Il mondo dei ricercatori italiani deve essere grato al Presidente della Repubblica per il suo autorevole e costante richiamo all’importanza della ricerca scientifica per il Paese. Da un po’ di tempo va ripetendo che senza ricerca non ci può essere innovazione e che senza innovazione l’Italia regredisce e rischia di abbandonare la sua posizione non solo a livello mondiale, ma anche a quello europeo. Come mai l’appello del Presidente cade nel vuoto? È molto difficile dare spiegazioni. Certamente alla base dell’indifferenza dei politici, gioca la mancanza di ricercatori e di background scientifico fra i Parlamentari, nonché una scuola che continua ad essere improntata su basi letterario-filosofico-giuridiche ignorando l’apporto culturale delle conoscenze scientifiche. Inoltre i ricercatori rappresentano solo il 2.7 per mille dei lavoratori, una piccola minoranza di scarso appeal per i politici.
Fra l’altro una minoranza molto “timida”, poco solidale che cerca solo di sopravvivere in un periodo che è peggio del solito, data la crisi economica. Nessuna forza politica ha “adottato” la ricerca anche perché i tempi della ricerca sono lunghi ed i suoi risultati non sono utili alle campagne elettorali di fine legislatura.. Eppure, se si parla singolarmente con i politici, l’atteggiamento è molto positivo e favorevole a sostenere la ricerca; ma quando si ritrovano insieme…tagliano i fondi per la ricerca! Non solo, non vengono neppure pagate le somme già rendicontate a seguito di precisi contratti. Sono anni che non viene finanziato un Firb, la sigla che definisce la ricerca di base, quella apparentemente senza finalità, ma da cui dipendono molte applicazioni pratiche. Anche se si bandiscono i concorsi per i progetti di ricerca, si devono attendere anni prima di ottenere i soldi. Quando si invocano risorse, si risponde che bisogna spendere meglio i fondi per la ricerca, evitando i finanziamenti a pioggia. Ma quale pioggia? Ci sono solo “nanogoccie”, siamo nella miseria! Come si può programmare l’attività di un ente di ricerca? Quali prospettive possiamo dare ai tanti giovani che comunque sono ancora attratti dalla ricerca cui potrebbero apportare creatività ed entusiasmo? Quelli che hanno avuto la fortuna di avere una formazione se ne vanno all’estero, nei Paesi dove la ricerca è più considerata e dove la crisi è diventata un’occasione per stimolare la ricerca.
Il Messaggero, 7 dicembre 2009