«Determinati ad affrancare dal bisogno tutti i popoli della Terra» perché «la povertà è la causa principale della fame e della malnutrizione»: questo l’impegno solenne assunto nella conferenza delle Nazioni Unite sull’alimentazione e l’agricoltura di Hot Springs (Virginia, Usa). Ma era il giugno 1943. A distanza di parecchi decenni il direttore generale della Fao Jacques Diouf ha convocato dal 16 al 18 novembre a Roma un nuovo vertice mondiale sulla sicurezza alimentare: il numero delle persone che soffrono la fame ha infatti raggiunto il picco storico di 1,02 miliardi, un sesto della popolazione totale del Pianeta.
Secondo le ultime stime gli affamati sono cresciuti quest’anno del 9%, il livello più alto dal 1970. La maggior parte delle persone malnutrite risiedono nella regione Asia-Pacifico (642 milioni), seguite dall’Africa subsahariana (265 milioni), dall’America latina (53 milioni), Vicino Oriente e Nord Africa (42 milioni) e nei paesi sviluppati (15 milioni). La Fao ha attivato il sito www.1billionhungry.org. dove chiunque potrà registrare il proprio dissenso rispetto all’attuale situazione e dare una spinta ad agire per i capi di Stato e di governo». L’obiettivo del direttore generale della Fao è quello di raggiungere un miliardo di adesioni, che corrisponde appunto al numero di affamati nel mondo. Il sito contiene anche un filmato in cui lo stesso Diouf conta a voce alta sei secondi dopo i quali annucia: «Un bambino da qualche parte del mondo è morto di fame».
Presenti e assenti al summit di Roma
Papa Benedetto XVI nella giornata di lunedì 16 novembre farà il suo primo intervento a un vertice della Fao e, al termine, saluterà, uno per uno, i capi di Stato presenti all’inaugurazione, mentre non è previsto un saluto ravvicinato con il presidente del Consiglio italiano. Tuttav ia l’appello di Diouf a intervenire al summit non è stato raccolto dagli altri leader del G-8, mentre il summit di Roma sarà la vetrina per alcune presenze politicamente un po’ “ingombranti” come il libico Muammar Gheddafi, il venezuelano Hugo Chavez e il presidente dello Zimbabwe Robert Mugabe.
Diouf chiede ai governi investimenti pari a 44 miliardi di dollari l’anno per sconfiggere la fame nel mondo, aumentando la produzione agricola e rilanciando il settore rurale nei paesi poveri. Questa somma corrisponde a quel 17% del totale degli Aiuti pubblici allo sviluppo (Oda) che negli anni 80 consentì all’India e ai Paesi dell’America Latina di risollevarsi dalla crisi alimentare con la “rivoluzione verde” «A tutt’oggi invece – precisal direttore generale della Fao – sono destinati all’agricoltura solo il 5% delle risorse, percentuale che era del 3,6% prima del G-8 dell’ Aquila», quando sono stati annunciati aiuti per 20 miliardi di dollari nei prossimi tre anni agli agricoltori dei paesi poveri, soprattutto dell’Africa. Sugli impegni assunti all’Aquila è comunque critica Oxfam International: «I Paesi industrializzati pensano di aver fatto abbastanza, ma neo è così: meno di un quarto di quei 20 miliardi di dollari, infatti, sono denaro fresco, per la maggior parte di tratta invece di fondi già previsti ma non ancora utilizzati».
Monito di Oxfam e Msf: summit a rischio senza impegni concreti
Emerge dalla realtà delle cifre una tendenza negativa ormai decennale , dopo i passi avanti «notevoli» degli anni 80 e degli inizi degli anni 90, in larga misura grazie all’incremento degli investimenti in agricoltura. Tra il 1995-97 e il 2004-06, con il calo sostanziale degli aiuti pubblici allo sviluppo (Oda) destinati all’agricoltura, il numero dei sottonutriti è aumentato quasi dovunque. Unica eccezione, America Latina e Caraibi, dove però ora la crisi economica ha cancellato i progressi fatti. La situazione è particolarmente grave in Africa orientale dove a causa della siccità e dei conflitti in corso circa 20 milioni di persone hanno bisogno di aiuti alimentari». Sedici paesi sono stati identificati dalla Fao come particolarmente vulnerabili a causa di crisi nazionali o regionali: si tratta di Somalia, Afghanistan, Etiopia, Iraq, Eritrea, Sudan, Haiti, Burundi, Repubblica democratica del Congo, Liberia, Angola, Mongolia, Corea del Nord, Uganda, Tagikistan e Georgia.
