Quei pochi che hanno letto il Libro bianco di Sacconi, un inno alla privatizzazione del Welfare, nonsi sono meravigliati delle anticipazioni del ministro del lavoro per «il nuovo Welfare» e relativa legge delega per la «riforma dello Statuto dei lavoratori» annunciata per marzo. Al più si sono preoccupati e molto, realizzando che il disegno controriformatore di questo governo, con la buona intenzione condivisa da molti di una riforma del Welfare più inclusiva dell’attuale, in realtà marciava in altre direzioni. Il meccanismo assicurativo ed auto assicurativo è destinato non tanto e non solo ad estendere le insufficienti coperture attuali, sia in materia di Cassa integrazione che di indennità di disoccupazione, quanto di modificare i criteri in direzione di una gestione dove le indennità che saranno pagate ai lavoratori dipendenti, ai precari, ora e giustamente anche ai professionisti, devono derivare tutte ed essenzialmente dai contributi versati. Il criterio in sé è corretto se tempi, modi e durata delle crisi occupazionali risultassero compatibili con tempi, modi e durata dei versamenti assicurativi. Cosa succederebbe quando i tempi, l’intensità e la durata delle crisi non fossero più compatibili con i Premi assicurativi versati? E per crisi derivanti da altri, banchieri o politici arruffoni? Semplicemente che operazioni di solidarietà proporzionate alla gravità di crisi come quella attuale, sarebbero semplicemente impossibili! I 30 miliardi stanziati dal governo per ammortizzatori sociali nel biennio 2009-2010, di cui se ne sono spesi 6 alla fine di quest’anno, sarebbe stata un’operazione impossibile con la logica privatistico- assicurativa del Libro bianco di Sacconi e relative anticipazioni sulla riforma del Welfare. Sembra di capire dalle anticipazioni di ieri che il sistema dovrebbe poggiare su due binari, una gestione della Cig da parte degli enti bilaterali, sindacati-imprenditori, una gestione dell’indennità di disoccupazione «finanziata con i contributi versati» e gestita da chi? Forse centralmente, forse dalle Regioni, ancora non si sa. E quei settori che ad oggi non hanno Enti bilaterali funzionati? Senza contare, nel caso fossero le Regioni chiamate in causa, le enormi differenze tra Regioni del Sud e del Nord, ricche e povere. Altro tema in Agenda è la riforma dei meccanismi di formazione per l’inserimento ed il reinserimento dei lavoratori. Sul piatto ci sono oltre 2,5 miliardi di cui più della metà del fondo sociale europeo. Il ministro, entro gennaio, vuole arrivare ad un accordo con Regioni e parti sociali per la gestione del fondo. Nessuna obiezione se la consultazione sarà reale e non un piatto precotto da far inghiottire alle controparti. Le preoccupazioni maggiori non vengono solo dalla lettura di linee guida necessariamente schematiche come quelle anticipate ieri sul Sole 24 ore ed attribuite al ministero del Lavoro, da ritenere assolutamente fedeli. Le preoccupazioni vengono soprattutto dalla lettura del Libro bianco di Sacconi sul Welfare, cui la riforma annunciata è ispirata, che lanciato all’inizio di quest’anno, causa la crisi e le sue priorità, non ha avuto «attenti lettori» né nei sindacati né nei partiti d’opposizione, almeno a giudicare dalle deboli reazioni suscitate. Proprio quando gli Usa di Obama sanciscono, con la costruzione di un sistema sanitario universale, il fallimento dell’ultimo caso di sanità privata in un paese industriale, tutta basata su logiche assicurative anti-solidarietà, il Libro bianco ripropone, per la sanità ma non solo, le stesse logiche sconfitte dalla storia. Non sono bastati a Sacconi la conoscenza dei dati sbandierati da Obama – unico paese industriale a sanità privata che, pur spendendo il doppio degli altri paesi, 15% del Pil contro l’8%, ha 48 milioni di cittadini senza copertura, una mortalità infantile superiore a Cuba ed una vita media inferiore – per farlo retrocedere dalla linea privatistica verso cui vuole, o vorrebbe, precipitare anche il nostro paese. Noi non critichiamo la decisone governativa di riformare il Welfare, è una richiesta di tutti, da Draghi a Marcegaglia a Bersani. Siamo preoccupati che questa riforma possa ispirarsi non solo, giustamente a criteri di efficienza ed autogestione nella misura del possibile, ma piuttosto a criteri di egoismo e antisolidarietà. Come siamo preoccupati che una delle poche leggi buone a favore del lavoro dipendente, lo Statuto dei lavoratori fermamente voluto da veri democratici come Brodolini, Giugni, Donat Cattin, possa essere malmanipolata secondo le logiche del Libro bianco
L’Unità 28.12.09
Pubblicato il 28 Dicembre 2009