Non c’è giorno in cui le scuole non si trovino a dover affrontare tante problematicità sul versante dell’organizzazione delle attività didattiche, a seguito dei tagli agli organici, dei nuovi ordinamenti nelle scuole del primo ciclo e della carenza di risorse.
A fronte di una così grande riduzione delle risorse professionali assegnate alle scuole il MIUR non ha fatto una analisi e una valutazione né su quali sarebbero state le conseguenze dei tagli né su quali misure si sarebbero dovute adottare per garantire l’ordinario funzionamento delle attività.
Quindi il MIUR non ha fatto nulla: per costruire gli strumenti per conoscere e monitorare i problemi e le difficoltà; per prevedere e realizzare una attività di formazione adeguata alla necessità di gestire le problematiche; per ricercare le soluzioni organizzative e contrattuali necessarie a garantire comunque quantità e qualità dei servizi; per fornire l’indispensabile supporto alle scuole autonome attraverso le strutture decentrate del Ministero sul territorio (Uffici Scolastici regionali e provinciali).
A fronte delle difficoltà, ovunque e continuamente, le scuole cercano le soluzioni necessarie a salvaguardare quell’ordinario funzionamento dell’istituzione scolastica, che quei tagli e quei provvedimenti rendono invece ogni giorno più problematico.
E’ encomiabile il senso di responsabilità che in questi mesi esprime tutto il personale della scuola pubblica, che si trova a fronteggiare grandi difficoltà organizzative e la giusta protesta o malumore di studenti e genitori, al ripetersi di situazioni di disagio che portano sempre più spesso alla riduzione quali/quantitativa dell’offerta scolastica.
L’impegno professionale, però, non deve nascondere la necessaria denuncia dei guasti che la scellerata politica di tagli di questo Governo sta producendo sulla nostra scuola pubblica e deve coinvolgere tutti i soggetti interessati, oltre che per estendere la consapevolezza dei problemi, anche per cercare di trovare soluzioni, certamente provvisorie e da verificare continuamente, che riducano i problemi e cerchino, per quanto possibile, di assicurare i diritti costituzionali all’istruzione, all’educazione, alla salute ed alla sicurezza.
La responsabilità professionale e il rispetto, profondamente sentito dai lavoratori della scuola, dei diritti delle alunne e degli alunni e delle loro famiglie, non deve fare commettere l’errore di assumere responsabilità che non toccano né ai lavoratori della Scuola e nemmeno ai Dirigenti scolastici. Alla assunzione di responsabilità relativamente alle condizioni in cui si trovano a funzionare le scuole debbono essere chiamati tutti: enti locali, responsabili della sicurezza pubblica, enti preposti a vigilare sul rispetto dei diritti delle persone.
Noi ribadiamo che le due dimensioni, impegno e denuncia, vanno coniugate e tenute insieme, avendo chiaro che una scuola tagliata diventa giocoforza una scuola deformata e che solo la rimozione dei tagli può riportarla alle condizioni di poter garantire un ordinario funzionamento.
A tal fine le sofferenze e le problematicità vanno fatte emergere e vanno denunciate a studenti, genitori, istituzioni locali, attraverso assemblee, conferenze di servizio, incontri pubblici, in modo che si acquisisca diffusamente la consapevolezza del grande disagio che vive la scuola, che non può essere lasciata da sola nella battaglia contro i tagli e per una scuola pubblica di qualità.
Di seguito non solo un elenco delle situazioni di disagio più frequenti e pesanti, ma anche alcune indicazioni sul versante organizzativo e dell’iniziativa interna ed esterna alle scuole:
1.Funzionamento dei piccoli plessi, delle scuole con molte sedi, delle scuole con servizio pomeridiano
2.La sostituzione dei colleghi assenti (supplenze)
3.Riduzione dell’unità oraria di lezione
4.Ora alternativa alla religione cattolica
5.Piano delle attività e piano dei servizi Ata
1) Funzionamento dei piccoli plessi, delle scuole con molte sedi, delle scuole con servizio pomeridiano
Funzionamento della scuola dell’infanzia, primaria o del primo grado con orario lungo (a 40-50 ore nell’infanzia, tempo pieno nella primaria e tempo prolungato nella media) e, molto spesso, con un solo collaboratore scolastico, in ogni sede, per effetto dei tagli.
Funzionamento delle sedi con corsi serali e corsi di educazione degli adulti, con convitti e con più succursali e sedi staccate o coordinate.
