Il dato più significativo delle elezioni primarie del Pd è l’ampiezza della partecipazione. Decisamente superiore alle aspettative, dato che queste ultime erano legate al clima di sconforto e di conflitto che ha caratterizzato il partito in questi ultimi mesi.
Ma queste elezioni primarie hanno rappresentato anche un momento di grande rilievo per tutti gli elettori italiani, compresi quelli che non si sono recati alle urne. Il 73% dell’intero elettorato dichiarava di essere a conoscenza dell’evento (la percentuale era dell’87% tra quanti si collocano nella sinistra o nel centrosinistra), segno di una diffusa attenzione all’avvenimento.
I votanti hanno confermato le preferenze indicate dalla consultazione sugli iscritti, assegnando la maggioranza a Pier Luigi Bersani. Che però ha ottenuto «solamente» grossomodo metà dei voti. Ciò che mostra l’esistenza di una diffusa articolazione di pareri e orientamenti sul futuro da intraprendere.
Questa varietà di posizioni, talvolta anche distanti tra loro, corrisponde anche a una significativa differenziazione nei profili demografici, sociali e politici di chi ha optato per l’uno o per l’altro candidato. Nel complesso, quanti si sono recati alle urne mostrano un’età media superiore a quella riscontrabile in generale nell’elettorato pd: gli ultra 50enni sono infatti in misura percentualmente maggiore.
Ma questo insieme di votanti appare piuttosto variegato al suo interno in relazione al candidato scelto. Gli elettori che hanno scelto Bersani sono composti in misura relativamente maggiore da maschi (per i quali si rileva un’accentuazione di oltre il 6% rispetto ai votanti per gli altri due candidati), di età medio-alta (gli ultra 65enni sono qui il 12% di più che nella media degli elettori delle primarie), con titolo di studio medio-basso (5% in più rispetto agli altri). Insomma, quello che forse può essere definito l’elettorato tradizionale del partito.
Franceschini invece ha raccolto un po’ più l’elettorato femminile (+5%) e, specialmente, quello giovanile (+11%) con titolo di studio elevato (+5%). La porzione che ha votato per Marino, infine, appare equamente distribuita per ciò che riguarda il genere, con un’accentuazione, anche in questo caso, tra i più giovani e coloro che posseggono un titolo di studio più elevato.
Ma gli elettorati dei tre candidati si distinguono piuttosto nettamente tra loro anche per altre caratteristiche. Uno degli elementi di differenziazione – talvolta di contrapposizione – più significativi è costituito dall’atteggiamento verso la religione, «misurato» nel sondaggio dall’intensità della frequenza alla messa. In particolare, i votanti per Bersani appaiono nettamente più «laici» (+18% coloro che dichiarano di non recarsi mai alle funzioni religiose), mentre quelli per Franceschini presentano al loro interno un numero maggiore (+8%) di cattolici praticanti. Infine, l’orientamento politico in senso stretto: quanti hanno votato per Bersani (ma anche quanti hanno scelto Marino) si dichiarano – com’era forse prevedibile – più di «sinistra» tout-court, mentre tra gli elettori di Franceschini si registra un’accentuazione per le posizioni di «centrosinistra».
Insomma, i tre candidati hanno raccolto gruppi sociali in buona misura differenti tra loro. Assimilabili principalmente dalla comune volontà di voler combattere – e sconfiggere – il centrodestra. Spetterà al nuovo segretario il difficile compito di unificare e motivare questo insieme composito, al fine di rendere davvero efficace l’azione futura del Pd.
Il Corriere della Sera, 28 ottobre 2009
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