Anche un’indagine di Medici senza frontiere (Msf) evidenzia che i fondi stanziati dai paesi ricchi per combattere la malnutrizione sono rimasti invariati per sette anni. Questi fondi equivalgono solamente al 3% di quanto sarebbe necessario per evitare che ogni anno tra i 3,5 e i 5 milioni di bambini sotto i cinque anni muoiano per cause legate alla malnutrizione. Il rapporto di Msf mostra anmche l’entità degli sprechi nel sistema degli aiuti alimentari, mentre i buchi nei finanziamenti potrebbero essere riempiti semplicemente riallocando i fondi esistenti a favore dei gruppi più vulnerabili, i bambini sotto i cinque anni Nella bozza della dichiarazione per il summit di Roma – questo il monito di Oxfam e di Msf – «non c’è nulla di nuovo» e se i leader mondiali «non dimostreranno la volontà di puntare a un accordo ambizioso il vertice è a rischio fallimento».
Per le popolazioni povere il cui bilancio familiare viene speso sino all’80% per il cibo la crisi dei prezzi alimentari non è ancora finita. In prospettiva, oltre a una crescente scarsità delle risorse disponibili, secondo la Fao, «l’agricoltura a livello mondiale dovrà fare i conti con gli effetti del cambiamento climatico, in particolare con l’aumento delle temperature, con una maggiore variabilità delle precipitazioni e con una maggiore frequenza di fenomeni meteorologici estremi, come alluvioni e siccità». A causa del cambiamento climatico si ridurrà la disponibilità di acqua e vi sarà un aumento delle infestazioni di parassiti e delle malattie delle piante. Si stima che gli effetti combinati del cambiamento climatico potrebbero far calare la produzione del 30% in Africa e del 21% in Asia.
Prezzi alimentari ancora superiori ai livelli pre-crisi
Nei paesi poveri, importatori netti di alimenti, i prezzi delle derrate «continuano a rimanere sostenuti, nonostante la buona produzione cerealicola registrata nel 2009». Così mentre in Europa gli agricoltori poche settimane fa sono sfilati con i loro trattori a Bruxelles rovesciando fiumi di latte, chiedendo aiuti pubblico dopo un calo del 2o% dei loro introiti, i paesi poveri si lamentano che i prezzi delle derrate alimentari sono del 15-20 % superiori i livelli pre-crisi.
Nonostante il forte calo dei prezzi alla produzione agricola che sono al minimo da venti anni, per le principali materie prime come latte e cereali, rimangono alti – denuncia la Coldiretti – i prezzi al consumo che rendono ancora più difficile la sopravvivenza del miliardo di affamati. Lo dimostra il fatto che l’andamento dei prezzi al consumo in 58 paesi in via di sviluppo ha evidenziato che nell’80% dei casi i prezzi sono più alti dello scorso anno. L’emergenza alimentare – sostiene la Coldiretti – non si risolve con i prezzi bassi all’origine per i produttori perché questi non consentono all’agricoltura di sopravvivere e, con la chiusura delle imprese, destrutturano il sistema che non è più in grado di riprendersi anche in condizioni positive. .Alle agricolture di tutto il mondo – conclude Coldiretti – devono essere garantiti credito e investimenti adeguati».
In positivo c’è comunque che l’aumento dei dati globali sulla fame maschera il fatto che 31 paesi, su 79 monitorati dalla Fao, a partire dagli anni’90 hanno registrato un calo significativo delle persone sottonutrite. Diouf ha citato in particolare quattro paesi: Armenia, Brasile, Nigeria e Vietnam. La Fao rioorda che che uno dei modi migliori e più fruttuosi dal punto di vista economico per uscire dalla povertà rurale e dalla fame, è investire a favore dei piccoli contadini. Circa l’85 % delle conduzioni agricole del mondo hanno dimensioni inferiori ai due ettari ed i piccoli contadini e le loro famiglie rappresentano due miliardi di persone, vale a dire un terzo della popolazione mondiale. L’Indonesia, il Messico e la Sierra Leone sono esempi di paesi che hanno sviluppato approcci innovativi che rafforzano a sostegno del mondo rurale .
Il Sole 24 Ore 16.11.09