In molte scuole, che hanno un orario di funzionamento di 8 ore o più, a fronte dell’orario di servizio del collaboratore di 6 ore su 6 giorni alla settimana, o di 7 ore e 12 minuti su 5 giorni, si chiede al collaboratore scolastico (e spesso lo si fa anche con il suo consenso) di fare un orario spezzato: si apre la scuola alle 8.00, si sta a scuola qualche ora, si interrompe il servizio per poi rientrare nel pomeriggio per la chiusura. Oppure si chiede di prestare sistematicamente un orario superiore alle 6 ore (o alle 7 ore e 12 minuti su 5 giorni) di servizio obbligatorio. Una sorta di straordinario che diventa orario ordinario. Magari poi con il “patto” di recuperare l’orario eccedente (cumulato) in giorni di riposo a Natale, Pasqua o d’estate oltre le ferie spettanti e dunque, per questo, anche con il consenso del lavoratore. Oppure si costringono i collaboratori a lavorare su più plessi nella stessa giornata.
Misure adottate anche in molte scuole nelle quali l’orario di apertura è stato ridotto o è stato parzialmente garantito con scelte analoghe.
Nel caso degli assistenti tecnici, oltre a intervenire sugli orari come per i collaboratori scolastici, per garantire la presenza degli stessi durante le esercitazioni viene spesso ridotta la parte destinata alla manutenzione delle attrezzature e alla conduzione tecnica dei laboratori, con diminuzione dei livelli di sicurezza.
Tutto questo, nonostante le contrattazioni di istituto si cimentino sui problemi con grande disponibilità e nell’interesse del servizio, spesso non è coerente con il contratto nazionale di lavoro e produce sempre una pericolosa riduzione dei livelli di sicurezza e di vigilanza nella scuola.
Laddove si praticano queste forme di organizzazione dell’orario (situazioni molto diffuse) il risultato è che ci si “arrangia” per far funzionare la scuola al meglio possibile, pur nelle condizioni date; non emerge la sofferenza dovuta ai tagli; si avvalora la tesi del ministro Gelmini e di Tremonti che le scuole possono funzionare anche con meno collaboratori scolastici e meno personale ATA; si espongono gli utenti ad un incremento dei rischi con una conseguente responsabilità dei Dirigenti scolastici.
Si cerca di rimediare, malamente, ai problemi senza creare le condizioni di un possibile miglioramento della situazione.
In tutti questi casi occorre rivendicare le unità di personale necessarie e denunciare la situazione, coinvolgere gli EE.LL. a partire dai Sindaci dei Comuni interessati e assumere le decisioni, in Consiglio di Istituto, relativamente agli indirizzi per il Piano dell’Offerta Formativa, e nella Giunta esecutiva, per quanto riguarda l’organico degli assistenti tecnici, necessarie a far conoscere i problemi e le difficoltà e soprattutto a far emergere le esigenze concrete delle scuole relativamente al personale indispensabile a far funzionare i servizi.
Occorre inoltre mettere in primo piano il tema della sicurezza attraverso la revisione del documento di valutazione dei rischi, evidenziando il loro incremento nella situazione data, adottando le misure possibili per una loro riduzione e segnalando, insieme alla temporaneità delle misure adottate, quanto necessario a ripristinare le condizioni iniziali.
2) La sostituzione dei docenti assenti (supplenze)
Tutte le scuole sono nel caos per effetto della riduzione di tutte le ore di compresenza nel tempo pieno della primaria e nel tempo prolungato della media e per effetto della riconduzione di tutte le cattedre a 18 ore nella secondaria. Tale situazione, caratterizzata dall’insufficiente finanziamento delle supplenze già in fase di predisposizione dei programma annuali, è aggravata dai ritardi dei monitoraggi e delle erogazioni, i quali, in una situazione di ridotta disponibilità di cassa (causata dalla lentezza delle erogazioni finanziarie del MIUR e dal crescere dei suoi debiti verso le scuole, residui attivi delle scuole), provocano sempre più frequenti ritardi nelle liquidazioni e diffusi contenziosi.
