Quando scoppiò il caso delle veline candidate fu lei a scrivere nel sito di «Farefuturo» contro il «velinismo politico». Sulla famosa battuta di Berlusconi «più bella che intelligente» ha preso le parti di Rosi Bindi. Politologa liberalradicale si è avvicinata alla fondazione del presidente
della Camera perché è un gruppo che ragiona, sulla esperienza di Sarkozy e della destra laica
d’Oltralpe.
Ha letto la lettera di Mariella Gramaglia a Gianfranco Fini? Pensa ci possa essere ascolto da parte del presidente della Camera?
«Penso di sì, quelle proposte mi sono piaciute subito a pelle perché sono una richiesta di opportunità per le donne protagoniste e non di concedere qualcosa. E Fini è in questa
ottica, considera le donne persone».
L’ha sorpresa che la lettera venisse da una femminista di sinistra?
«No perché Fini offre un’immagine di rinnovamento del centro destra in un panorama sconfortante anche a sinistra. A chi poteva rivolgersi Gramaglia, a Bersani? Ho letto il discorso
del segretario del Pd e fatto il conteggio delle parole: alla questione femminile è dedicato il 2%e, soprattutto, non c’è nulla – né quote né altro – nella parte sul partito. Non c’è alcun elemento innovativo».
Rosi Bindi ha accusato le donnedi destra di arretratezza culturale.
«Nel centro destra c’è meno vivacità, con qualche eccezione come quella di Isabella Rauti o di Lella Golfo, che ha presentato una proposta di legge sulle quote rosa nei CdA. Ma nell’insieme non c’è una consapevolezza tale da fare rete, piuttosto c’è una dipendenza dal leader. Forse anche gratitudine,quando si tratta di ragazze senza arte né parte. Ma, brave o no, c’è assoggettamento verso il premier. Nelle donne Pd c’è una diversa attitudine culturale però le politiche più affermate, come Finocchiaro o Bindi non muovono un dito in favore delle altre.
Anche a destra si sono affermate donne importanti, penso a Renata Polverini o a Flavia Perina.
«La mia osservazione è rivolta piuttosto a quel pezzo del Pdl che viene
da Forza Italia».
Perché si è avvicinata a Farefuturo?
«Da liberale sono sempre stata antifascista e anticomunista, però c’è un elemento di continuità nell’esperienzamdi queste persone legate alla politica con la P maiuscola, come a
una cosa seria che serve a trasformare il mondo. E questo spiega anche il contrasto di Fini con Berlusconi che, invece, è antipolitico. Quanto alla discontinuità, Fini ha dimostrato un
grande coraggio in un percorso profondo e anche esistenziale, si è confrontato con la storia e
con il mondo che cambia. E questo è raro nei politici».
Lei è a favore delle quote rosa?
«A favore, anche se da liberale non mi piacciono, perché sono necessarie come elemento transitorio, per rompere i muri eretti dagli uomini, i quali difendono i loro privilegi, come è
avvenuto con il tentativo fallito di Stefania Prestigiacomo di introdurre le quote rosa. Non capisco la ministro Carfagna che ha detto più volte di essere contraria senza spiegare il perché. In Italia pesa ancora un pregiudizio contro le donne che in parte è anche introiettato,
forse perché ci vediamo troppo come donne anziché come persone».
E il velinismo non ha aiutato?
«Unaragazza scelta per la sua bellam faccina è un vulnus alla politica prima ancora che alle donne. A me, quando al congresso del Pdl è capitato di vedere la scenetta di Berlusconi circondato dalle signorine, che, nello specifico, erano anche ministre, è venuto da esclamare
“ma basta!”. Invece questa vicenda ha mostrato un volto del paese non esaltante, non è successo quello che ci aspettavamo, non si è politicizzato il problema. Se Berlusconi
non è stato danneggiato da ciò che è accaduto, vuol dire che nel paese prevale una concezione poco rispettosa delle donne».
Pessimista?
«Pessimista ma anche curiosa, nell’ultimo anno sono accadute molte cose e la questione delle donne ne è una spia interessante».
*Docente di scienze politiche a Forlì
L’Unità 08.11.09
Pubblicato il 8 Novembre 2009