli interpellati nel nostro paese ci sono «più cose che dividono» rispetto a quelle che uniscono e questa sensazione è più forte tra gli elettori del centro-sinistra. Resta comunque un 25% di elettori convinti che le divisioni riguardino solo la politica in senso stretto e un 30% persuaso che, sotto l’apparenza, l’Italia sia un paese unito, capace di grandi sforzi comuni.

Idee chiare anche quando si passa a parlare di riforme e legge elettorale. Per più della metà degli italiani «sarebbe meglio arrivare a due grandi partiti», con i sostenitori del bipartitismo più numerosi nel centro-destra (66%). Tra gli elettori di Pd e Idv, invece, è forte la delusione per il bipolarismo attuale: il 40% vorrebbe un sistema di voto «in senso più proporzionale». Per i sostenitori del centro-sinistra, al contrario, la Costituzione «va bene così com’è», mentre nel centro-destra i tifosi del cambiamento della Carta fondamentale sono la maggioranza (63%).
Il Sole 24 Ore 29.12.09