Dimissioni immediate del ministro Bondi. È durissima la reazione del mondo dello spettacolo, finalmente compatto nel Movem 2009 (40 associazioni professionali della Cultura e dello Spettacolo), di fronte all’ennesimo attacco del governo contro la cultura, culminato ieri con la lettera del ministro Bondi sulla prima pagina de Il foglio. Un titolo sprezzante, «Artisti che accattoni», e un articolo a due colonne in cui gli insulti volano «leggeri» all’indirizzo di attori, registi, cantanti che, l’altro giorno, sono stati ricevuti dal presidente Napolitano per la «Giornata dello spettacolo». A tutti loro il ministro dà degli accattoni e dei servi genuflessi.
RISPETTO PER NAPOLITANO
Il Movem (che fa suo il comunicato dell’Apti, associazione del Teatro italiano) «ritiene che tale scritto offenda e dileggi non solo gli artisti e i teatranti italiani, ma anche la figura del Presidente della Repubblica e la funzione istituzionale dello stesso scrivente». Secondo il movimento, prosegue la nota, «in qualità di Ministro della Repubblica, l’on. Bondi, oltre al rispetto delle Istituzioni, dovrebbe avvertire anche il dovere di tutelare l’identità e la professionalità di tutti coloro che in Italia lavorano per l’Arte, la Cultura e lo Spettacolo in condizioni di grave disagio sociale ed economico.
Dovrebbe imparare, l’on.Bondi, che non sono servi coloro che s’inchinano di fronte al Capo dello Stato, bensì coloro che sono costretti a vivere in un Paese in cui la Cultura e l’Arte vengono quotidianamente mortificate». Proprio dallo stesso governo e dai suoi rappresentanti. Come dimenticare le sparate in settembre di Brunetta contro «i registi fannulloni» e il «culturame parassitario»?
LE MENZOGNE SUL FUS
Oltretutto Bondi, prosegue il Movem «dovrebbe avvertire il dovere di non scrivere menzogne: non è vero che il Fondo Unico dello Spettacolo – dopo i micidiali tagli dei mesi scorsi – sia stato reintegrato, così come non è vero che la legge per lo Spettacolo da lui prevista liberi “il servo-artista” dal giogo del Potere».
In quella proposta di legge, infatti, «distante anni luce da tutti i princìpi fondamentali sanciti dagli organismi internazionali ed europei in tema di diritto e tutela dell’Arte e dello Spettacolo, si registra un incredibile accentramento di poteri nelle mani del Ministro stesso e del Presidente del Consiglio dei Ministri».
Bondi, insomma, ha dimostrato «ancora una volta» la sua «inadeguatezza rispetto al suo ruolo istituzionale. Un’inadeguatezza che certamente non gli consentirà di rassegnare quelle dimissioni che pure tanti artisti e tanti cittadini chiedono da mesi e che, in un Paese realmente civile ed europeo, dovrebbero essere richieste anche dall’opposizione e dalla maggioranza». Insomma: dimissioni subito. E a gran voce da parte dell’intero mondo della cultura e dello spettacolo. Che stavolta ha anche dato mandato ai propri legali
per una «denuncia collettiva».
L’Unità, 14 novembre 2009
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“Il Governo e la legge dell’odio”, di Moni Ovadia
I governanti della paura con la loro propaganda a favore dell’intolleranza sono riusciti nell’intento di fare regredire il nostro paese alla vergogna razzista. Ce l’hanno messa tutta per distruggere uno dei principi fondamentali di ogni diritto che si rispetti: il carattere individuale della responsabilità. Le nostre leggi sostengono che solo chi commette un reato ne risponde e ne risponde con lui chi è stato complice del delitto. Nelle aule di giustizia dei nostri tribunali campeggia sopra le teste dei giudici una scritta solenne: la legge è uguale per tutti. Ormai lo sappiamo quella scritta è un raggiro. Continua spudoratamente a dimostrarcelo con dovizia di comportamenti reiterati il presidente del consiglio con l’ausilio zelante di parlamentari della Repubblica a mezzo servizio.
Ma lo sfregio di quell’alto principio assume i tratti delle più infami legislazioni dei regimi fascisti quando diventa prassi comune nei confronti dei cittadini rom e sinti, anche se italiani.
L’esercizio della repressione contro di loro è sempre indiscriminata, non si fa differenza fra uomini, donne, vecchi e bambini. Persino i piccoli vengono trattati come criminali, non con l’attenzione e il riguardo che si deve all’infanzia. Quando si tratta di rom e sinti i delitti di un individuo che faccia parte di queste genti diventa illico et immediate colpa collettiva e se qualcuno di loro commette un reato odioso, scatta la caccia all’uomo, si scatena un clima di odio e di violenza su cui soffiano politici senza scrupoli per i trenta denari di qualche voto in più. Sono essi che stanno trascinando il nostro paese nel fango dell’intolleranza e dell’inciviltà. Le opposizioni devono reagire con la massima fermezza. Non c’è futuro per un Paese che imbocca il vicolo cieco del razzismo.
L’Unità, 14 novembre 2009