Giù le mani dalle liquidazioni”. Manovra verso la fiducia. La Finanziaria «blindata» corre a verso la fiducia nell´aula di Montecitorio, mentre la Cgil, a fianco di Pd e Italia dei valori, fa «muro» sull´utilizzo da parte dell´esecutivo del fondo Tfr, che per 3,1 miliardi, viene «girato» dall´Inps al Tesoro e posto a copertura di circa un terzo della manovra 2010. «Il governo si fermi e tenga giù le mani dalle liquidazioni: ha deciso di appropriarsi del Tfr senza chiedere il permesso a nessuno tanto meno ai lavoratori», ha dichiarato ieri segretario confederale del sindacato, Agostino Megale. Alla voce della Cgil già nei giorni scorsi, quando tra le pieghe degli emendamenti spuntò la clamorosa partita di giro che pone un´ipoteca contabile sulle liquidazioni, si erano aggiunte le proteste dei Pd e dell´Italia dei valori che parlò di vero e proprio «scippo». La protesta della Cgil, che ha già proclamato uno sciopero degli statali per l´11 dicembre, si somma al malumore per la reintroduzione dello staff leasing e per l´aumento dei costi per le cause di lavoro sulle quali insiste l´ex ministro del Lavoro, il Pd Cesare Damiano.
La partita della Finanziaria, che oggi debutta in aula alla Camera dopo le contrastate nottate in Commissione Bilancio, si concluderà a Montecitorio con la fiducia: probabilmente nei primi giorni della prossima settimana. Ieri il viceministro Vegas non l´ha esclusa, ha giudicato il testo «equilibrato» e ha detto di «escludere modifiche». Più esplicito il relatore Corsaro (Pdl): «Il testo non cambia si va verso la fiducia», ha detto. Mentre il Pd si prepara a dare battaglia in aula dove la tensione resta. «Il relatore è stato un “sicario” del governo», ha dichiarato ieri Baretta del Pd.
Intanto la questione delle coperture riserva nuove sorprese. Si tratta dell´utilizzo acrobatico del gettito dello scudo fiscale, il cui consuntivo si potrà fare solo al 15 dicembre quando scadono i termini per le adesioni. I circa 4 miliardi del presunto gettito dello scudo vengono usati due volte: una volta nel 2009 per finanziare taglio e rinvio dell´acconto Irpef del novembre scorso e l´altra per coprire una serie di spese a valere sul 2010 (un lungo elenco dai testi scolastici, all´Ici, all´autosufficienza: in pratica buona parte della Finanziaria). La manovra acrobatica è consentita dall´utilizzo di una sorta di un gigantesco «fondo-salvadanaio», il fondo «grandi eventi» presso Palazzo Chigi cui vengono attribuiti 3,7 miliardi di copertura (ma dove confluiranno anche i 3,1 del Tfr, il miliardo di Trento e Bolzano i 350 milioni di rivalutazione dei terreni, il Fas e altro fino a 8,8 miliardi). Per ora è una sorta di scatola vuota che si riempirà solo a luglio del prossimo anno quando chi ha beneficiato dello sconto sull´acconto Irpef dovrà pagare il saldo. A quel punto le risorse dell´acconto affluiranno nel fondo-salvadanaio rimpiazzando quelle dello scudo e potranno liberamente coprire le spese della Finanziaria. Ma soprattutto il Fondo-salvadanaio sarà il rubinetto di Palazzo Chigi da cui dipenderà l´erogazione, fuori del controllo del Parlamento, di tutti gli 8,8 miliardi della Finanziaria 2010.
La Repubblica 09.12-09
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“Quel tesoretto versato dai lavoratori che il governo usa per le sue spese “, di Roberto Mania
Presi tre miliardi dalle “buonuscite” di tre milioni di dipendenti
Dubbi anche all´interno del Pdl Cazzola: “Una mossa da dottor Stranamore”
Anche Padoa-Schioppa aveva utilizzato questo Fondo ma solo per le infrastrutture. È un “tesoretto” tra i 5 e i 6 miliardi di euro che appartiene ai lavoratori ma che, fin da quando è nato, fa gola a tutti i governi, dell´una e dell´altra parte. Deve servire per pagare le liquidazioni di chi cambia lavoro, di chi lo perde o di chi va in pensione. È il Fondo della Tesoreria dello Stato gestito dall´Inps e alimentato dagli accantonamenti del Tfr (il trattamento di fine rapporto) dei lavoratori che non hanno scelto di aderire alla previdenza integrativa e che sono dipendenti di aziende con almeno 50 dipendenti. Ma, con «una mossa da dottor Stranamore», come l´ha definita ieri il vicepresidente della Commissione Lavoro della Camera, Giuliano Cazzola (Pdl), il ministro dell´Economia, Giulio Tremonti, ha deciso di finanziarci, “prelevando” circa 3,1 miliardi, un pezzo della sua manovra economica, soprattutto il “patto per la salute”, ma non solo.