Quando si assenta un docente si fa di tutto per trovare una soluzione:
– sdoppiamento delle classi con alunni, che viaggiano da una classe all’altra portandosi dietro la propria sedia;
– utilizzo della compresenza (docente di sostegno – Itp/docente laureato) per coprire le classi scoperte;
– classi sovraffollate oltremodo, con alunni di altre classi, che insieme raggiungono un numero elevato di soggetti, in classi già con un numero superiore a quello previsto dalle norme sulla sicurezza;
– si fanno entrare gli alunni dopo l’orario programmato di funzionamento della scuola o li si fa uscire durante le lezioni o prima del loro termine;
– ecc…
Per fare fronte alle assenze dei docenti si deve procedere sempre alla nomina del supplente, in tutti i casi in cui non c’è personale interno sufficiente.
Lo ha detto lo stesso Ministero per ben due volte nell’ultimo anno. La prima volta con la nota del Direttore per le politiche finanziarie e di bilancio del Miur dott.ssa Maria Domenica, la seconda, più di recente, del Direttore del Personale dott. Luciano Chiappetta.
La carenza di risorse non è una motivazione accettabile per non farlo: il supplente si deve nominare ugualmente.
Al fine di rendere agevole e veloce anche per le scuole secondarie superiori la nomina nonché l’arrivo del supplente, pensiamo vada adottata la stessa soluzione trovata per la scuola primaria e dell’infanzia, cioè una sub graduatoria di istituto di coloro che siano disponibili ad accettare le supplenze fino a 10 giorni. Proporremo tale soluzione al Miur, ma in attesa del provvedimento ufficiale, le scuole potrebbero sin d’ora chiedere, tramite mail, le disponibilità a tutti gli iscritti nella graduatoria di istituto ed una volta ricevuta risposta da tutti gli iscritti, compilare in via informale una sub graduatoria di coloro che l’hanno sottoscritta.
Il problema va affrontato anche sotto il profilo dell’organizzazione degli uffici e della comunicazione interna per dare efficacia alle procedure di individuazione degli aventi diritto alla stipula del contratto e per la successiva stipula.
Così come deve essere attentamente organizzato l’utilizzo di supplenti che nel caso, frequente, di impiego per pochi giorni (anche per uno solo) sono in difficoltà per la scarsa conoscenza della scuola, del POF, della programmazione didattica, delle classi, degli alunni. Per questo il Collegio dei Docenti deve ricercare modalità di lavoro, strumenti e percorsi che rendano proficuo il loro lavoro.
A questo personale, come a tutto quello della scuola, non è poi possibile corrispondere in ritardo quanto dovuto. Se esiste nella scuola un problema di insufficienza della cassa, che potrebbe non consentire di liquidare tempestivamente le spettanze al personale (ma lo stesso vale per tutti coloro che, per qualsiasi ragione, vantano un diritto nei confronti della scuola) occorre comunicare per tempo le necessità e chiedere al MIUR di inviare le risorse finanziarie necessarie a evitare contenziosi, segnalando anche che eventuali costi per l’amministrazione, che dovessero derivare da condanne al pagamento delle spese processuali, saranno determinate non da errori o omissione della scuola, ma dovranno essere ricondotte alla responsabilità dell’Amministrazione.
Che debba essere la scuola a pagare le spese obbligatorie per i supplenti è cosa che da tempo abbiamo criticato riuscendo ad ottenere alcuni risultati positivi. Continueremo ad insistere perché sia portato fuori della scuola il compito di pagare tutti i supplenti, ottenendo in questo anche il risultato di far pagare al Tesoro, alla voce supplenze, le conseguenze dei tagli scriteriati agli organici.
Può accadere che, dopo aver attivato inutilmente tutte le procedure per nominare sempre un supplente, per ogni assenza dei docenti titolari, si determini la necessità di affidare comunque dei minori ad un adulto in grado di vigilarli e di garantirne la sicurezza. In realtà occorre precisare che si deve garantire anche la vigilanza su alunni maggiorenni che potrebbero disturbare gli altri alunni e le attività, determinando, se privi di controllo, un pericolo dentro la scuola.
Il problema che si può determinare in caso di assenza anche di un supplente va quindi affrontato sotto il profilo della sicurezza. E’ bene che si intervenga, come nel caso della carenza di vigilanza per l’insufficiente numero di collaboratori scolastici, a modificare, con il contributo di tutti i soggetti (Dirigente scolastico, RSPP, RLS, medico competente, addetti al servizio di prevenzione e protezione, Direttore dei servizi) il documento di valutazione dei rischi. Tale modifica deve tenere conto degli esiti di un monitoraggio sulle assenze e di un’analisi delle problematiche che possono emergere in conseguenza dell’affidamento di alunni ad adulti già impegnati in altre attività, in relazione agli spazi disponibili nei quali inserirli e di ogni altra specifica situazione della scuola.
