In 3000 per dire di no. Tanti erano i lavoratori sardi dell’Alcoa, fabbrica che produce alluminio, che nella giornata di ieri hanno sfilato per le strade della capitale per opporsi alla chiusura dello stabilimento. Gli operai, partiti da piazza della Repubblica, hanno fatto tappa a Piazza Barberini, prima di approdare in piazza Colonna, adiacente a Montecitorio. Al governo, 3000 disperati hanno chiesto di guardare in faccia il loro dramma e di trovare una soluzione.
La risposta non si è fatta attendere. Il corteo è stato fermato dalle forze dell’ordine che, incuranti del carattere pacifico dello sciopero, hanno caricato i manifestanti e ferito alcuni di loro. Un signore si tocca la testa dolorante e dichiara: “siamo stati picchiati con i manganelli”. Reagisce duramente la presidente del Pd Sardegna Valentina Sanna: “In un clima di tale esasperazione, e’ pur necessario mantenere lucidita’ e nervi saldi. Quelli accaduti alla manifestazione di giovedì a Roma, sono fatti spiacevoli e preoccupanti. Ma non sarebbe responsabile in questo momento, alimentare un conflitto tra i lavoratori che hanno il diritto di protestare in modo pacifico e le forze di polizia che hanno il difficile compito di garantire l’ordine in una manifestazione così partecipata”.
Nonostante le percosse, il dissenso ha continuato a infiammare la piazza con cori e slogan come: “da tre mesi siamo senza stipendio” oppure “il governo cancelli questa vergogna” o ancora “a noi il lavoro a voi la galera”. A pochi passi dalla protesta si è svolta la trattativa che vedeva da una parte i lavoratori e la Cgil e dall’altra, in rappresentanza del governo, il sottosegretario Stefano Saglia, in sostituzione del ministro del Welfare Maurizio Sacconi, giunto solo in serata. Le trattative si sono concluse con il ritiro della Cassa Integrazione per i poli di Fusi (Veneto) di Portovesme (Sardegna). Una vittoria che però potrebbe essere solo provvisoria.
Il segretario PD della Sardegna Silvio Lai commenta: ”La notizia che l’Alcoa blocchera’ il processo per la messa in cassa integrazione dei lavoratori non può che essere accolta. Non puo’ che essere vista e valutata come il risultato di una vertenza lunga e sofferta che ha visto la Sardegna unirsi e manifestare compatta per difendere il diritto al lavoro e salvare un pezzo importante dell’industria della Sardegna. A questo punto aspettiamo gli sviluppi di questa vicenda e quindi il tavolo tecnico del 9 dicembre. Il Governo deve dare risposte definitive sulla questione delle tariffe energetiche e l’Alcoa dovra’ dare segno di un impegno anche con investimenti che possano rilanciare il polo produttivo di Portovesme”.
Cesare Damiano, capogruppo del Pd in commissione Lavoro della Camera e Amalia Schirru, componente della stessa commissione, hanno rilevato: “Con quella dell’Alcoa siamo di fronte all’ennesima situazione di crisi occupazionale per la quale occorre che il governo si impegni con le parti sociali a ricercare un risultato produttivo e occupazionale. La richiesta del Partito democratico e’ il ritiro della cassa integrazione a zero ore con il conseguente riavvio della produzione. Il ruolo dell’azienda e’ strategico per il nostro Paese e si tratta anche di trovare le soluzioni e gli accordi piu’ idonei con l’Unione europea per riconoscere la particolare situazione della Sardegna che e’ costretta a sopportare costi maggiori a causa della posizione geografica. Per questo l’Europa non puo’ considerare come aiuti di Stato gli sconti regionali e nazionali sull’energia che e’ fattore decisivo per la produzione dell’alluminio. Il Partito democratico e’ impegnato a sostenere in Parlamento e su un piano sociale l’azione dei lavoratori”.
Purtroppo la tragica situazione dell’Alcoa non è un caso isolato. Sono almeno altri due i casi simili che da mesi tengono banco su (alcuni) giornali e telegiornali. Il primo è quello di Eutelia, stabilimento romano occupato dai dipendenti che da mesi non ricevono lo stipendio . Anche il loro corteo ieri ha inondato il centro di Roma, in particolare le vicinanze di palazzo Chigi dove era in corso il tavolo di trattativa. Durante la riunione il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta ha invitato l’impresa, su richiesta dei sindacati, a pagare gli stipendi ai lavoratori entro il 5 dicembre per il pagamento di tutte le spettanze dei lavoratori, termine ultimo anche per quanto riguarda il ritiro della procedura fallimentare. Se, come probabilmente accadrà, le spettanze non sarnno corrisposte ai lavoratori entro quella data, la soluzione più ovvia e più auspicabile sembra essere il commissariamento dell’azienda, così come suggerito dal segretario del Partito democratico Pier Luigi Bersani che, nel corso dell’ultima puntata di Anno Zero, enfatizza: “Bisogna togliere dalle mani di questa gente questa impresa”.
L’ultima nota dolente è l’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale). Da martedì centinaia di precari protestano presso la sede di via Casalotti per salvare il posto di lavoro. In giornata una delegazione di precari verrà ricevuta dal consiglio provinciale di Roma. “Il nostro obiettivo è di resistere almeno fino al primo dicembre” dicono. Giorno in cui è atteso un incontro tra i sindacati e l’ente commissariale. I problemi dell’occupazione, però, cominciano a farsi sentire. A breve verrà staccata l’elettricità. E non solo: “Ci hanno velatamente minacciato di denunciarci per peculato in seguito all’installazione della webcam”. Il Partito Democratico intanto ha chiesto al Ministro di riferire circa il grave stato della situazione in cui versa l’Ispra con particolare riferimento alla situazione lavorativa dei circa 200 tra ricercatori e tecnici in scadenza di contratto, che da ieri protestano sul tetto della sede dell’Istituto a Roma. Sul punto il Ministro e’ stato al momento vago rimandando alla prossima settimana la trattazione dell’argomento.
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