ROMA – Un libro bianco sulla scuola per raccontare l’istruzione che c’era nel 2008 e quella che c’è stata nel 2009. Per dire che effetto hanno avuto i tagli e l’avvento del maestro unico. È il documento che sta preparando il Coordinamento dei genitori democratici guidato da Angela Nava e impegnato, in queste settimane, nella raccolta di storie che vengono dal basso, dalle scuole, con un occhio di riguardo per le ex elementari, le prime investite dalle novità volute dal governo Berlusconi.
Che risultati sta producendo la riforma Gelmini alla primaria, presidente?
«La novità più evidente è che i maestri unici sono in media cinque o sei. I presidi, infatti, hanno un organico ridotto e, quindi, il loro eccesso di zelo a favore dei genitori, combinato con la carenza di risorse dovuta ai tagli, sta determinando uno “spezzatino” di insegnanti».
E i bambini come la prendono?
«Il rischio è che i più piccolini siano frastornati da questa girandola di persone che è ben diversa, peraltro, dal vecchio team di insegnanti che si spartiva il lavoro. Adesso c’è una successione di maestre che fanno ognuna una cosa diversa».
Comunicherete questo disagio al ministro?
«Entro marzo faremo un libro bianco con raccolta di storie e dati sugli effetti della riforma. Ma intanto abbiamo lanciato una nostra forma di protesta: stiamo chiedendo ai genitori che sono rappresentanti nelle scuole di non firmare i bilanci preventivi dove ancora non sono indicati gli stanziamenti per il funzionamento ordinario. Contiamo su molte adesioni per sollevare il problema e sollecitare il ministero a stanziare le risorse».
Il Messaggero, 28 ottobre 2009
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“Maestro unico? Macchè, in classe ce ne sono sei”, di Alessandra Migliozzi
ROMA – Il maestro prevalente si fa in sei: in alcune classi della scuola primaria la novità voluta dal ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini viene offuscata dalle esigenze pratiche delle scuole. I presidi, infatti, per mettere insieme i tagli con le richieste di mamme e papà fanno i salti mortali: spostano insegnanti, ripensano i modelli orari, usano le vecchie ore di compresenza al posto delle supplenze che non si possono pagare perché mancano i soldi. L’obiettivo è garantire un servizio scolastico degno di questo nome, l’effetto finale è che degli annunci della riforma del ministro, in alcuni casi, non resta che un ricordo. Quello che doveva essere, ad esempio, il riferimento primario per i bambini, la novità pedagogica dell’anno, vedi alla voce maestro prevalente, spesso deve dare la precedenza alle necessità organizzative.
Capita così che in molte prime, anche a 30 ore, dove il docente unico di riferimento è previsto dalle riforme, sfilino fino a 6 insegnanti. In una classe della scuola Angelo Mauri di Roma, ad esempio, per i bambini che fanno 30 ore, le maestre prevalenti sono tre: una fa italiano, l’altra matematica, la terza storia geografia e inglese. Va aggiunta, poi, anche religione che, però, copre solo due ore. A conti fatti i bimbi vedono quattro maestri, di cui tre si spartiscono in fette più o meno simili la gran parte dell’orario. Niente docente prevalente, dunque.
«Abbiamo ritenuto che fosse poco efficace – spiega il preside, Paolo Mazzoli – abbiamo preferito mantenere il team di insegnanti. Ma questo spezzatino è anche frutto dei tagli e della modalità con cui sono stati assegnati gli organici su una base di 27 ore: ci troviamo a dover distribuire le maestre come in una specie di mosaico».
Stessa musica all’istituto comprensivo Orsa Maggiore, sempre a Roma, dove nelle classi a 30 ore «si è cercato di evitare lo spezzatino di insegnanti – spiega il preside, Stefano Sancandi – ma non è facile. Tanto che abbiamo in media un docente che fa diverse materie a cui si aggiungono gli specialisti di inglese e religione e un quarto insegnante che fa o scienze o educazione motoria». Al 75° circolo di Roma non è stato concesso il tempo pieno per alcune prime. «Ma non potevamo non darlo – spiega la preside Lucia Carletti – nella nostra zona le famiglie hanno precise esigenze». Così la scuola ha fatto a modo suo: in tutto il plesso le ore settimanali sono state ridotte da 40 a 39 per mettere via un pacchetto orario “di riserva” che aiuta a garantire anche «progetti, gite, recuperi» e che serve «per coprire le supplenze brevi visto che non ci sono i soldi per chiamare i sostituti. La verità – spiega Carletti – è che stiamo facendo i salti mortali in tutte le scuole, ci stiamo attivando perché l’istruzione primaria mantenga la sua qualità nonostante i tagli. Tuttavia è innegabile che ormai da scuola a scuola i modelli cambiano». A Bologna e provincia, ad esempio, ci sono plessi dove oltre alle quattro tipologie orarie proposte dal ministro (24, 27, 30 e 40 ore a settimana) ne sono spuntate di nuove: 32 e 33 ore, una sorta di modulo rinforzato, e 36 ore, ovvero il vecchio tempo pieno, ma con un pomeriggio in meno. «C’è uno sfarfallamento di situazioni», spiega il preside Stefano Mari, del 3° circolo didattico di Bologna. Qui per evitare di mandare in confusione le famiglie si è fatto un sacrificio generale: tutte le classi, dalla prima alla quinta, sono state riportate a 30 ore.
«Così con un minimo di prelievo di docenti dal tempo pieno riusciamo a garantire a tutti lo stesso servizio – dice il preside – e questo modello dovrebbe sopravvivere anche ai tagli che sono previsti per i prossimi due anni». Ma nelle prime a 30 ore quanti docenti ci sono? Quattro: due prevalenti a cui si sommano religione e inglese. Al 21° circolo di Roma le prime hanno tutte organizzazioni diverse, in alcune sfilano fino a 6 maestri: 3 per le materie principali e tre specialisti compreso quello di musica. «Ci organizziamo con le risorse che abbiamo – spiega il dirigente, Andrea Caroni – ma va detto che noi crediamo nel modello collegiale e continuiamo a proporlo, del resto nessun atto del ministro dice che il maestro prevalente è perentorio». Puntando la rotta più a nord, a Torino, la preside Nunzia Del Vento, che dirige la scuola Gabelli ed è a capo dell’Associazione delle scuole autonome del Piemonte, racconta che in ogni classe di quelle coinvolte dalla riforma fanno capolino almeno tre-quattro insegnanti, sempre perché «si usano i docenti per riempire i quadri orari al meglio e garantire un’offerta formativa completa». Ci si arrangia con quel che si ha, ma il risultato finale è che nel pentolone della scuola primaria poi ci bolle di tutto. «Nel Torinese – spiega Del Vento – ci sono plessi che hanno diminuito il tempo scuola e chi ha ancora il tempo pieno spiega ai genitori che non è più quello di una volta con le compresenze e la stessa qualità della didattica. Se si andrà avanti con i tagli per poter compilare i quadri orari probabilmente l’unica soluzione sarà ridurre la permanenza a scuola degli alunni. Oppure mettere a pagamento i servizi del pomeriggio. In alcune scuole medie a Torino già si paga la sorveglianza sulla mensa».
Il Messaggero, 28 ottobre 2009