Un prestito forzoso da parte di quei tre milioni di lavoratori delle imprese con almeno 50 dipendenti che, scettici davanti alle sirene dei fondi integrativi e delle virtù dei mercati finanziari, hanno conservato il vecchio Tfr. Questo è un debito futuro per lo Stato. E quella di Tremonti una mossa da contabilità creativa che – va precisato – non mette a rischio il pagamento delle liquidazioni. Piuttosto pone le premesse per un futuro incremento delle tasse per onorare il debito contratto. Ammette Stefano Saglia, sottosegretario allo Sviluppo economico: «È pur sempre una sottrazione di risorse dei lavoratori, utilizzate per altre finalità». D´altra parte Saglia e Cazzola avevano presentato alla Camera un ordine del giorno per lasciare per un anno il Tfr nella disponibilità delle aziende in crisi e con grandi difficoltà nell´accedere al credito bancario. Rispose Tremonti: così saltano le finanze pubbliche.
Quel Fondo è frutto di una riforma (quella del Tfr) nata male, bloccata da mille lobby, appesantita da una montagna di interessi e dai tanti compromessi che via via si sono definiti. Una riforma che, infatti, ha anche diviso il mercato del lavoro: da una parte i dipendenti delle aziende con almeno 50 dipendenti, dall´altra i lavoratori delle piccole imprese. Queste ultime si sono tenute il Tfr (circa 8 miliardi di euro l´anno contro gli oltre 13 complessivi) per autofinanziarsi a tassi molto vantaggiosi, le altre sono costrette a versarlo all´Inps. Anche per questo ben il 78 per cento degli iscritti ai fondi negoziali sono dipendenti delle imprese più grandi e il 65 per cento risiede la nord.
All´origine il governo di centro sinistra (con Tommaso Padoa-Schioppa all´Economia e Cesare Damiano al Welfare) immaginò di dirottare al Fondo il 50 per cento del Tfr cosiddetto “inoptato”, poi ci fu la ribellione delle piccole imprese (sono oltre il 95 per cento del nostro sistema) e si raggiunse il compromesso: la misura interesserà solo le imprese con più di 49 dipendenti con una serie di compensazioni. L´operazione fu “cifrata” nella Finanziaria 2007 con circa 6 miliardi e l´indicazione degli investimenti che si puntava a finanziare con il Fondo della Tesoreria: dall´alta velocità al contratto di servizio con le Ferrovie; dal fondo per la finanza d´impresa al piano Industria 2015. Un´impostazione che già allora, per quanto riguardasse gli investimenti in infrastrutture e non il finanziamento di spesa corrente, sollevò molti dubbi tra gli addetti ai lavori e gli economisti. Dal centrodestra si arrivò a gridare allo «scippo del Tfr».
Oggi protesta la Cgil, tace la Cisl, mentre il leader della Uil, Luigi Angeletti, sostiene che la questione «non è rilevantissima». La colpa, in ogni caso, «è di una inadeguata campagna a favore della previdenza integrativa». Tace pure la Confindustria di Emma Marcegaglia che all´inizio dell´anno aveva chiesto che per un anno il Tfr restasse nelle aziende. Per Tremonti, invece, non si poteva chiedere ai lavoratori «di aver il posto a rischio e anche il Tfr». Eppure anche il governatore della Banca d´Italia, Mario Draghi, in chiave anticrisi propose «una temporanea sospensione dell´obbligo di versare all´Inps le quote di Tfr non destinato a fondi pensione». Senza effetti negativi – spiegò – sulla «posizione patrimoniale netta dello Stato». Ma ora – dicono i ministri – la crisi sta passando. E bisogna finanziare il maxi-emendamento da 200 commi di una Finanziaria nata light.