Si tratta di fatto di considerare come cambiano i rischi con lo spostamento e l’inserimento di alunni in altri ambienti in conseguenza di una modifica, tra l’altro improvvisa, dell’organizzazione e degli affidamenti. Per indicare una priorità citiamo il problema del piano di evacuazione e della sua modifica, in relazione ad una distribuzione degli alunni diversa da quella che ha determinato il piano stesso.
Il necessario intervento di modifica del documento di valutazione dei rischi non può e non deve rimanere un atto burocratico ma va comunicato e motivato ai lavoratori, agli utenti e alle autorità competenti (Prefetto, Enti Locali, Servizi preposti alla tutela della salute e della sicurezza sul territorio), rappresentandone le ragioni e chiarendo anche che si tratta di scelte che non eliminano i fattori di rischio, che non erano necessarie fino a quest’anno, che si è in presenza di un aumento dei rischi per la salute e la sicurezza, che i problemi sono stati affrontati nell’ottica della riduzione e non della eliminazione. Si tratta quindi di assumere le iniziative necessarie per dire le cose come stanno e come invece dovrebbero essere e per rafforzare il riconoscimento di una comunità, quella scolastica, attenta ai bisogni delle persone e trasparente nei suoi comportamenti.
3) Riduzione dell’unità oraria di lezione
Già in passato in molte scuole sono state decise riduzioni dell’unità oraria di lezione non per ragioni “esterne/estranee” alla didattica (caso in cui come noto non c’è l’obbligo al recupero per nessuno, se deliberata dal Consiglio di Istituto), ma per decisione del Collegio dei Docenti, finalizzata a creare ore a disposizione per le supplenze. Questa scelta, in questo anno scolastico, ci risulta fortemente aumentata per la necessità, diventata drammatica, di trovare comunque delle soluzioni all’esigenza di sostituzione dei docenti assenti.
Non va bene perché l’ulteriore riduzione dell’orario delle lezioni, oltre quella consentita dal contratto e deliberata dal Consiglio di Istituto, è una scelta che non è permessa dalle norme, se non per motivi didattici e nel rispetto del monte ore di insegnamento previsto dagli ordinamenti e dal regolamento sull’autonomia.
Non va bene perché è una scelta che ha le “gambe corte”. Gli interventi di riduzione degli orari nella scuola superiore, previsti dalla riforma, renderanno irrealizzabile una ulteriore riduzione del tempo scuola degli alunni e i molti annunci del Ministro già sono in questa direzione.
4) Ora alternativa alla religione cattolica
Una questione che sembra dimenticata in tante scuole. Si ricorda che, in base alle uniche circolari in materia (la CM n. 316 del 28 ottobre 1987 e la C.M. n. 82 del 1989) la scuola deve garantire, come sancito dalla giurisprudenza in materia, l’attività alternativa all’insegnamento della religione cattolica nell’ambito della gamma di proposte offerte alle famiglie al momento dell’iscrizione.
Nella CM 316 si dice infatti che: “Gli alunni non avvalentisi dell’insegnamento della religione cattolica- previa richiesta del genitore o di chi esercita la potestà o richiesta personale degli alunni stessi, se frequentanti la scuola secondaria superiore – hanno il diritto di scegliere tra le attività didattiche e formative ed una pluralità di opportunità qualificabili come studio o attività individuali da svolgersi con l’assistenza di docenti a ciò appositamente incaricati e nell’ambito dei locali scolastici. Per lo svolgimento delle attività didattiche e formative previste per gli alunni non avvalentisi, si ribadisce la necessità che da parte dei collegi dei docenti siano formulati precisi programmi. A tal fine, quale contributo di indirizzo alla programmazione didattica di competenza dei docenti e in attesa che si completi l’iter parlamentare del disegno di legge preannunciato, mirato anche a definire i contenuti delle attività didattiche e formative, si allega un documento di lavoro che rappresenta una riflessione e sistemazione critica sul tema: “I diritti dell’uomo”. Relativamente alle esigenze connesse con lo svolgimento dello studio o delle attività individuali per gli alunni che ne facciano richiesta, da svolgere nei locali scolastici in modo coerente con le finalità della scuola, il capo di istituto deve sottoporre all’esame ed alle deliberazioni degli organi collegiali la necessità di attrezzare spazi, ove possibile, nonché organizzare servizi, assicurando idonea assistenza agli alunni, compito questo che discende dalla natura stessa dell’istituzione scolastica.”
