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“Precari, doccia fredda per 4 mila ricercatori”, di Sara Farolfi

«Un’anticipazione del disegno di legge Gelmini che conduce all’esaurimento progressivo dei ricercatori di ruolo», attacca la deputata Pd Manuela Ghizzoni. Difficile spiegare altrimenti la scomparsa di quegli 80 milioni di euro – terza tranche del «piano triennale di reclutamento straordinario» voluto dall’ex ministro Mussi – finalizzati all’assunzione in ruolo nelle università di alcune migliaia di ricercatori precari (140 milioni in tre anni per assumere a tempo indeterminato 4200 ricercatori).
Difficile perchè non si trattava di recuperare nuove risorse, nè di emanare ulteriori provvedimenti. «I soldi ci sono e sono quelli iscritti a bilancio da Mussi nel piano triennale del 2007 – spiega Ghizzoni – E c’è anche il provvedimento che serve a vincolarne lo sblocco, e cioè le nuove norme per il reclutamento dei ricercatori volute dalla Gelmini nel decreto 180». Ma il risultato ieri è stato un nulla di fatto, e l’emendamento alla finanziaria presentato al senato dalla maggioranza (e fatto proprio dal Pd) è stato trasformato in un ordine del giorno.
Finanziaria tartufesca, non c’è che dire, che inietta risorse a prosciutti, salumi e parmigiani, e sottrae furbescamente quelle poche risorse già stanziate a ricerca e università. Non si sa che fine faranno quegli 80 milioni di euro, ma per tutti i soldi della pubblica amministrazione vale la regola del ‘ritorno in economia’ – cioè nel calderone di Tremonti – se non utilizzati entro la scadenza prevista (dicembre). Il sottosegretario all’economia Vegas – tanto per chiarire chi decide – ieri si è così giustificato: «Non è questo il contesto più opportuno per parlare di una cosa così seria», e ha fatto poi cenno alla possibilità di un ripristino dei fondi all’interno del ddl Gelmini, il cui iter parlamentare però si annuncia piuttosto lungo (oltre al fatto che, trattandosi di un ddl, necessiterà dei decreti attuativi), e che, nel merito, sancisce la scomparsa del ricercatore a tempo indeterminato. «Quelli bravi saranno assunti dai singoli atenei», taglia corto Gelmini. Con quali soldi?
L’altro aspetto della vicenda ci riporta infatti alle malmesse sorti degli atenei, che si troveranno nelle condizioni di sborsare di tasca propria quanto avrebbe dovuto essere in carico allo stato. Nel piano Mussi infatti i finanziamenti erano stati ripartiti in tre quote crescenti (20-40-80 milioni di euro nei tre anni) proprio perchè finalizzati a sostenere, ogni anno, anche i ricercatori dell’anno precedente. Ora invece questa spesa sarà in carico alle singole università. «Non c’è solo il blocco delle assunzioni, ma anche un taglio alle risorse dell’università», stigmatizza Rino Falcone, ricercatore del Cnr, coordinatore dell’Osservatorio sulla ricerca che sulla scomparsa delle risorse ha lanciato l’allarme, e consigliere dello stesso Mussi ai tempi del governo di centro sinistra.
Su una platea complessivamente quantificata in 4200 ricercatori, ne sono stati assunti – tra il 2007 e il 2008 – circa la metà. Gli altri erano in attesa quest’anno (dovevano ancora essere banditi i concorsi). Tutti rigorosamente dopo anni trascorsi a fare la spola tra un dottorato e un assegno di ricerca, con una discontinuità di reddito possibile solo in un paese dove il welfare è sostanzialmente familiare. «Non c’è strategia, nessun modello di sviluppo, si economizzano risorse per poi tirarle fuori per interventi spot, come un piccolo taglio all’Irap o qualche soldo al ponte di Messina… – osserva ancora Rino Falcone – Una miopia totale, mentre tutti i paesi europei investono nei settori della conoscenza». Una nota dell’Unione degli universitari commenta: «La trasformazione in un ordine del giorno dell’emendamento per sbloccare i fondi dell’università non è che l’ultimo segnale della volontà di eliminare il costo dell’istruzione e della ricerca universitaria dalla spesa pubblica». Perciò gli universitari annunciano la loro presenza domani nella piazza Cgil. «Una manifestazione a questo punto ancora più opportuna», dice Salvatore Merlo (Flc-Cgil). I settori della conoscenza (scuola, università, enti pubblici) si preparano comunque allo sciopero generale proclamato dalla Cgil per l’11 dicembre. «Un Paese che non investe nei giovani scienziati è un Paese che svende il proprio futuro – dice Ignazio Marino (Pd) – È uno scandalo e come sempre dietro alle dichiarazioni del ministro Gelmini ci cono le ben diverse decisioni del ministro Tremonti». Infine l’Idv, che stigmatizza «tra le tante porcherie di questa finanziaria, anche quella sui ricercatori».
Il Manifesto 14.11.09

