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“La Mafia non è una barzelletta”, di A.Dra

Il rapporto tra Berlusconi e la Mafia? Prima il premier accusa le fiction televisive per aver dato una brutta immagine dell’Italia poi rivendica il suo ruolo nella lotta alla Mafia. Intanto rimangono dubbi e ombre sul tentativo di riforma del reato per concorso esterno in associazioni mafiose e sul perché i giornali a lui vicini stiano battendo il ferro su un’inchiesta, mai verificata e solo ipotizzata, contro il presidente del Consiglio.

Sembra che l’agenda politica di Silvio Berlusconi sia sempre più contraddistinta come la regolamentazione del traffico con i permessi per le targhe dispari o pari. A seconda dell’umore e del luogo in cui si trova, il premier alterna bastone e carota senza precise motivazioni. Alla notizia lanciata dai giornali che più gli stanno vicino, dell’inchiesta a suo carico per coinvolgimento nei processi per stragi di mafia, prima si è messo a scherzare gettando anatemi contro gli sceneggiatori e gli attori delle fiction cinematografiche che danno una cattiva immagine dell’Italia. Poi, una volta capito che la faccenda era davvero seria e che non poteva essere risolta con una barzelletta o una battuta, ha subito rivendicato il suo ruolo decisivo contro la Mafia e minacciato di denunciare di nuovo “la Repubblica” per diffamazione.

Per il quotidiano romano diretto da Ezio Mauro, c’è una evidente strategia politica dietro le prossime riforme della giustizia. Berlusconi, non potendo alzare troppa polvere su di sé attraverso due norme ad personam contemporanee, ha optato dapprima, sull’approvazione del cosiddetto processo breve, poi sulla riforma del concorso esterno in associazione mafiosa per evitare nuove accuse a suo carico o ad esponenti della maggioranza a lui vicini (in primis Marcello Dell’Utri e Nicala Cosentino). Lo scorso 25 novembre la Repubblica scriveva “che è allo studio l’ipotesi di “normare” l’imputazione di aiuto esterno alla mafia, inventata da Giovanni Falcone e usata tante volte negli ultimi 15 anni, con l’obiettivo di creare un vero e proprio reato rispetto alla costruzione giurisprudenziale di oggi”. A queste dichiarazioni seguiva una risposta molto dura da parte di Palazzo Chigi con cui veniva smentita la volontà del premier di “modificare la norma, che in realtà non esiste e quindi non può essere modificata”.

Ma a parte disquisizioni sui termini e sulle formule, l’accusa rimaneva in piedi. L’obiettivo degli uomini vicini a Bersluconi è quello di porre dei limiti molto ristretti all’interpretazione dei magistrati nell’interpretazione del reato: stabilire cosa può essere concorso e cosa non può esserlo.

“Non entro nel merito di inchieste giudiziarie e di avvisi di garanzia al Premier – per altro annunciati dai quotidiani vicini al Silvio Berlusconi” ha dichiarato Anna Finocchiaro, presidente dei senato del Pd . “Voglio solo dire che il problema della mafia e della criminalità organizzata è un problema molto serio, un problema reale, concreto, storico che pesa sullo sviluppo e sulla libertà del Mezzogiorno e del nostro Paese. Non si puòpensare di risolvere tutto con battute, barzellette o mostrando la volontà di mettere la sordina al problema, magari deridendo o attaccando chi meritoriamente ha aperto squarci importanti per far comprendere all’opinione pubblica e vedere da vicino che cosa sia la mafia. Chi fa questo si comporta in modo poco responsabile. Non vorrei che alla fine di tutto questo qualcuno tornasse a dire che la mafia non esiste”.

Per Filippo Penati, “da Berlusconi arrivano sdegnate smentite alle notizie di indagini su di lui per reati collegati alla mafia (per altro diffuse dai suoi giornali di riferimento) e contemporaneamente barzellette sulla mafia e battutacce contro chi scrive o fa film contro la piovra. Il premier, col suo solito stile, sbaglia gravemente a far apparire la mafia come un fenomeno mediatico su cui magari ironizzare e non quella grande tragedia, quel male profondo che grava sul nostro Paese e specie sul Sud”. “Ancora una volta poi le polemiche e gli attacchi, le barzellette servono a appesantire il clima e insieme a non parlare dei problemi reali del paese al quale si continua a dire che tutto va bene che stiamo meglio delle altre nazioni. Basta frasi offensive e che ridicolizzano la lotta alla mafia, il governo si impegni finalmente per dare risposta ai problemi degli italiani”.

“Comprendiamo che Dell’Utri voglia difendersi da accuse pesantissime che gravano su di lui, ma è davvero poco credibile il tentativo di ispirare modifiche alle leggi antimafia ritagliate sul suo caso”, così Andrea Orlando, presidente Forum Giustizia del Pd. “Il rischio è che qualsiasi discussione sull’adeguatezza delle norme diventi impraticabile proprio perché mossa da esigenze personali. Tanto più che le norme che Dell’Utri vuole modificare hanno dato importanti risultati e inflitto – per merito delle forze di polizia e dei magistrati – durissimi colpi a Cosa Nostra. Una discussione su come meglio definire, alla luce dell’esperienza acquisita, gli strumenti normativi potrebbe essere anche opportuna, ma il fatto che a proporla sia un imputato, per quanto eccellente, la rende meno praticabile. Sulla giustizia il Pd è pronto a confrontarsi solo guardando alle necessità dei cittadini e per fare questo occorre che il governo ritiri il processo breve”.

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Proposta Pd emendamento alla Legge Finanziaria per impedire la vendita dei beni legati alla Mafia
Beni confiscati alla mafia: no alla vendita

La legge finanziaria in esame alla Camera prevede che i beni confiscati alla mafia possano essere venduti, impedendone così la restituzione alla collettività. Di fatto viene abolito l’uso sociale dei beni confiscati, ora previsto dalla legge Rognoni-La Torre. Attraverso il riuso sociale oggi i beni vengono gestiti dalle associazioni di volontariato che operano nei settori del disagio sociale, dalle cooperative sociali che creano posti di lavoro recuperando soggetti a rischio, dalle organizzazioni che offrono servizi di promozione e crescita civile e culturale alla comunità. Molti altri beni, inoltre, vengono utilizzati dallo Stato come caserme, scuole, uffici pubblici, producendo un notevole risparmio di risorse.

Il gruppo PD ha presentato un emendamento soppressivo di tale norma che rischia, se introdotta definitivamente, di restituire i beni confiscati alle organizzazioni criminali, già pronte a riacquistarli dallo Stato. La mafia potrebbe riprendere con la minaccia o con i prestanome il possesso o la proprietà del bene confiscato. Deve essere chiaro che nella lotta alle mafie l’aggressione dei patrimoni ed il loro utilizzo produttivo e sociale va valutata come uno dei risultati più significativi ed innovativi che il nostro sistema è riuscito a realizzare. Chiediamo all’intera maggioranza di votare questo emendamento come atto concreto contro la mafia: i beni che rischiano di essere svenduti all’asta possano diventare una ricchezza per tutto il territorio e un vero simbolo della vittoria possibile contro tutte le mafie. Ci sono beni che non si riesce ad assegnare: su 8983 beni immobili confiscati dal 1982, 3213 sono ancora quelli da destinare, si capisca il perchè, si risolva il problema, ma non si riapra la porta alla mafia.

www.partitodemocratico.it, 30 novembre 2009

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