La Repubblica 09.12.09
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“Il Vizio del debito”, di Massimo Riva
Adesso che la Finanziaria 2010 corre blindata verso l´ennesimo voto di fiducia si capisce meglio che cosa intendeva il presidente del Consiglio quando, presentandola al principio dell´autunno, disse che si trattava «di un cambiamento epocale».
In effetti, la manovra di quest´anno è destinata a far impallidire i ricordi degli assalti alla diligenza compiuti nei decenni precedenti.
Il punto cruciale, stavolta, riguarda meno l´elenco delle miserevoli elemosine con le quali governo e deputati della maggioranza vogliono accontentare le richieste di alcuni fra i loro “clientes”. Ciò che lascia esterrefatti è la cosiddetta copertura finanziaria di queste elargizioni. Essa poggia, infatti, su due principali pilastri, l´uno più sconveniente dell´altro: gli incassi dallo scudo fiscale di tremontiana invenzione e lo scippo dell´ultima ora agli accantonamenti Inps per il trattamento di fine rapporto (Tfr) dei lavoratori.
Quanto allo scudo non è qui il caso di ripetere tutte le solide ragioni che qualificano simile iniziativa come un regalo offerto agli evasori più ricchi ed incalliti con l´aggravante di spalancare le porte al riciclaggio anonimo di denaro d´origine criminale. Ma, in sede di correttezza contabile, è almeno necessario segnalare che si tratta di un´entrata per definizione «una tantum» alla quale si attribuisce il compito di coprire spese che «una tantum» non sono e, dunque, richiederanno fra un anno di essere altrimenti finanziate. Con tanti saluti alle giaculatorie sulla triennale messa in sicurezza dei conti che il ministro Tremonti ripete come un disco rotto.
Per altro verso ancora più grave è però il trasferimento dei Tfr al Tesoro. Intanto, la mossa è stata effettuata con una sorta di «blitz» che ha colto del tutto di sorpresa i reali proprietari di quei soldi. I quali non sono né le aziende né l´Inps presso cui sono depositati, ma i lavoratori. Molti dei quali – è bene ricordarlo – sovente ricorrono ad anticipi sul Tfr maturato per far fronte a spese vitali, l´acquisto di una casa innanzi tutto. Almeno su questa brillante iniziativa sono stati preventivamente consultati i sindacati? A giudicare dalle reazioni – quanto meno del sindacato maggiore, la Cgil – si deve ritenere che il governo abbia preso le sue decisioni senza informare neppure i rappresentanti dei lavoratori. Dunque, uno scippo con destrezza compiuto alle spalle degli strati economicamente più deboli della collettività.
Certo, è del tutto evidente che lo Stato non ha messo le mani su questi fondi una volta per sempre, ma li dovrà restituire con relativo onere per gli interessi: ci mancherebbe altro! Ma ciò, sul piano della contabilità pubblica, comporta che sia stato acceso un nuovo debito che andrà a sommarsi alla montagna già in crescita di quello pregresso. Davvero un singolare esempio di coerenza con l´abito del rigore finanziario con il quale il ministro Tremonti ama ora presentarsi sulla scena interna e internazionale. Giusto ieri il suo vice, Vegas, ha detto che la raffica di “niet” opposti dal governo agli emendamenti dell´opposizione si spiega con l´esigenza di coprire puntualmente ogni spesa. «I soldi devono essere soldi veri – ha pontificato – non si può andare a debito».
Orbene, quelli del Tfr sono in effetti soldi veri. Peccato, però, che per prenderli il governo ha deciso proprio di «andare a debito». E ciò anche se i fantasisti del Tesoro possono magari avere in animo di rifare qualche risaputo trucchetto come la messa fuori bilancio di quell´impegno.
In ogni caso, sopra o sotto la riga dei saldi, quei fondi andranno comunque restituiti ai legittimi proprietari. Il che significa che i contribuenti saranno chiamati a pagare con le loro tasse anche questo ulteriore debito. Con l´aggravante scandalosa che ad essere spremuti in più saranno anche quei lavoratori dipendenti i cui Tfr sono l´oggetto dello scippo governativo. Il tutto, come non bastasse, per alimentare un fondo di tesoreria che il governo potrà utilizzare a suo arbitrio non prevedendo la Finanziaria vincolo alcuno al riguardo. Il tenore del «cambiamento epocale» annunciato da Berlusconi è a questo punto chiarissimo nella sua semplicità: blandire chi ha i soldi e spremere chi non li ha.
La Repubblica 09.12.09