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E ora assunzione a rischio per 2.100 giovani precari, di ALESSANDRA MIGLIOZZI

ROMA – Gli 80 milioni di euro stanziati dall’ex governo Prodi per assumere nuovi ricercatori universitari nel 2009 rischiano di tornare nelle casse del Tesoro e di essere destinati ad altro scopo. Addio posto fisso, in quel caso, per migliaia di giovani studiosi precari. Al Senato, infatti, è saltato l’emendamento alla Finanziaria che consentiva di sbloccare questi fondi che, se non saranno spesi entro il 31 dicembre prossimo, saranno tolti dal bilancio del ministero dell’Università per tornare in quello dell’Economia. “Una possibilità assai concreta”, sentenziano i ricercatori dopo quanto accaduto ieri a palazzo Madama: l’emendamento bipartisan promosso dal Pdl e firmato da Lega, Udc e Pd per far partire lo stanziamento è stato trasformato in un ordine del giorno. Vale a dire che il Parlamento fa solo un invito al governo a spendere questi soldi, nessun obbligo insomma. E finora l’esecutivo non si è mosso in questa direzione. Il problema sarebbe sempre lo stesso: il Tesoro non vuole allargare i cordoni della borsa. Lo ha lasciato intendere qualche giorno fa il sottosegretario all’Istruzione Giuseppe Pizza che, intervenendo in commissione Istruzione alla Camera, ha ammesso che la situazione “crea imbarazzo” ma spera che “possano esserci degli spiragli positivi da parte dell’Economia”.
Gli 80 milioni (40 servono per le nuove assunzioni, 2.100 posti in tutto, 40 per pagare gli stipendi delle leve “arruolate” nel 2007 e nel 2008) sono stati stanziati con la Finanziaria 2007 e vincolati ad un provvedimento mai andato in porto, per questo vanno sbloccati. Di fatto si tratta dell’ultimo treno per fare assunzioni a tempo indeterminato: con la riforma dell’università della Gelmini ci saranno solo contratti a termine per i ricercatori. Ma le speranze sono sempre più flebili. Al Senato il Pdl ha difeso con forza il proprio emendamento, ma non ce l’ha fatta. Il governo ne ha chiesto più volte il ritiro e ieri mattina è stato trasformato in un ordine del giorno. “Purtroppo è andata così – commenta il senatore di maggioranza Giuseppe Valditara – speriamo che alla Camera si apra qualche spiraglio”. “Il ministro Gelmini ci chiede di collaborare per la riforma dell’Università – aggiunge il senatore Pd Antonio Rusconi – ma poi il governo taglia il futuro ai giovani in questo modo”. Dall’Apri, l’associazione dei precari della ricerca parlano di “vicenda assurda. Se anche alla Camera si confermerà questo orientamento la Gelmini infliggerà l’ultimo colpo a migliaia di ricercatori”. Anche i dottorandi dell’Adi sono in fibrillazione: “E’ reale il rischio che questi fondi vadano persi- dice il segretario Fernando D’Aniello- si tratta dell’ennesimo gesto di indifferenza nei confronti dei giovani ricercatori
Il Messaggero 14.11.09

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