Dopo la denuncia alla magistratura presentata dalle associazioni ambientaliste, ecco la proposta del segretario cittadino del Pd: un confronto sull’uso dei beni archeologici.
Il segretario cittadino del Pd interviene nella polemica sugli scavi al Novi Sad e propone di aprire un dibattito culturale su cosa vogliamo fare di quanto gli scavi, da alcuni anni, stanno restituendo alla nostra città. Ecco il suo intervento
Prima i fatti. Camminiamo su un tesoro: Mutina, la Modena romana. Non lo scopriamo oggi. Ogni volta che si scava “a fondo” a Modena si trova qualcosa, da secoli. Dunque non deve destare sorpresa che avvenga anche per gli scavi del parcheggio al Novi Sad. Un’area che si trova fuori dalla zona di maggior rischio archeologico, ma che alcuni indizi (risalenti proprio agli scavi fatti per costruire la antica Cittadella, attorno al 1630) fanno pensare fosse attraversata da una strada che da Modena raggiungeva Verona. Aspettiamo il parere degli esperti, ma molto probabilmente al Novi Sad l’abbiamo ritrovata. La “Brennero” romana, per dirla così.
Questi i fatti. Adesso alcune considerazioni. Come rapportarci col tesoro romano che abbiamo sotto i piedi? In questa città bisogna scavare o no, e se sì come?
Tutto ciò che possiamo vedere al nostro Museo è sostanzialmente frutto di rinvenimenti occasionali, che in questa città si fanno ogni volta che si scava per costruire qualcosa in zona centro o vicino alla via Emilia. Certo sarebbe bello fare scavi non occasionali, legati a un vero piano archeologico: ma è un sogno, giacché i costi sono insostenibili. Di certo, non pagherebbe il Ministero. E la nostra città dove troverebbe i soldi, di questi tempi? Certo, qualche “saggio” si potrebbe fare in qualche zona libera e “mirata”, come ad esempio sotto l’ex-cinema Italia. Ma nulla più. Dunque, dobbiamo essere contenti che gioielli del passato escano quando – soprattutto con soldi privati – si scava per costruire qualche nuovo edificio. Altrimenti nulla uscirebbe mai dal buio della nostra storia.
In Italia, fortunatamente, ci sono tutte le leggi necessarie a regolare cosa deve avvenire in un cantiere quando si trova un reperto archeologico. Dunque perché creare allarme inutilmente, appena si trova qualcosa? E perché chiedere immediatamente di fermare tutto? Le alternative sono solo due: o si scava e si valorizza quanto trovato, o si ricopre tutto, rinunciando tra l’altro a un’opera pubblica, sperando che in futuro i nostri figli vivano in una società che ha da parte più risorse da dedicare alla cultura. Una mezza utopia, visto come va il mondo. E valorizzare significa sempre trovare soluzioni intelligenti, non ovvie: molte città italiane hanno qui e là un reperto antico a cielo aperto, ma se non è inserito in un percorso significativo, non attira nessuno, anzi attira solo bottigliette e cartacce. Li abbiamo visti tutti, persino a Roma, luoghi così.
Deciderà come giusto la Soprintendenza, sul da farsi. Le leggi e le tutele ci sono. E il Comune le rispetta: tanto è vero che i 24 archeologi che stanno lavorando al Novi Sad li paga il Comune, non certo il Ministero. Che per questa città non investe. Anzi, disinveste, come nel caso-Velasquez.
Ora, in un quadro così, non capiamo perché si debba gridare “al lupo” e mettere in campo addirittura la magistratura, solo perché finalmente si ritrova qualcosa di prezioso per la nostra città. Se a Modena si rinunciasse a scavare dove c’è qualche potenzialità archeologica, non solo avremmo tante aree inutilizzate, ma non avremmo mai rivisto la magnifica ara di Vetilia o gli splendidi arredi domestici trovati sotto al Cinema Capitol: e di Mutina, delle nostre radici, sapremmo molto meno di quello che sappiamo oggi. Avviamo invece un serio dibattito culturale su cosa vogliamo fare di quanto gli scavi, da alcuni anni, stanno restituendo alla nostra città, perché diventino un tesoro turistico e di identità. Creiamo occasioni per parlarne insieme. Non sarebbe questo il regalo più bello che possono farci le nostre associazioni culturali? Non vorremmo mai che, trascinate dalla diatriba politica, finissero per far mancare alla città il loro apporto fondamentale e insostituibile, quello di una elaborazione culturale alta, lungimirante, degna della storia secolare della nostra città.