Torna lo staff leasing, il lavoro in affitto, forma estrema di precarizzazione. La sua riesumazione è contenuta nel disegno di legge 1167già passato per le commissioni varie e da ieri in discussione al Senato dove contano di approvarlo presto presto. Lo staff leasing è quel rapporto che consente di lavorare in un’azienda senza mai esserne dipendente. Per una durata illimitata, anche tutta la vita e a fare da tramite ci pensa un’agenzia. È con questa che l’interessato stipula il contratto, poi viene dato in affitto. Senza poter fare carriera, senza troppi benefit, senza sentirsi mai parte di quell’impresa.
ULTIMO ATTO Introdotto con la legge 30 dal precedente governo Berlusconi, lo staff leasing era stato cancellato dal governo Prodi con il protocollo sul Welfare del luglio 2007, firmato da tutte le parti sociali, sindacati e imprese. Queste ultime infatti non lo avevano quasi mai applicato. Anche per questo non si capisce perché il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi si incaponisca nel reintrodurlo. «È l’ultimo punto di quel Protocollo che viene modificato », fa notare il segretario confederale Cgil, Fulvio Fammoni, «pezzo per pezzo l’hanno totalmente svuotato, questo è l’ultimo atto». Lo stesso disegno di legge fa poi un’altra operazione, modifica, indebolendole, le norme sul processo del lavoro. In pratica accade questo: esiste in Italia la possibilità di «certificare» il rapporto di lavoro, è un atto che avviene tra datore e dipendente. La certificazione è poco usata, perché di scarso appeal, almeno fino ad ora. «Diventerà più interessante – spiega il sindacalista – perché in un processo il giudice non potrà intervenire sul suo contenuto ». Se ad esempio un lavoratore viene licenziato anche in base a norme contenute nella certificazione, il giudice non può far altro che prenderne atto. «Si potenzia la certificazione e si dice che i poteri del giudice finiscono lì». I giudici vengono quindi relegati alla sola valutazione del presupposto di legittimità e non potranno discostarsi da quanto previsto dalle parti in sede di certificazione, anche se in deroga a leggi e contratti. Terza, ma non meno interessante, è la riapertura dei termini per l’esercizio di alcune deleghe che il governo aveva esplicitamente fatto cadere. Una di questa riguarda la riforma gli ammortizzatori sociali che a sentire Sacconi non si può fare fintanto che c’è la crisi. Per questo è stata fatta scadere, ma ora anch’essa viene riesumata per altri due anni. Perché? «Pare evidente che si vuole utilizzare un contenitore già disponibile per agire indisturbati, stravolgendo però il contenuto di quelle deleghe, in particolare sugli ammortizzatori sociali, sulla base del Libro Bianco». Le deleghe infatti non ripassano per il Parlamento, fa tutto il governo e può metterci dentro di tutto. «Invece di pensare a tutele nella crisi per i lavoratori, usa la crisi per programmareun ulteriore aumento della precarietà e della instabilità del lavoro», conclude Fammoni, «sono scelte inaccettabili e ideologiche alle quali reagiremo con tutte le iniziative possibili. Anche per via legale e ricorrendo alla Corte Costituzionale»
L’Unità, 25 novembre 2009