Quindi non va bene che in tante scuole questo non si faccia più e che si “parcheggino” gli alunni in qualche modo o in altre classi, soprattutto in questo anno scolastico in cui non ci sono più ore di compresenza o a disposizione.
Nel caso in cui non si riesca più a garantire questa attività con l’utilizzo delle risorse interne, non ci si deve “arrangiare in un qualche modo”, ma si deve nominare un supplente anche in questo caso. Infatti, sempre nelle suddetta CM n. 316 si dice che: “Allo scopo di assicurare l’effettivo svolgimento delle predette attività si potrà, tuttavia, procedere all’assunzione di supplenti nella misura in cui non si renda possibile provvedere con l’utilizzazione del personale già in servizio.” Anche in questo caso non c’è mancanza di risorse che tenga! Va garantito il diritto allo studio di tutti e pari opportunità formative. E si deve chiedere il conto al ministro Gelmini e a Tremonti degli effetti e delle conseguenze dei loro tagli.
Per l’insegnamento dell’ora alternativa di religione, che dura tutto l’anno, vanno chiesti posti in organico di fatto. Di questa richiesta da inoltrare agli Urs deve farsi carico il Dirigente. In base alla normativa vigente la scuola paga gli stipendi dei supplenti e le ore eccedenti in casi molto precisi e che sono previsti dalla legge: per la sostituzione di colleghi assenti (supplenze brevi e saltuarie ad eccezione delle spese per la sostituzione del personale in maternità), per coprire in organico di diritto o di fatto posti che si rendono liberi dopo il 31 dicembre di ogni anno.
Le richieste agli USR debbono non solo segnalare le necessità ma debbono anche evidenziare come la mancata assegnazione delle ore, sulla base della programmazione del Collegio dei Docenti, può costituire una violazione dei diritti delle famiglie e degli alunni che ove fosse fatto valere davanti all’autorità giudiziaria ricadrebbe in termini di responsabilità sugli uffici preposti della amministrazione scolastica e non sulle scuole, a maggior ragione esistendo indicazioni operative emanate dallo stesso Ministero e mai modificate.
5) Piano delle attività e dei servizi Ata
Molti Ds e Dsga fanno i salti mortali per organizzare i servizi scolastici, nonostante la violenza dei tagli, in modo da garantire standard di qualità accettabili. E questo è giusto perché sono in gioco i diritti degli studenti, ma ci sono regole contrattuali da rispettare e queste sono state, al momento della loro definizione, rapportate alle esigenze dell’erogazione del servizio.
Ad esempio non è possibile impedire al personale la partecipazione ai corsi di formazione senza gravi conseguenze per i lavoratori e per la scuola. Molti corsi di formazione (privacy, sicurezza, prima posizione Ata) sono obbligatori per legge o sono assolutamente funzionali allo sviluppo professionale necessario alla qualità della scuola. Il personale ha diritto di essere formato per il miglioramento della professionalità e della propria condizione ed ha il dovere di formarsi per garantire il raggiungimento dei fini per i quali esiste l’amministrazione. Non è quindi pensabile di poter ridurre, come sta avvenendo, l’accesso alla formazione del personale ATA. Vanno trovate soluzioni condivise e vanno segnalati ed evidenziati i problemi che nel futuro saranno ancora più pesanti a causa dei tagli che sono stati ulteriormente previsti.
Non è accettabile il ritardo nel pagamento dei compensi accessori al personale che, per contratto, vanno comunque pagati entro il 31 agosto di ogni anno. Non è accettabile che l’amministrazione ritardi pagamenti ai fornitori in un momento in cui la crisi mette in difficoltà le imprese.
Devono essere fatte emergere e debbono essere segnalate tutte le difficoltà nell’organizzazione dei servizi contabili e finanziari e nella gestione delle risorse che derivano dai mancati finanziamenti, dalla riduzione del personale e dalla mobilità determinata dai tagli.
Anche il pagamento dei contributi assistenziali e previdenziali sulle retribuzioni va fatto regolarmente. Infatti, procrastinarlo per mancanza di liquidità espone Dirigenti e Direttori al pagamento delle multe e incide sulla regolare prestazione contributiva del personale.
www.flcgil.it, 10 novembre 2009
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